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Elisabetta Pizzichetti. Bianco come il latte, nero come un cane
martedì 7 Novembre 2017 - venerdì 17 Novembre 2017
sede: Interno 14 (Roma)
cura: Roberta Melasecca.
“(… ) Bianco come il latte, nero come un cane racconta i sentimenti contrastanti della nostra infanzia, visti adesso, con gli occhi di adulto: il cane sembra impersonificare le paure reali e astratte e il latte la presenza materna confortante e consolante. Sembra: perchè le due realtà non risultano mai nettamente separate, ma si intersecano, si sovrappongono, si scambiano i significati e i significanti. Quello che appare rassicurante può generare inquietitudine e ciò che nell’immaginario comune spaventa costruisce il proprio mondo.
Elisabetta Pizzichetti mi accompagna in un viaggio oltre, oltre il passato e la memoria, per farmi sperimentare un presente dove sono abbassate tutte le difese e dove gli elementi appaiono a me invertiti. Rientro nel mondo rappresentazionale e osservo. Cieli grigi, paesaggi neri. I ricordi non hanno colore. Sprazzi di nuvole. Dopotutto, se ci penso, la monocromia non incute timore, forse azzera le passioni e permette di camminare in un limbo sospeso. Cane nero, nero cane verso di me viene ondeggiando: non vedo i suoi denti. Da lontano sembra troppo nero ma, se si avvicinasse, potrei anche accarezzarlo. Galleggianti nell’aria, bianche, vesti bianche fluttuano: il loro candore è sinistro e forse preferisco il nero della notte. Immersi nel latte: fiori, arbusti; ne sento l’odore, impalpabile e setoso.
Elisabetta lavora per frammenti, ricostruisce mappe cognitive ed emotive, disegna territori mentali e reali, stigmatizza le paure: prima erano cani neri che l’io bambino poteva addestrare; ora sono spettri vestiti da rassicuranti abiti nivei che si insinuano in pensieri ed azioni. E lo fa con tocchi leggeri, piani velati avvolti da una cinerea nebbia. O annegando nel bianco materie che normalmente vivono in altra dimensione. Lontananze e vicinanze: dettagli di scatti fotografici, piccole tele disseminate, landscape parcellizzati e lande senza una possibile fine. Una sottile delicatezza che costringe ad esplorare pianeti surreali, ulissi erranti alla ricerca di itaca perduta.
Nel mezzo di questo viaggio, Elisabetta è guida discreta, anche lei fluttuante nelle stanze di Interno 14, dove la troverete con il pennello in mano, arma potente, a disegnare i nostri castelli erranti di howl, mentre l’occhio, lì in fondo, guarda. Guarda, dentro, fuori. ”
(dal testo critico di Roberta Melasecca)