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Expo 3d: Manifesti d’Epoca – 2a edizione
mercoledì 20 Dicembre 2023 - venerdì 20 Dicembre 2024
sede: Arte.Go.Gallery (Online).
cura: Giorgio De Novellis.
“Manifesti d’Epoca” è una raccolta di manifesti storici e di locandine del periodo compreso fra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento.
Riproduzioni dalle collezioni:
Civica Raccolta Bertarelli di Milano,
Musée Toulouse-Lautrec di Parigi,
Museo del Risorgimento di Milano,
Bundesarchiv di Koblenz,
Musée des deux Guerres Mondiales di Parigi,
Cinemateque di Parigi,
Collezione FIAT,
Musée de l’affiche di Parigi,
Imperial War Museum di Londra,
Museo della Scala di Milano,
Raccolta Salce del Museo Civico di Treviso.
Expo 3d: Manifesti d’Epoca – 2a edizione
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produzione: arte.go.it; realizzazione dgPixel Multimedia Communication
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CONTENUTI
MANIFESTO 001
Exposition de coiffures
Ouverture du 8 au 17 decembre 1894
au profit des pauvres
Salle Rubens, 32 Rue Treurenberg, Bruxelles
Le mostre di acconciatura sono, a quanto risulta, molto più antiche delle sfilate di moda. Ma il loro grande momento è l’ultimo decennio del secolo scorso, quando prevale l’uso di sostituire i manichini con “modelli viventi”, cioè con ragazze che, per il solo fatto di esibirsi in pubblico, vengono automaticamente classificate come “audaci” e poco pudiche. Accade così che le “expositions de coiffures” attraggano gli uomini più ancora delle donne. E anche per questo, l’alibi della beneficienza è molto gradito: consente di “lustrarsi gli occhi” senza violare le regole del perbenismo.
MANIFESTO 002
Tropon ist die concentrierteste Nahrung
(Tropon è l’alimento più concentrato)
Oggi, in tedesco, “concentrato” si scrive “konzentriert” ma, negli ultimi anni del secolo scorso, era ancora d’uso mantenere per le parole latine la grafia d’origine. Comunque, la pubblicità del Tropon è, almeno in questo manifesto, misteriosa. Dal disegno, tra il geometrico e l’astratto, non si capisce infatti se il Tropon è un concorrente del Liebig o piuttosto un precursore del Proton, del Plasmon, dell’Ovomaltina e di altri alimenti “superconcentrati” e “ultraricostituenti”. Certo è che, data l’epoca – gli ultimi anni del secolo scorso, appunto -, può essere considerato un’avanguardia di quell’invasione della chimica nell’industria alimentare che oggi ha raggiunto il culmine.
MANIFESTO 003
Gio.Buton & C – Bologna
Distilleria a vapore
Rinomate specialità
Elixir Coca e Amaro di Felsina
I tempi del “Vecchia Romagna” sono ancora lontani, ma la ditta Buton ha già conquistato 30 medaglie e diplomi d’onore, oltre alla qualifica di “fornitrice della Real Casa” attestata dallo stemma dei Savoia. Si tratta, senza dubbio, di una ditta d’avanguardia non solo nei prodotti (“coca”, “amaro”) e nei sistemi produttivi (“a vapore”), ma anche nella reclame. è infatti tra le prime a usare una figura di donna nella pura e semplice funzione di richiamo pubblicitario.
MANIFESTO 004
Cirillo Stephenson
Nella seconda metà dell’Ottocento il pallone a idrogeno è considerato una delle più promettenti conquiste della tecnica. All’inizio degli anni Sessanta, Verne ha perfino immaginato, in un suo celebre romanzo, l’attraversamento dell’Africa a bordo di un pallone munito di fantastici congegni che gli permettono di cambiare quota e di sfruttare i venti come una nave. Ma nella realtà, il pallone resta ingovernabile e, come veicolo aereo, vale poco. Lo si impiega più che altro nelle spettacolari “manifestazioni aereonautiche” che, all’epoca, attirano folle enormi. Ma in questi casi non c’è bisogno dell’idrogeno: può bastare una modesta mongolfiera (cioè un pallone ad aria calda) come quello di Cirillo Stephenson, che gira l’Italia esibendosi in acrbazie aeree e – come si vede dal manifesto che è di fine secolo – in discese col paracadute.
MANIFESTO 005
Esposizione italo-americana per il centenario colombiano
Genova, giugno-novembre 1892
Le ricorrenze sono molto sentite nell’Ottocento, e quelle che riguardano viaggi ed esplorazioni godono di un particolare prestigio. I navigatori sono considerati grandi uomini a tutti gli effetti: che un giorno si tenterà di “smitizzarli” non lo sospetta ancora nessuno. Così la celebrazione del quarto centenario della scoperta dell’America acquista un particolare risalto: anche perchè è un pretesto per ribadire l’amicizia italo-americana e il legame costituito dalla presenza nel Nuovo Mondo di milioni di nostri emigrati.
