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Elena Frazzetto e Francesco Grasso. Del colore, anzitutto

sabato 25 Maggio 2024 - giovedì 6 Giugno 2024

Elena Frazzetto e Francesco Grasso. Del colore, anzitutto

sede: Galleria Arianna Sartori (Mantova).
cura: Arianna Sartori.

“In campo artistico con sperimentazione si intende una ricerca di radicali mutazioni soprattutto formali, raramente una ricerca sì di nuove tematiche e forme, ma misurata solo sul lavoro proprio dell’artista, non necessariamente legato a interventi di assoluta innovazione. È invece quest’ultimo il caso di Elena Frazzetto: la ricerca del nuovo, nel suo caso, è da intendere in senso prettamente personale, in un percorso piuttosto solitario e libero che, beninteso, non esclude per nulla confronti con correnti e posizioni dell’arte contemporanea.

L’artista si lascia alle spalle una produzione di tecniche miste ove l’acrilico su tela sottosta a carte, tessuti, altri materiali poveri, traspare da esso o vi si mescola, con effetti che possono far pensare a posizioni varie del contemporaneo quali, per esempio, Carla Accardi o Mimmo Rotella, ma del tutto reinterpretate da visioni originali di tecniche e modelli. In maniera un po’ spiazzante Elena Frazzetto ritorna invece adesso al quadro ‘tradizionale’: fiori, paesaggi e ritratti in acrilici su tela. Ma bisogna intendersi su questo ritorno.

Non ci ingannino i soggetti ‘desueti’: difficile dire se è stato un interesse vero dell’artista verso queste tematiche, o se esse siano state vere occasioni di ulteriori esperienze pittoriche. Sta di fatto che Elena Frazzetto su piante paesaggi e soprattutto ritratti trasferisce quelle evidenze di luce e colore che, sia pure con variazioni in qualche modo imposte appunto dalla sua idea di sperimentazione, hanno costituito i valori fondamentali della sua opera. Il colore è tutto: ascendenti segnici tratti per straordinaria simultaneità da varie risorse espressionistiche delegano al colore i valori luministici, quelli prospettici e grafici e, in ultima analisi la costruzione stessa delle immagini.

Si veda La modella, acrilico su tela del 2024. Qui le differenze cromatiche sfuggono volutamente a ogni senso di ripartizione e, a parte il flebile (e in qualche modo obbligato) stacco della figura dal fondo, sono immerse nella fluidità della luce e di uno spazio aprospettico, dove distanze e profondità assumono un valore prettamente pittorico ed evadono con forza da impulsi impressionistici e da referenti di superficie e verosimiglianti. È qui la coscienza dell’artista a rifondare la realtà come flusso di luce che fonde e valorizza i colori, investendo di espressioni altrimenti impossibili il soggetto e il suo spazio. Soggetto e sfondi finiscono così per perdersi in una distinzione solo suggerita, puramente occasionale e forse solo pretestuosa. La figura femminile è infatti ‘accolta’ in profondità sue, per essa esclusivamente inventate attraverso una sorta di magica sottrazione di aria e attraverso fusioni di colori che hanno trasgredito ogni definizione grafica, attraverso ‘prospettive’ che incrociano e scambiano distanze e profondità, espressione pressoché diretta dell’anima.

I colori della figura del resto ‘dialogano’ con quelli del suo spazio, fondano sì una differenza, ma tendono a fondersi in uno sguardo profondo della mente, che impone una sorta di anteriorità rispetto agli aggiustamenti retinici. Eppure la figura non si risolve in astrazioni coloristiche. La pensosità e l’abbandono del volto sostenuto dal braccio, la modellazione del corpo resa dalle variazioni di luce implicite nei passaggi di colore, la carnalità ora lieve ora pesante espressa da un cromatismo sfuggente ma non evasivo, l’accensione del rosso dello sfondo elegantemente attenuato dal giallo compongono il quadro di una sensualità dibattuta tra naturalezza e artificio, dell’essere qui della donna e, allo stesso tempo, dell’esserci stata posta, lì, davanti al pittore che la dipinge e, in ultima analisi, davanti a chi guarda.

Osservazioni, queste, che possono chiarire il senso di questa tappa del cammino artistico di Elena Frazzetto: non certamente una regressione (si intende rispetto alla sua trascorsa modernità); anzi, una entrata non travolgente ma decisa nelle risorse del modernismo espressionistico a trarre segni di una coscienza che si muove per eterogeneità e contrari e con le eterogeneità e i contrari delle forme e del senso della pittura vuole incontrarsi.

Del resto il ‘problema’ del rapporto tra arte e realtà visibile ancora resiste, si complica, diventa a tratti ineludibile a tratti effimero in una contemporaneità che stenta a esaurirsi e non trova novità. Tra le altezze di un allontanamento dalla realtà e gli abbassamenti (o i coinvolgimenti) verso di essa Elena Frazzetto rende implicita la sua posizione. Che non è quella di rappresentare pienamente la realtà visibile, e neppure di allontanarsene definitivamente, ma di escluderne da essa la superficie e l’eteronomia per trarne segni di una differenza estetica, segni di una autonomia dell’arte, riflessi di impulsi della coscienza della realtà”.
Corrado Peligra

“Muoversi teoricamente nell’opera di Francesco Grasso significa continuamente incontrarsi con un fitto mondo di cose ed eventi: treni improbabilmente colorati, decorati, bucati, destrutturati irregolarmente in superfici di favola, rotaie esplose in profondità tra sogno e topologia, e anche case e aquiloni dalle superfici nettamente scandite da colori piatti, alberi che si incrociano in prospettiva con stormi e piante, nuvole che catturano il rosso, persino una girandola, a muovere ulteriori girandole di rondini e piante. Presenze della vita quotidiana a comporre “diari”, come egli stesso ha intitolato alcune sue opere, a sottolineare l’obiettivo biografico e lirico della sua pittura.

