di Francesca Piperis.
Questo articolo è parte della rassegna “Altre Ecologie – Quando l’Arte protegge il Pianeta“
Evento in partnership con “La Nuova Ecologia“
Mostre, dipinti, installazioni nel corso della storia sono sempre state legate tra loro da un unico fil rouge: la loro significazione. Il rapporto che si instaura tra l’opera esposta e la sua interpretazione, indubbiamente personale, è l’emblema della storia dell’arte e dei suoi artisti.
Ad oggi, però, vi è un valore aggiunto a quanto detto, nonché l’impatto sociale e – di conseguenza – ambientale che l’artista ha sul pubblico contemporaneo.
La responsabilità di cui ogni soggetto è investito si riflette nelle sue azioni e nelle scelte che compie; questo vale allo stesso modo anche per il moderno artista. Egli si fa tramite di un messaggio molto importante: è necessario rimboccarsi le maniche. Se da un lato sono numerose le installazioni e i progetti che raccontano un’esigenza di miglioramento, dall’altro ve ne sono altrettanti che propongono concrete soluzioni affinché questo cambiamento possa avvenire in un futuro più o meno prossimo.
Nel presente articolo verranno approfonditi alcuni dei numerosi artisti che utilizzano la propria sensibilità artistica per rendere i propri fruitori dei cittadini coscienziosi.
Fernando Laposse
L’arte di Fernando Laposse non si ferma certamente all’esposizione dell’opera, si impegna piuttosto ad istruire il suo pubblico, mostrando assieme al progetto anche il disappunto che scaturisce da numerose pessime scelte che gli individui compiono quotidianamente. Chiunque di fronte alle sue opere, compie una profonda introspezione e indaga il proprio rapporto con la natura circostante.
La produzione artistica di Laposse porta alla riflessione, ma è soprattutto una mano tesa al miglioramento delle condizioni ambientali in cui il pianeta vive. Egli ricerca e offre soluzioni concrete che possano fare della sua arte un progetto attivista a tutti gli effetti.
Le sue mostre divengono un aiuto molto importante per le comunità con cui l’artista viene a contatto. Laposse rende gli scarti organici materiali inediti da poter utilizzare per la realizzazione delle sue installazioni; gli stessi materiali vengono poi inseriti nella costruzione dei suoi “mobili sostenibili”, ponendo le basi per lo sviluppo di una nuova modalità d’arredamento che non abbia alle spalle deforestazioni o disboscamento.
L’arredo “green” dell’artista vanta un complesso sistema di elementi che acquisiscono nuova vita: dai coloranti generati a partire dalla lavorazione di noccioli alle lastre derivanti dalla sintesi di parti organiche, tutto ciò che costituisce una sua opera non danneggia minimamente l’ambiente e, al contrario, fornisce uno spunto di applicazione per i designers e gli architetti a livello globale.
L’artista di origini messicane fonda un vero e proprio “design attivista” che rappresenta uno spiraglio di cambiamento per il futuro.
Riferimenti e contatti
Sito web: Fernando Laposse | Instagram | LinkedIn
Daan Roosegaarde
Daan Roosegaarde è probabilmente l’emblema del perfetto equilibrio tra estetismo e attivismo. L’artista olandese, infatti, si cimenta in una ricerca del bello che non sia confinata ad un mero apprezzamento temporaneo e riesca – piuttosto – a rivendicare un proprio valore pratico all’interno della società. In un momento in cui le risorse naturali del pianeta si riducono ai minimi storici e la popolazione globale non fa altro che prosciugarle anziché tutelarle, Roosegaarde cerca di applicare ai propri progetti lo strumento tecnologico in maniera poetica, avvolgendo le sue strutture con luci sostenibili che innalzano il valore artistico dell’opera mantenendo, però, invariato lo scopo più nobile per il quale esse vengono realizzate.