MANIFESTO 006
Il Resto del Carlino
Uffici del giornale: Piazza Calderini – Bologna
Ricchi premi agli abbonati annui e semestrali
Il XX secolo non è ancora incominciato, ma i propagandisti hanno già fatto una scoperta fondamentale: i messaggi pubblicitari, per essere efficaci, devono rivolgersi soprattutto alle donne. Ed ecco che a leggere “Il Resto del Carlino” è una giovane signora tutta veli, mentre il marito – baffi, pizzetto, sigaretta e tazzina di caffè – si limita a guardare dietro le spalle, come un lettore “di complemento”. La seconda scenetta è – data l’epoca – assai poco credibile. Ma lusinga le donne, e sono proprio le donne a ricordarsi, di solito, che bisogna andare a rinnovare l’abbonamento.
MANIFESTO 007
Saxoléine pétrole de Sureté
extra-blanc -déodorisé- ininfiammable en binons plombes de 5 litre
A fine secolo, l’illuminazione elettrica c’è, ma è ancora un lusso, o un privilegio delle città che, grazie ad amministratori d’avanguardia, dispongono già di centrali e di impianti. In milioni di case europee ci sono ancora i lumi a petrolio, con gli “abat-jours” di tulle o di pizzo che hanno la brutta abitudine di incendiarsi. Ed ecco che la ditta Saxoline propone ottimisticamente il suo petrolio illuminante “ininfiammabile”: ottimisticamente perchè c’è il pericolo che il pubblico si domandi: “Ma se è ininfiammabile, come farò ad accendere la lampada?”.
MANIFESTO 008
Le salut public
Directeur politeque: Gustave Maroteau
E’ il 23 maggio 1871: ancora cinque giorni e la Comune di Parigi cesserà di esistere. Ma proprio in quel momento estremo i comunardi sembrano ritrovare il coraggio e lo spirito combattivo che erano spesso mancati loro nei mesi precedenti: è il coraggio della disperazione che ispirerà numerosi episodi di accanita resistenza. L’appello di “Le salut public” – uno dei tanti effimeri fogli della Comune, che è appena al suo settimo numero e non arriverà mai al decimo – troverà un’ampia risonanza. Migliaia di comunardi combatteranno veramente “fino all’ultima cartuccia e fino all’ultimo pavé”.
MANIFESTO 009
Chemin de Fer du Nord
Enghien les Bains
Il nome di Enghien richiama alla memoria lo sfortunato Louis-Antoine-Henri de Condé, duca di Enghien, che Napoleone fece fucilare nel 1804 tra lo sdegno dell’opinione pubblica; tanto che lo stesso ministro della polizia Fouché disse, a proposito dell’esecuzione: “E’ peggio che un crimine. E’ una sciocchezza”. Ma Enghien les Bains non ha nulla di tanto tragico: è una cittadina che sorge sulle rive del lago omonimo ed è nota per le sue fonti di acque solforose. Negli anni della Belle Epoque, del “liberty” e delle cure termali era una celebre località di villeggiatura. Oggi è incorporata nella “grande Parigi” e ne condivide i problemi di inquinamento. Dalla Gare du Nord, infatti, la separano circa 18 chilometri: ed è interessante notare che, a fine secolo, per coprire quei 18 chilometri in treno bisognava pagare – e in terza classe per giunta – ottanta centesimi di franco: più di quattro mila lire oggi.
MANIFESTO 010
Waverley Cycles
The Waverley Belle
America’s Favorite
Siamo alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso. John Boyd Dunlop ha appena brevettato il suo “pneumatico con camera d’aria gonfiata a pressione, e ha fatto esplodere il boom della biciclettaq, soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti. Ed è appunto in America – Paese all’avanguardia nel femminismo – che si costruiscono e si reclamizzano biciclette da donna, come quella della “Waverley” che si dichiara addirittura “America’s Favorite”.
MANIFESTO 011
Monowatt
Lampada a filamento metallico
Dall’invezione della lampadina elettrica sono trascorsi quasi vent’anni ma, per parecchio tempo, si è andati avanti con il modello originale di Edison in cui l’elemento illuminante era costituito da un sottile filo di carbonio, racchiuso sotto vuoto in un bulbo di vetro. Il filamento metallico è una grossa innovazione, e la ditta “Watt” di Vienna ha ragione di promettere il “75% di risparmio del consumo”: anche sul consumo delle lampadine che, grazie al filamento metallico, hanno conquistato una durata assai maggiore. Ma il manifesto incuriosisce soprattutto per il tentativo di utilizzare gli ingredienti del “floreale” nella pubblicità di un prodotto della tecnologia. E bisogna riconoscere che l’abbinamento tra la ragazza nuda, la quadriga e la lampadina della ditta “Watt”, qualche effetto riesce a farlo.
