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Domenico Morelli e il suo lascito

di Chiara Stefani.

Domenico Morelli e il suo lascito

Quando il 9 dicembre del 1907 aprì al pubblico la prima mostra di opere di Domenico Morelli (1823–1901), la Galleria Nazionale d’Arte Moderna non aveva ancora sede a Valle Giulia, ma a via Nazionale nel Palazzo detto delle Belle Arti, oggi Palazzo delle Esposizioni. I suoi spazi erano ridotti rispetto a quelli attuali e le sale espositive dedicate all’artista erano quattro, nel catalogo singolarmente indicate con lettere alfabetiche.

Domenico Morelli- Autoritratto

Non è facile stabilire con esattezza quante opere vi fossero esposte, poiché vari studi e disegni dell’artista figurano raggruppati sotto una stessa voce, nel piccolo catalogo illustrato di una trentina di pagine. É certo però che disegni, bozzetti e dipinti occupassero lo stesso spazio e con pari dignità, all’interno di un percorso che cominciava con una sala dedicata propri alle opere grafiche, dove il primo numero era riservato al grande foglio a penna con Cristo che scaccia i mercanti dal tempio, per terminare con il Ritratto di Pasquale Villari, cognato di Morelli e figura di indubbio riferimento culturale per l’artista, il cui Autoritratto – all’epoca attribuito dubitativamente al 1901 – apriva invece la lista di opere della seconda sala.

La data di inaugurazione della mostra era simbolica, perché esattamente tre anni prima, il 9 dicembre del 1904, si era svolta la seduta della Camera dei Deputati, seguita poi l’anno successivo da quella del Senato del Regno d’Italia, durante la quale il ministro della Pubblica Istruzione Vittorio Emanuele Orlando aveva proposto l’acquisto del fondo di disegni, bozzetti e dipinti rimasti nello studio dell’artista alla sua morte, e ne aveva felicemente salutata l’approvazione.

Il nome di Domenico Morelli era già presente fra quelli degli artisti contemporanei ai quali lo Stato italiano guardava nella costituzione di un nucleo di opere da destinare alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Erano state infatti già acquisite sei tele dell’artista che, ad esclusione della sua produzione ritrattistica, consentivano di farsi un’idea del suo ventaglio di interessi artistici: dal romanticismo storico del Tasso che legge ad Eleonora d’Este la Gerusalemme Liberata e del Conte Lara, le cui fonti attingevano alla letteratura anche europea, ai soggetti religiosi reinterpretati in chiave di intimismo simbolista, come il Cristo nel deserto e Gesù che veglia gli apostoli. Mancavano ancora i soggetti che ammiccavano a un Oriente non conosciuto sul posto, ma studiato attraverso testi, fotografie e opere di altri artisti per farsi un’idea più completa sull’attività di un artista la cui esistenza aveva attraversato il XIX secolo, cogliendone ed elaborandone i vari fermenti, non esclusivamente artistici.

Domenico Morelli – Cristo che veglia gli apostoli

Mancavano soprattutto i disegni e i bozzetti, per possedere un quadro esauriente di quel “graduale processo delle varie elaborazioni che nella mente di Morelli andava seguendo la sua vocazione pittorica”, così come scriveva Francesco Jacovacci nella prefazione al catalogo della mostra. Era stato infatti lui – insieme a Corrado Ricci, Direttore Geneale per le Antichità e le Belle Arti, agli artisti Paolo Vetri e Edoardo Tofano, allievi dell’artista, e a Primo Levi, autore della prima monografia dedicata a Domenico Morelli – a comporre la commissione ministeriale incaricata di scegliere le opere da esporre a Palazzo delle Belle Arti. Un’ardua selezione, tra gli oltre ottocento disegni, due grandi cartoni, una novantina di tavolette con studi di paesaggio, una trentina di bozzetti ed altri quadri “finiti o pressoché ultimati”.

Domenico Morelli – Pater Noster (Discorso della montagna)

È interessante la scelta delle cinque immagini in bianco e nero che illustravano il catalogo della mostra a tutta pagina, oltre a un disegno riprodotto nel corpo del testo. Si passava infatti da un’opera grafica di grande formato come il Cristo che scaccia i mercanti dal tempio, al bozzetto per il trittico di Lady Godiva, in cui rivive una leggenda gotica dal ritmo narrativo sincopato, per arrivare al drammatico Giuda che vede Cristo arrestato a Getsemani, quasi prefigurazione ante tempus di alcuni esiti dell’espressionismo tedesco, e allo Studio dal vero di donna di profilo che per il taglio compositivo e la semplificazione dello sfondo rimanda – mutatis mutandis – alla pittura impressionista.
A prescindere dal fatto che, nonostante le sue dimensioni, questa tela sia stata considerata a torto o a ragione un bozzetto non finito, andrà comunque notato che nel complesso l’apparato figurativo del catalogo non riproduceva nessuna delle tele più celebri dell’artista, precedentemente esposte in manifestazioni artistiche di rilievo. Si dovrà poi sottolineare come, su cinque illustrazioni a piena pagina, ben due siano dedicate ad opere grafiche, visto che il Saul nella stanza dei Profeti o La profezia di Saul – che il catalogo additava come “Acquarello, ultimo lavoro di Domenico Morelli” – abbia come supporto un cartoncino spesso, oltre a presentare tracce di matita sotto la biacca stesa a pennello. Inoltre, se la prima sala portava la postilla “Disegni“, le successive non mancavano di inframezzare alle opere su tela quelle su carta.

Domenico Morelli – Gli ossessi

L’intento del comitato scientifico della mostra ricalcava le motivazioni che avevano spinto Francesco Jacovacci ad esporre, poco più di un decennio prima, la donazione di trecento dipinti e studi su tela provenienti dall’atelier di Domenico Morelli, Chiara Stefani, Arte, Mostra, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma, Francesco Jacovacci, Corrado Ricci, Paolo Vetri, Edoardo Tofano, Primo Levi, Filippo Palizzi,. Mentre il processo di tale acquisizione era avvenuto con la proficua collaborazione dell’artista ancora vivente, che aveva provveduto non solo a fornire tutte le sue opere di cornici uniformi in legno dorato, ma anche a predisporre l’ubicazione di ogni singolo dipinto secondo uno schema da lui stesso fornito, il fondo rimasto nello studio di Domenico Morelli dopo la sua morte non era organizzato in vista di una esposizione futura.

Domenico Morelli – La buona novella

Che si trattasse però degli studi palizziani o dei disegni, bozzetti e dipinti di Domenico Morelli, l’ingresso delle opere nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna rispondeva all’esigenza contingente di rendere onore a due importanti personalità artistiche del panorama culturale italiano, e a quella futura “di ammaestramento ai giovani e ai provetti dell’arte“. Uno scopo totalmente in linea con i ruoli istituzionali rivestiti da entrambi gli artisti nel corso delle loro lunghe esistenze.

dal Catalogo della mostra
“Domenico Morelli. Immaginare cose non viste”
cura: Chiara Stefani con Luisa Martorelli.
GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Viale delle Belle Arti, 131, 00196 Roma

Immagine in evidenza: Domenico Morelli – Tentazioni di S.Antonio