Ne è un esempio la Van Gogh Path realizzata in Olanda nel 2015, in onore del celebre artista da cui il progetto prende il nome. La lunga pista ciclabile è una vera e propria installazione artistica a cielo aperto che consente un livello di interattività totale ai cittadini. Ognuno può percorrere il viale stellato consapevole del fatto che i led calpestati siano in realtà pietre che scintillano nelle notti olandesi, prive di impatto negativo sull’ambiente e che, anzi, riescano a ridurre l’inquinamento dell’aria favorendo, da un lato, l’utilizzo dei veicoli a due ruote e, dall’altro, l’illuminazione sostenibile: la pista assorbe la luce solare giornaliera rilasciandola poi di notte sottoforma di luminescenza.
Il mosaico luminoso assume un duplice scopo, quello di abbellire la città e quello di renderla innovativa e “green”.
Sono molteplici le collaborazioni dietro le sue opere. Nel caso della pista ciclabile ispirata al pittore Van Gogh, il progetto ha visto Roosegaarde impegnarsi assieme allaHeijmans Infrastructure. Per alcune delle sue produzioni più recenti, l’artista olandese ha stretto accordi con associazioni quali UNESCO – per la creazione di Seeing stars (2021) – o ancora, l’European Space Agency – per la realizzazione del progetto Space Waste Lab Performance del 2019, con l’obiettivo di mostrare in diretta al suo pubblico le scie di elementi residuali che vengono rilasciati costantemente nell’atmosfera, inquinandola.
L’obiettivo dell’artista, in ogni suo performance, rimane quello di forgiare una coscienza collettiva, è evidente come Roosegaarde tenti di offrire ai cittadini una sorta di lente di ingrandimento su quelle che sono le principali problematiche che necessitano soluzioni, invitando – allo stesso tempo – altri artisti, associazioni, enti governativi ad applicare gli strumenti proposti attraverso le sue installazioni per costruire una struttura collaborativa capace di preservare l’aria che tutti noi respiriamo.
Riferimenti e contatti
Sito web: Studio Roosegaarde | Instagram | LinkedIn
Pinar Yoldas
L’artista e docente turca Pinar Yoldas struttura la sua produzione a partire dalla necessità di applicazione degli studi ad un problema sempre più attuale, quello dell’accumulo di plastica negli oceani.
“Ecosistema dell’eccesso”, titolo di una delle sue più rilevanti esposizioni, vede protagonisti una serie di elementi – definiti “post-umani”- che rappresentano la popolazione ecosistemica di un futuro distopico in cui specie terrestri e marine si evolvono al punto di divorare la plastica e metabolizzarla, prosciugandola. Avviene un capovolgimento assoluto dell’idea di sovrapproduzione: ciò che rappresenta un limite a livello ecologico diviene l’elemento costituente di queste nuove specie. Il progetto è una forma di denuncia all’estremo utilizzo che l’uomo fa di sostanze tossiche e potenzialmente nocive per l’ambiente, attraverso la visualizzazione di animali che riescano a sopravvivere e proliferare in un habitat ostile.
Gli organismi “di plastica” rinascono come fenici da ciò che ne minaccia l’estinzione, resistono e si plasmano per poter superare da sé il problema dell’inquinamento.
Ciò che “l’ecosistema dell’eccesso” rappresenta è il risultato delle scelte che ogni singolo uomo ha fatto e continuerà a compiere nel corso della sua esistenza e di come tali azioni abbiano generato “mostruosità” autosufficienti. Una sorta di Frankenstein (1816) moderno, ma con un’inversione nella caratterizzazione dei personaggi: mentre nel romanzo di Mary Shelley il dottore ha piena consapevolezza di ciò che sta plasmando, all’interno di queste installazioni l’uomo è ignaro di ciò che deriva dalla sua attività, si ritrova davanti a deformità che incarnano la sua poca eticità e questo ha certamente un grande impatto sull’osservatore e – probabilmente – anche sulle scelte ecologiche che prenderà in futuro.
Riferimenti e contatti
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Daan Roosegaarde – Van Gogh Path
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