MANIFESTO 012
Questo manifesto, che fa parte di una serie dedicata allo zodiaco, è – con quello su Jane Avril danzante, disegnato da Toulouse Lautrec – forse il più famoso della fine dell’Ottocento francese. Autore è Alphonse Mucha, un pittore e illustratore di origine cecoslovacca che svolse la sua attività prevalentemente a Parigi. E’ considerato uno dei principali esponenti dell’Art Nouveau, che arricchì con temi di derivazione slava e, come nel caso di questo manifesto, orientale.
MANIFESTO 013
Neu! Dr.Ernst Erdmanns
Aureol die Krone aller Haarfarbmittel fur schwarz und braun
(Novità! L’Aureol del Dott.Ernst Erdmann il re di tutte le tinture per capelli nero e bruno)
Il manifesto, che è dell’ultimissimo Ottocento, è stampato e diffuso a Vie4nna dove il dottor Erdmann ha il centro dei suoi affari: e deve trattarsi di affari ottimi, visto che in quel periodo Vienna contende a Parigi il titolo di capitale dell’eleganza, ma anche della frivolezza e della vita allegra. I vecchi, più o meno vispi, che circondano la ragazza del manifesto, hannoin fondo un significato allusivo.
MANIFESTO 014
Teatro Lirico Internazionale
Grande Veglione Orientale
1° febbraio 1896
Il 1° febbraio del 1896, i giornalisti milanesi festeggiano il carnevale ambrosiano al Teatro Lirico. Sono gli ultimi giorni di spensieratezza prima della grande crisi che si abbatterà sul nostro Paese appena un mese più tardi, con il disastro di Adua. Il manifesto, nonostante abbondi di caratterizzazioni (le palme, la mezzaluna, le babbucce ecc.), riesce ad essere ben poco “orientale”. E la figura femminile richiama alla mente più la floridezza di certe donne padane che non immagina da “Le Mille e una Notte”.
MANIFESTO 015
Semplicissimus – Illustrierte Wochenschrift
Prei 10 PF. Albert Langen’s Verlag, Munchen
(Simplicissimus – Settimanale Illustrato
Prezzo 10 Pfenning. Casa Editrice Albert Langen, Monaco)
Simplicissimus è il protagonista di un celebre romanzo tedesco del Seicento: il nome di quel personaggio – che da contadino, appunto, sempliciotto, si trasforma in un uomo astuto e disincantato – venne scelto nel 1896 come testata di un settimanale satirico che, in Germania, fu per molti decenni la bandiera dell’anticonformismo. Vi collaborarono, tra gli altri, Wedekind e Ludwig Thoma, “dissacratori” dello spirito prussiano e bismarckiano. Il “Simplicissimus” (divenuto Simplizissimus, con la “z”9, era ancora molto diffuso e influente ai tempi della Repubblica di Weimar. Fu dapprima “nazificato” e poi soppresso da Hitler: Riprese le pubblicazioni dopo la guerra.
MANIFESTO 016
Chemins de Fer du Nord Français du London Chatman & Dover et du South Eastern
C.ie Int.le des Wagons-Lits et des Grands Express Européens Club-train Paris-Londres
Siamo agli inizi degli anni Novanta. La Tour Eiffel, costruita da poco, è già diventata ilsimbolo di Parigi e viene usata perfino nella pubblicità della “Compagnia Internazionale dei Vagoni Letto e dei Grandi Espressi Europei” che gestisce, tra gli altri, l’Orient Express. In questo caso, però, la pubblicità è per i “treni- club” Paigi-Londra (“et vice-versa”) che comprendono solo vagoni-salone e vagoni-ristorante. A Calais, i viaggiatori si imbarcano su un traghetto (“traversata media 70 minuti”), per riprendere poi il treno a Dover, sull’altra sponda della Manica. I ferry boats verranno solo più tardi.
MANIFESTO 017
Eldorado
Aristide Bruant dans son cabaret
Negli anni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, Aristide Bruant è, probabilmente, molto più noto di un giovane politico, suo quasi omonimo – Aristide Briant – che più tardi diventerà primo ministro francese e passerà alla storia per la sua nobile quanto ingenua illusione di poter abolire le guerre dichiarandole semplicemente vietate (il famoso “patto Kellog-Briand”).
L’Eldorado, comunque, è un locale di gran moda a Parigi. E, a guardare l’immagine di Bruant – che è opera di Toulose-Latrec -, si capisce facilmente da chi hanno tratto l’ispirazione i vari “scettici blu” del cabaret italiano degli anni Dieci e Venti.
MANIFESTO 018
Delhaize Frères & C.
denrees coloniales vins & spirit rue Osseghem. Au bon marché
Siamo nei tempi felici in cui le uniche “droghe” in circolazione sono i “coloniali”, e per i coloniali s’intendono i prodotti d’oltremare dal pepe al caffé, dalla vaniglia al rabarbaro, al té, al cacao. E i venditori di coloniali – che continueremo a chiamare droghieri fino ai giorni nostri – devono fare buoni affari se, come nel caso della ditta Delhaize di Bruxelles, possono permettersi la spesa di un manifesto di buona fattura, disegnato da Hamner in uno stile che, pur restando nel filone del floreale, concede qualcosa al realismo: per esempio nei tratti della vecchia domestica.
