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Di terra e di fuoco. Il San Sebastiano di Andrea Riccio
sabato 20 Ottobre 2018 - domenica 24 Febbraio 2019
sede: Castello del Buonconsiglio (Trento).
A dieci anni esatti dall’importante rassegna monografica che il Castello del Buonconsiglio dedicò al grande scultore rinascimentale Andrea Briosco, detto il Riccio per la sua capigliatura, il museo propone una nuova mostra che permetterà di ammirare una scultura inedita del famoso artista, nato a Trento nel 1470, raffigurante San Sebastiano.
Si tratta di un’opera in terracotta realizzata sul finire del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento che, nella tensione del volto, nella modellazione incisiva e grafica dei capelli, nella resa anatomica serrata e precisa del corpo evidenzia i tratti più tipici del fare del Riccio artista formatosi come orafo ma divenuto ben presto famoso plasticatore e bronzista, vero protagonista della scultura rinascimentale.
L’opera, che fino ad oggi aveva avuto diverse attribuzioni, da chi la riteneva un lavoro di Antonio o Giovanni Minelli, altri di Giovanni de Fondulis, fino a Domenico Boccaloro, tutti scultori attivi nel padovano agli inizi del Cinquecento, oggi grazie agli studi e alle scoperte di Giancarlo Gentilini e Luciana Giacomelli, viene alla luce la corretta paternità.
La nuova attribuzione si è resa evidente dopo la massiccia campagna di pulitura alla quale è stata recentemente sottoposta la scultura.
E’ stato infatti rimosso il pesante strato di patina bruna che copriva completamente il San Sebastiano, vernice stesa per far sembrare di bronzo la scultura, ed è stata tolta anche la pesante base di gesso che venne aggiunta nel secolo scorso.
Sono ben visibili i fori nelle braccia, nel torace e nelle gambe dove in origine erano inserite una quindicina di frecce che conferivano una nota ancor più drammatica all’opera.
Della vivida policromia, oggi scomparsa, che ricopriva il San Sebastiano rimangono solo alcuni tratti in oro che decoravano i capelli, incisi nell’argilla con una perizia da orafo.
La carriera di Riccio, autore del magnifico Candelabro pasquale bronzeo della Basilica del Santo a Padova e del Monumento della Torre della chiesa di San Fermo a Verona, tanto per citare due tra le opere che lo resero subito celebre, si svolse tutta all’insegna di una committenza, tra le più sofisticate ed erudite del tempo, che si esplicava in oggetti dai temi complessi e misteriosi che attingevano sia a soggetti pagani sia a soggetti cristiani.
I primi anni lavorativi dell’artista furono certo, secondo la tradizione, accanto al padre: inizi da orafo come conferma la sua tecnica che utilizza dorature preziose su bronzi e terracotte e sapientemente gioca con la luce grazie ai fondi puntinati, ottenuti con l’ausilio del martelletto da orefice.
La sua produzione migliore si colloca agli inizi del Cinquecento allorché ricevette dapprima, nel 1506, la commissione dei due rilievi bronzei per il coro della basilica raffiguranti Giuditta ed Oloferne e il Trasporto della Sacra Arca e quindi, l’anno seguente, quella voluta dal filosofo Giovanni Battista de Leone, per il Candelabro pasquale della Basilica del Santo dove è insuperabile l’invenzione di figure fantastiche impensabili senza la conoscenza dell’antico fino all’eccezionalità degli otto rilievi eseguiti per il Monumento della Torre in San Fermo a Verona forse realizzato ancora in collaborazione con i Grandi le cui vicende artistiche avrebbero poi trovato sede ideale proprio a Trento.
La sua creatività e capacità esecutiva si evidenziano nei piccoli bronzi ispirati all’antico ma resi estremamente moderni nella reinterpretazione della scultura classica con finalità di pratico utilizzo, come lucerne a forma di satiro o a forma di acrobata, calamai dalle forme di granchio.