In occasione della mostra “Leonardo e la Madonna Litta“, il Museo Poldi Pezzoli presenta il progetto “Vis-à-Vis con Look at the Face”: un esperimento di “cinema di osservazione”.
Durante le prime settimane dell’esposizione, che celebra la Madonna Litta, capolavoro dell’Ermitage di San Pietroburgo, una macchina da presa ha ritratto gli sguardi e le espressioni dei volti dei visitatori in contemplazione del dipinto.
Stupore, curiosità, fascinazione, incanto, ma anche perplessità: nei loro occhi e nelle loro espressioni si leggono reazioni diverse generate dall’incontro con l’opera e i suoi segreti.
Vis-à-Vis, ideato e prodotto da Storyville, con la regia di Stefano Conca Bonizzoni, nasce come omaggio a un breve e poetico film girato all’Ermitage da Pavel Kogan, documentarista della scuola di Leningrado, nell’aprile del 1966: “Look at the Face” (Ammirate il suo volto).
Kogan concepì il suo progetto per testimoniare la disaffezione e l’indifferenza all’arte del flusso di visitatori che affollava il grande museo di Stato.
Decise che, per conservare intatta “la realtà”, l’operatore Piotr Mostovoy, munito di cinepresa, dovesse nascondersi dietro a una tenda, accanto al dipinto.
Il risultato tradì subito le intenzioni del regista e si trasformò in un intenso quanto sorprendente studio sulla contemplazione estetica.
La scuola di cinema di Leningrado a cui Kogan apparteneva, il Leningrad Documentary Film Studi, caposcuola del film d’osservazione, presentava così al mondo il suo manifesto: l’autore agisce unicamente come “filtro” della realtà, cercando di restituirla in maniera più diretta possibile.
E “Look at the Face” fu accolto immediatamente come un piccolo gioiello di antropologia visiva.
Oggi, il Museo Poldi Pezzoli, a distanza di oltre cinquant’anni, ripropone la stessa sperimentazione; un obiettivo discreto ha ripreso senza filtri il soffermarsi del pubblico assorto davanti alla Madonna Litta, catturando pensieri, reazioni, empatia fra lo sguardo dei visitatori e l’oggetto della loro attenzione, l’opera d’arte.
Davanti agli occhi dei bambini o degli adulti, delle famiglie o delle insegnanti, delle coppie, degli anziani, dei turisti stranieri o dei milanesi, la telecamera ha di nuovo – come nel 1966 – registrato ogni movenza.
Pavel Kogan si concentra sull’osservazione nascondendo il dispositivo filmico nell’allestimento all’Ermitage – racconta il regista Stefano Conca Bonizzoni – Nel cogliere lo stupore e le emozioni del pubblico sceglie un approccio d’osservazione distante e liberato da qualunque relazione, per conservare la purezza delle emozioni e la forza dell’osservazione.
Nel partecipare con il pubblico all’atto dell’osservare, io invece ho scelto di non nascondere la macchina da presa ma di renderla parte dichiarata della sala museale, di lasciare che il visitatore la accetti senza venirne in alcun modo condizionato nella sua esperienza di relazione con l’opera d’arte.
Un esercizio di pazienza e gioco delle parti estremamente delicato e fragile che mira a creare un unico componimento sulla forza dell’osservazione diretta nell’epoca dell’estrema spettacolarizzazione”.
Il focus è esclusivamente sul visitatore: le voci delle guide fuoricampo illustrano il dipinto, e guardando scorrere sullo schermo i visi in contemplazione sembra che l’incontro con il volto leonardesco rifletta nei visitatori lo stesso alone di bellezza.
Si susseguono sguardi che denotano concentrazione, interesse, meraviglia ed emozione.
Il visitatore “che guarda” si trasforma così in oggetto “guardato”: Vis-à-Vis invita gli spettatori a osservare, come in uno specchio riflesso, un altro pubblico, a indovinare le emozioni dietro quegli sguardi.
Accostando il film di oggi a quello di ieri – proiettati insieme nella Sala del Collezionista – si assiste ai risultato di una vera analisi antropologica, che svela le differenze e le affinità fra epoche, gli approcci cambiati e gli atteggiamenti identici.
“Siamo capaci oggi degli stessi sguardi che Kogan ritrasse? – si chiede Annalisa Zanni, direttore del Museo Poldi Pezzoli – Nell’era dei selfie museali in cui l’opera è sfondo di tanti autoritratti, una donna che allatta un bambino rappresentata quattrocento anni fa cosa racconta ancora?”
Ecco allora due esperimenti di cinema d’osservazione, in un’epoca e un luogo lontani, la Leningrado del 1966 e la Milano del 2019 con al centro un’unica opera d’arte, icona universale: la Madonna Litta.