MANIFESTO 019
1892-93 Natale e Capodanno della Illustrazione Italiana
Milano, F.Treves Editori
Non è l’invito a un veglione o a un pranzo natalizio aziendale: è semplicemente un manifesto pubblicitario dell’Illustrazione Italiana che prende lo spunto dalle feste di fine anno per ricordare – in verità molto discretamente – al pubblico la propria esistenza: discretamente perchè, in quel periodo, l’Illustrazione Italiana è il settimanale italiano “numero uno” e non teme concorrenti. Ma si guarda bene dal dirlo: sarebbe “volgare” e “di cattivo gusto”.
MANIFESTO 020
Etiopia
SPQR
Confederazione fascista lavoratori agricoltura
L’uomo con la camicia nera e il casco coloniale, che ha a tracolla una vanga e tiene in mano un martello e nell’altra una baionetta, simboleggia un po’ tutto: l’agricoltura, l’industria, la conquista militare e , naturalmente, la “fede fascista”. La sigla “SPQR” sovrapposta alla scritta “Etiopia”, aggiunge l’immancabile tocco di “romanità”. Eppure, nonostante tutto, il manifesto rispecchia una realtà: tra il 1936 e il 1940, gli Italiani costruirono in Etiopia migliaia di chilometri di ottime strade e centinaia di scuole, ospedali ed edifici pubblici; impiantarono numerose officine meccaniche e fecero sorgere una serie di piccole industrie. Lo stesso Hailé Selassié riconobbe più tardi che l’Etiopia aveva tratto enormi benefici dall’opera degli Italiani.
MANIFESTO 021
18 novembre: sanzioni
Italiani, ricordate!
E’ storicamente accertato che le sanzioni suscitarono tra gli Italiani un sentimento di sdegno profondo e pressoché unanime. Questo manifesto, apparso nel novembre del 1940 (quinto anniversario della “condanna” ginevrina), ne dà ulteriore, indiretta conferma: a cinque anni di distanza, la propaganda fascista puntava aqncora sugli effetti psicologici delle sanzioni. E, ricordandole agli Italiani, sperava probabilmente di ritrovare parte di quei consensi che andava rapidamente perdendo dopo l’entrata in guerra e i primi rovesci militari.
MANIFESTO 022
I De Filippo
Titina, Eduardo, Peppino – quest’ultimo quasi irriconoscibile per chi non ha ricordi lontani – sono il “tris d’assi” del teatro italiano degli anni Trenta. Sono tra quelli che riempiono le sale e le tengono affollate anche dopo decine di repliche. Eduardo ha già ottenuto il suo primo grande successo cinematografico con “Il cappello a tre punte”, di Camerini, e si sta affermando come autore, anche se i tempi di “Napoli Milionaria ” e di “Filumena Marturano” devono ancora venire. Titina e Peppino hanno anch’essi una solida fama: il loro sodalizio durerà fino al 1945. poi, ciascuno prenderà la sua strada, nell’arte e anche nella politica.
MANIFESTO 023
Société des Boxeurs Français
Fino alla seconda metà del secolo XIX la boxe, in tutto il mondo, veniva praticata senza precisa regolamentazione. Poi, nel 1886 in molti Paesi d’Europa e negli Stati Uniti, furono adottate le regole studiate dal marchese di Queensberg che prevedevano, tra l’altro, la durata delle riprese in 3 minuti e il “conto” di 10 secondi per il pugile messo K.O. E prevedevano anche – come è illustrato in questo manifest dell’Associazione Francese dei Boxeurs – l’uso dei guantoni.
MANIFESTO 024
Giugno radiofonico
concorso a premi E.I.A.R.
Nella seconda metà degli anni Trenta, gli abbonati all’EIAR ( e cioè all’ “Ente Italiano Audizioni Radiofoniche”, che dopo la guerra si chiamerà RAI) superano già i 3 milioni. A farli rapidamente aumentare hanno contribuito – oltre al calo dei prezzi degli apparecchi radio – alcune trasmissioni fortunate: dall’ “Ora del dilettante” ai “Quattro Moschettieri”. E hanno contribuito anche i concorsi a premi, come quello annunciato dal manifesto, che è interessante anche come documento dei gusti dell’epoca: basti dire che la ragazzotta raffigurata era, secondo i canoni di bellezza di allora, una specie di “pin-up”
MANIFESTO 025
12-27 aprile 1934-XII
XV Fiera di Milano
Il 1934 è considerato da molti storici come il primo “anno della ripresa” dopo la grande depressione del 1929-1933. Certo, è un anno abbastanza felice per l’industria italiana che ha la sua vetrina alla Fiera di Milano, già allora una delle più importanti d’Europa accanto a quelle di Lipsia e di Basilea. Il manifesto (notare la corona d’alloro che hanno le bandiere al posto delle foglie) si intona perfettamente ai gusti dell’epoca: muscoli poderosi, collo possente, pugno serrato. E un volto dal profilo classico, che “fa molto” Roma antica.