Tuttavia su questo bisogna intendersi. Perché muoversi nell’opera di Francesco Grasso significa soprattutto incontrarsi con la dislocazione di tali cose e eventi nella profondità virtuale della superficie pittorica, e con le cadenze e le fusioni coloristiche, ora squillanti ma talvolta opache, che di tale dislocazione escludono un semplice valore grafico e/o geometrico e ne fanno un nuovo spazio pittorico, felicemente aperto tra le fatiche e le aporie del contemporaneo.

Ed è questo uno spazio certamente lirico, ma profondamente lirico, in cui le proprietà semplici del visibile (finite) rimandano a proprietà complesse dell’io (indefinite). In un certo senso c’entra Blanchot: il quadro (il libro-diario cui aspirano non poche opere di Grasso) è dato da un fermarsi a esso dell’autore, ma porta i segni di un viaggio continuo, inarrestabile: a questi si deve il tipico ‘incanto’ che le opere di Grasso producono su chi guarda. Forse c’entra pure la fisica: suddivisioni del quadro in quadretti, sorta di teche, “pacchetti”, sì, ma simboliche di un flusso.

Ma in fondo insistere sul valore simbolico di un’opera pittorica, sul suo generare senso rinviando ad altro del visibile, potrebbe essere “ovvio” e “ottuso”. Ma nel caso di Francesco Grasso occorre parlarne. Perché tra il visibile e le sue possibilità allusive si inserisce un terzo livello, un metalinguaggio che, in virtù soprattutto del colore, squillante e/o opaco che sia, carica il livello simbolico di una sorta di commento affettivo (tra ironia, gioco, nostalgia e quant’altro) nonché di una dilatazione o riduzione del senso dei segni.

Si veda, tra l’altro, Il trenino. La casa sull’albero, piccolo acrilico su tela del 2020, presente in questa mostra. Qui sono due gli scenari (ma forse bisognerebbe parlare di teche, data la profondità), con il più piccolo che si sovrappone, come per intervento successivo, all’altro. La sovrapposizione genera visibilmente la spezzatura dell’altro, e, sempre visibilmente, una sorta di nascondimento di una parte della scena ‘maggiore’.

Da un punto di vista simbolico si rileva facilmente, invece, la fusione delle due scene, sorta di metaforizzazione dove la simultaneità si impone su spazi diversi, in una cronotopia che niente ha a che fare con l’analisi cubista (o qualsiasi altro ‘sistema’) ma crea invece un livello favolistico.

Se pensiamo anche che i due scenari si arricchiscono di interpretazioni ‘liriche’ della luce, del colore (i colori esplodono ma entro i limiti grafici) e delle distanze (si vedano le profondità aprospettiche entro cui corre il trenino), si conferma il metalinguaggio di Francesco Grasso, contemporaneità di utilizzazione e commento (in questo caso gioioso e ludico, forse anche ironico) delle risorse pittoriche. In tale simultaneità emergono pure tensioni e contrasti, tanto grafici quanto coloristici. Ma sono mantenuti nei limiti di una leggerezza (Calvino) sempre lirica, che in alcuni casi può declinare dall’allegro verso la nostalgia, ma mai verso il dramma.

Perciò la pittura di Grasso non tende alla visionarietà, né è compatibile con le correnti storiche (metafisica, surrealismo, ecc.) che l’hanno celebrata. Perché le pur vistose interpretazioni fantasiose (degli oggetti e delle forme) escludono le rappresentazioni del sogno o della profondità mentale, e sono invece elementi e tappe della memoria e della biografia che non escludono oggettività ed esteriorità, anche quando sono investiti dai valori della fantasia.

È l’Io, comunque, che traccia la differenza, ma investendosi delle proprie esperienze di forma: investe della propria autonomia umana e artistica l’eteronomia necessaria a una comunicazione lineare e discretamente coinvolgente della vita e dell’altro. La forma, che in sé non ha finalità, cede sì alla ‘cronaca’, diviene significante della storia umana dell’artista; ma rimanendo sempre forma. Così cose paesaggi ed eventi, immersi come sono nella fluidità pittorica, finiscono col perdere la loro oggettualità, e il tempo perde la propria linearità di racconto, assumendo quella connotazione sincronica o paratattica che è tipica di tutta l’opera di Francesco Grasso, segno di una intimità che ha perso esteriori definizioni e, fattosi valore estetico, può essere trasmessa felicemente a chi guarda”.
Corrado Peligra

Inaugurazione
Sabato 25 maggio alle ore 18.00

Immagine in evidenza
di Francesco Grasso (part.)

Dettagli

Inizio:
sabato 25 Maggio 2024
Fine:
giovedì 6 Giugno 2024
Categoria Evento:
Tag Evento:
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Luogo

GALLERIA ARIANNA SARTORI – VIA CAPPELLO
via Cappello 17
Mantova, 46100 Italia
+ Google Maps
Numero di telefono
0376 324260