MANIFESTO 026
FIAT
La nuova Balilla per tutti
Eleganza della signora
Il manifesto (come si vede anche dal bollo) è del 1934, anno XII dell’ “era fascista”. L’autore è Dudovich, facilmente riconoscibile dallo stile e dalla composizione. Quanto alla “Balilla”, essa non è affatto “per tutti”, visto che il suo prezzo equivale a due anni di paga di un lavoratore. Ma è pur sempre un fatto nuovo e importante nella storia dell’automobilismo in Italia: la Balilla – macchina riuscitissima, che sarà la progenitrice di tanti modelli famosi – offre per la prima volta le “quattro ruote” ad un pubblico che non è più soltanto quello dei ricchi. Difatti con la Balilla – e con la “Topolino” che apparirà due anni dopo – il numero delle auto in circolazione in Italia salirà rapidamente da circa 60 mila a oltre 300 mila: poche, per i concetti di oggi, ma parecchie per allora.
MANIFESTO 027
Mostra della rivoluzione fascista
Roma – 28 ottobre XI – 21 aprile XI
Riduzione ferroviaria del 70%
A prima vista, sembra che il manifesto contenga un errore di stampa: se il 28 ottobre cade nell’anno XI, il 21 aprile successivo dovrebbe rientrare nell’anno XII. Ma non è così: la cronologia dell’ “era fascista” parte dal 28 ottobre, che fa le veci del 1° gennaio: per cui due date di anni diversi possono cadere nello stesso anno dell’ “era”. Di interessante – a parte il taglio “squadrato” delle immagini, che anticipa la moda futura – c’è anche la triplice versione di Mussolini: col “fez” fascista, a capo scoperto e con l’elmetto della guerra ’15-’18: quasi un simbolo del potere politico, civile e militare che il fascismo ha conquistato.
MANIFESTO 028
Cachet Fiat
contro Mal ditesta, nevralgie, raffreddori
il cachet che non fa male al cuore
Sui manifesti degli anni Trenta si ritrovano spesso vecchie conoscenze: come, appunto, il cachet Fiat, che anche i giovani ricordano perchè fino a pochi anni or sono era fortemente reclamizzato. Che cosa significhi questo “Fiat” non si sa: sicuramente non “Fabbrica Italiana Automobili Torino”. Ma non è da escludere che qualche assegnamento sulla popolarità del nome “Fiat” i produttori del cachet l’abbiano fatto. Doveva comunque trattarsi di gente dotata di un certo senso dell’umorismo, sia pure un po’ goliardico: e la figura che appare sul manifesto ne è la prova.
MANIFESTO 029
Ayudad a Madrid sufrido y heroico
(Aiutate Madrid sofferente ed eroica)
Il manifesto stampato a cura della “Giunta di difesa di Madrid, delegazione di propaganda e stampa”, risale al 1937, quando la capitale spagnola sembra sul punto di cadere sotto gli attacchi delle truppe di Franco. La salverà poi l’inattesa vittoria dei repubblicani a Guadalajara: ma al momento la situazione è grave, e bisogna dire che il manifesto riesce a renderne drammaticità. (Notare il soldato con l’elmetto di tipo tedesco in dotazione all’esercito spagnolo: quando si fanno appelli al popolo si preferisce, ancora, l’immagine del “regolare” a quella del miliziano).
MANIFESTO 030
Edizione del mattino
L’Ambrosiano
Solo gli anziani ricordano oggi “L’ambrosiano”, un quotidiano milanese che, negli anni Trenta, ebbe molta diffusione. Il manifesto è in pieno stile dell’epoca: penna tricolore, braccio destro alzato, figura atletica, tipo antico eroe. Ma si avverte in esso qualcosa che lo distingue dalla iconografia pubblicitaria di quegli anni. E se ne ha la spiegazione guardando la firma nell’angolo superiore sinistro: è quella di Mario Sironi.
MANIFESTO 031
Emma Gramatica
Caterina de’Medici
4 atti di Rino Alessi
Siamo nel 1935. Emma Gramatica, benché sessantenne, non è ancora confinata in quei ruoli di vecchietta che porterà sul palcoscenico e sullo schermo negli anni Quaranta. Nel Teatro, non ancora sconfitto dal cinema, resta una delle protagoniste e, al tempo stesso, una delle attrici “di cassetta”. Passerà alla storia, a differenza del dramma di “Caterina de’Medici” destinato a cadere nell’oblio. (Più fortunato, invece, l’autore Rino Alessi, la cui memoria rimane viva sia per la sua attività di scrittore, sia per quella di giornalista e di direttore del “Piccolo” di Trieste):
MANIFESTO 032
Grand Hotel
A Metro Goldwin-Mayer Picture
Nel 1932, il cinema “parlato” trionfa, anche se soffre anocra di una serie di limitazioni tecniche: la colonna sonora, ad esempio, viene incisa contemporaneamente alle riprese, il che richiede ambienti insonorizzati e impone mille accorgimenti per evitare i rumori “estranei”. Si ripiega così sui film intimisti: pochi personaggi, pochissimi esterni, niente scene di massa. Grand Hotel, che è appunto del 1932, è uno dei primi ad uscire da questi angusti limiti. E i produttori gli organizzano un “lancio” grandioso, facilitato anche da un cast d’eccezione: Greta Garbo, “la divina”, John Crawford, “la stella nascente”, i Barrymore, i due migliori attori d’America, Wallace Beery (il futuro Pacho Villa) e, da ultimo, Lewis Stone, un caratterista che comparirà in decine di film nel periodo a cavallo tra gli anni Quaranta. Grand Hotel ottiene infatti un successo strepitoso e diventa una pagina di storia nel cinema.
MANIFESTO 033
Al Marchese Giovanni Maria Cambiaso
Excelsior
Azione Coreografica Storica Allegorica Fantastica di Luigi Manzotti
Musica di Romualdo Marenco
Riduzione per Piano-forte di M.Saladino
R.Stabilimento Ricordi
Milano Roma Napoli Firenze Londra
Con tanto di dedica al marchese Cambiaso (di cui non si precisano i meriti), le musiche del ballo Excelsior arrivano sui leggii dei pianoforti, dove occuperanno per decenni un posto d’onore accanto alle “Onde del Danubio” o alla “preghiera di una vergine”. E’ l’epoca in cui milioni di ragazze europee trascorrono ore ed ore chine sulla tastiera. Ma i posteri, malvagi, le dimenticheranno tutte. Ricorderanno invece alcuni loro contemporanei – per esempio Debussy, Ravel, Stravinskij e Richard Strauss – che magari, da ragazzi, avevano trovato in famiglia ben scarsi incoraggiamenti allo studio della musica.
MANIFESTO 034
Milano – F.lli Treves – Editori
I martiri della scienza
di G.E Tissandier
50 cent.mi la serie – l’opera comp.ta L.5
Le dispense sono la grande novità editoriale di fine Ottocento. In Italia, benchè arrivate in ritardo rispetto ad altri Paesi, ottengono un successo così vasto da invogliare gli editori ad affrontare argomenti “specialistici” come quello, appunto, dei “Martiri della scienza”. Il tema, d’altronde, si inquadra perfettamente nel clima positivista dell’epoca: ed è facile immaginare con quale tono sarà svolto. Difficile è, invece, identificare i due personaggi raffigurati sulla copertina. A quanto pare, essi rimangono uccisi senza una scarica mentre stanno tentando di ripetere il celebre esperimento con cui Franklin dimostrò la natura elettrica dei fulmini. Ma non può trattarsi dello stesso Franklin che da quell’esperimento uscì sano e salvo.
MANIFESTO 035
Hiroshima 121.000 morti
Nagasaki 86.000 morti
Firma contro l’atomica
Salva la tua casa, i tuoi figli, l’Italia
Questo manifesto fu stampato e diffuso tra il 1948 e il 1949 a cura dei “Partigiani della pace”, un’organizzazione patrocinata da Mosca e, in Italia, dal PCI. Il numero delle vite è inesatto (ma a quell’epoca non si avevano ancora dati precisi), mentre l’immagine è in realtà un fotomontaggio. Resta comunque innegabile l’efficacia del manifesto che si inseriva in una campagna antinucleare svolta su scala mondiale. Poi, nel ’49, si ebbe notizia del primo esperimento atomico sovietico: e la campagna si affievolì, per spegnersi completamente nel 1953, quando l’URSS ebbe la sua prima bomba H.
MANIFESTO 036
Donne d’Italia
Ascoltate la voce della Patria!
Arruolatevi nei servizi ausiliari!
Forse, la somiglianza tra la ragazza del manifesto e Alida Valli è soltanto casuale: ma probabilmente è voluta, dato che in quegli anni la Valli (il cui vero nome, sia detto per inciso, è Marie Altenburger) passa per l’incarnazione della bellezza italiana. Quanto all’efficacia del manifesto è difficile giudicarla. Si sa soltanto che la RSI riuscì a reclutare alcune migliaia di ausiliarie e che più di una di esse ci rimise la vita, specie nelle giornate che seguirono il 25 aprile del 1945.
MANIFESTO 037
Questo manifesto inglese si riferisce agli sbarchi nel Mediterraneo. Ma l’immagine si adatta in pieno anche alla Normandia: il mare che pullula di natanti di ogni tipo, i carri armati che avanzano direttamente dalla spiaggia, il soldato in primo piano, equipaggiato con le armi più moderne: tutti i particolari concorronoa formare un quadro molto simile a quello della “grande invasione”. L’elemento comune degli sbarchi alleati è infatti l’enorme ricchezza di armi, di materiali e di mezzi: e in ciò, le operazioni in Normandia non differiscono molto da quelle in Italia.
MANIFESTO 038
Banditi e ribelli
ecco la vostra fine!
I giovani, ai quali l’immagine del pugno di ferro ricorda tutt’al più la pubblicità di un famoso digestivo, giudicheranno forse grottesco questo manifesto del 1944. Ma chi ha vissuto gli anni dell’occupazione nazista, ritroverà in esso i drammi e le angosce di quel periodo. Il pugno di ferro – simbolo caro al militarismo tedesco – schiaccia senza pietà i “banditi” e i “ribelli”, vale a dire, i partigiani e i combattenti per la libertà: è l’esaltazione di una ferocia e di un odio che scaveranno un solco profondo nell’animo degli italiani.
MANIFESTO 039
Auch Du
(Anche tu)
I ragazzi della “Hitler Jugend” (Gioventù hitleriana) hanno il “diritto” di arruolarsi volontari nelle SS a 17 anni compiuti: e il manifesto li esorta a far uso di quel “diritto” (“anche tu” puoi andare a combattere). Più tardi, quando il Reich sarà allo stremo, l’età sarà abbassata a 15 anni e, negli ultimi mesi di guerra, si arriverà a reclutare perfino i quattordicenni accanto agli anziani del “Volkssturm”, che allineerà uomini di cinquanta e sessant’anni – armati di vecchi, inutili fucili. Sarà l’ultimo anno della tragedia.
MANIFESTO 040
War bonds
are cheaper than wooden Crosses
(I prestiti di guerra
costano meno delle croci)
Quello di usare i volti di attori popolari è un trucco propagandistico assai diffuso negli anni della seconda guerra mondiale. Il soldato che, in questo manifesto, svolge la poco invidiabile funzione di becchino, ha i tratti inconfondibili di Robert Mitchum, non ancora scoperto dalla critica, ma già caro al pubblico. A parte ciò, non si può dire che il manifesto – peraltro di buon livello grafico – sia tra i più felici. L’idea base (e cioè che con i prestiti si costruiscono armi e con le armi si accelera la vittoria e si risparmiano vite umane) non è resa con la necessaria immediatezza. E il tutto ha un aspetto fin troppo macabro.
MANIFESTO 041
Attenzione! Attenzione!
Arrivano i “liberatori”
Un altoparlante antiquato, una raffigurazione (piuttosto libera) di quello che potrebbe essere il mirino di un bombardiere, e una silhouette di Milano, sulla quale uno stormo di “fortezze volanti” lancia il suo carico micidiale: ecco gli ingredienti con cui la propaganda dell’ultimo fascismo (siamo nel dicembre del ’44) spera ancora di suscitare tra gli Italiani, sentimenti di ribellione e di odio contro gli Alleati. Ma è un calcolo sbagliato. Certo, la gente è esasperata dalle incursioni aeree: soltanto che la sua indignazione si riversa non sugli Alleati, ma sui fascisti e sui Tedeschi, che pretendono di continuare ad ogni costo una lotta senza speranze.
MANIFESTO 042
Back them up!
(Sosteneteli!)
Contrariamente a quanto illustrato in questo manifesto, la RAF compiva le sue incursioni sulle città tedesche prevalentemente di notte, mentre erano i bombardieri dell’aviazione americana che attaccavano durante il giorno. Ma non è questo il solo particolare inesatto del manifesto: l’autore si è inventato una Berlino inesistente, senza neanche prendersi la briga di consultare una cartolina illustrata. E, per di più, ha seminato sulle strade automobili e autobus che sembrano circolare imperterriti, come ai tempi di pace, senza curarsi dei bombardieri.
MANIFESTO 043
Questo manifesto, diffuso nei territori della RSI all’epoca della caduta di Roma (1944), contiene tutta una serie di errori: il soldato americano – negro, manco a dirlo – porta un berretto di tipo antiquato e da anni non più in dotazione alle truppe statunitensi; e per di più con la sigla “USA” al posto di quella esatta che è “US”. Il suo fucile somiglia fin troppo al nostro “91”, superatissimo e quasi ridicolo in confronto a quello degli Anglo-americani. E la statua che, a quanto pare egli si propone di vendere per due dollari, è la Venere del Nilo che, notoriamente, si trova a Parigi e non a Roma.
MANIFESTO 044
25 luglio
La simbologia, come si vede, è perfetta almeno dal punto di vista dei fascisti: Badoglio, assistito da re Vittorio Emanuele III, piccolo e vecchio, smantella a colpi di piccone il fascio Littorio che è il sostegno di un’Italia inopinatamente travestita da Walchiria. O meglio, di una statua dell’Italia, modellata secondo i canoni dell’Arno Brecker, dei Thorn e degli altri esponenti della “nuova scultura” nazista. L’asservimento della Repubblica Sociale al Reich hitleriano traspare anche da questi particolari, apparentemente casuali ed insignificanti.
MANIFESTO 045
Offrite agli Italiani in Germania
Il pacco della camerata
Per il Natale di guerra 1944
Nel 1944, gli Italiani in Germania si dividono in due categorie: quelli che vi si trovano, più o meno volontariamente, a lavorare nelle fabbriche e nei campi, e quelli che stanno rinchiusi nei campi di prigionia (e sono circa 600 mila). Il manifesto, evidentemente, si riferisce solo alla prima categoria: per gli altri non c’è neppure l’assistenza per i prigionieri di guerra, organizzata dalla Croce Rossa Internazionale. E di loro non si parla.
MANIFESTO 046
PUNT e MES
aperitivo
un punto di amaro e mezzo di dolce
Questo manifesto di Armando Testa ha una particolare importanza nella storia della grafica italiana: anticipa infatti il passaggio a quello “Stile Anni Settanta” che visualizzerà e porgerà in maniera nuova un messaggio pubblicitario di impostazione diversa da quella del passato; un messaggio che potrà apparire, di volta in volta, astratto o ermetico, brutale o surrealista, allusivo o paradossale, ma che anche – in un modo o nell’altro – obbedirà al principio: “Prima di tutto colpire. La persuasione verrà da sè”.
MANIFESTO 047
Giornata Olimpica
1958
Dopo i tragici momenti del 1956, gli anni Cinquanta appaiono destinati a chiudersi in un clima di pace: si inneggia alla “nuova era spaziale” e, al tempo stesso, si parla di ecumenismo, di distensione e perfino di riavvicinamento tra l’Urss e gli Stati Uniti, dove i voli degli Sputnik, distruggendo l’illusione “dell’invincibilità americana”, hanno finito per rafforzare le correnti pacifiste. Intanto, l’Italia si prepara per le Olimpiadi che si svolgeranno a Roma nel 1960. E sarà forse l’anno più pacifico e sereno dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi.
MANIFESTO 048
Marilyn Monroe Tom Ewell
Quando la moglie è in vacanza
Regia Billy Wilder
Sceneggiato da Billy Wilder
e George Axelrod
Pochi probabilmente ricordano Tom Ewell, attore di buon talento e, ai suoi tempi, di notevole popolarità. Ma il nome di Marilyn dice qualcosa a tutti, anche se nell’apparizione di “Quando la moglie è in vacanza” è trascorso quasi un quarto di secolo. Il film, tratto da un’opera teatrale, non era gran che, nonostante la regia di Billy Wilder. E tra gli interpreti, Ewell era certamente più bravo della Monroe. Eppure, il pubblico non vedeva che lei: il mito dell’ “angelo del sesso” era già nato e, forse proprio in quel periodo, stava raggiungendo il suo punto culminante.
MANIFESTO 049
MILANO
Ente Provinciale per il Turismo
A partire dal 1955 l’afflusso dei turisti stranieri in Italia aumenta rapidamente: da quattro milioni scarsi si passa, in pochi anni, a 15 e poi a 20 milioni. Ma le loro mete – a parte i luoghi di villeggiatura – sono principalmente Venezia, Firenze, Roma e Napoli o, tutt’al più, Pisa, Perugia, Assisi e Pompei.
Milano è fuori dal “giro” anche se – come questo manifesto dimostra – si cerca di valorizzarla e rilanciarla. Negli anni Sessanta gli stranieri a Milano arrivano si, ma per affari o per lavoro; e i turisti, quando ci sono, vi si fermano solo il tempo necessario per visitare il Duomo, il Cenacolo e la Pinacoteca di Brera. E molti se la sbrigano in meno di una giornata.
MANIFESTO 050
Le cauchemar de Dracula
(L’incubo di Dracula)
Nel periodo che sta a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, i film dell’orrore sono ancora all’acqua di rose.
I loro protagonisti più celebri – il mostro di Frankestein e Dracula il vampiro, quest’ultimo interpretato da Christopher Lee – commettono orrori e violenze che, a confronto con quel che si vedrà sugli schermi vent’anni più tardi, sembrano quasi giochetti da bambini. Eppure, al momento, essi bastano a far correre il brivido tra le file del pubblico. E la censura si sente in dovere di vietarli ai minori di 16 anni.
(Cinemateque, Parigi)
MANIFESTO 051
Il razzo sovietico sulla luna
Il mondo comunista ha aperto un’era nuova
costruiamo un’Italia moderna al passo dei tempi
avanzi la civiltà della pace tra i popoli
Siamo nell’autunno del 1959. Il lancio del Lunik 2, il razzo sovietico che raggiunge per la prima volta la Luna (sia pure con “atterraggio duro”, cioè schiantandosi al suolo), offre un nuovo spunto per lo sfruttamento propagandistico dei successi spaziali sovietici. Un anno e mezzo più tardi, l’impresa di Gagarin segnerà il culmine della campagna. Poi, gli Americani passeranno alla riscossa e, nel giro di tre anni, conquisteranno la superiorità spaziale.
MANIFESTO 052
Espititu de trabajo
conciencia valor y fe
Questo manifesto cubano, che risale agli anni Sessanta, può essere considerato un esempio tipico della retorica e dello “stile” castrista. Nel testo – che non ha bisogno di essere tradotto essendo facilmente comprensibile per il lettore italiano – gli ingredienti social-populisti si mescolano con quelli moralistici (onestà, valore e fede). Ma su tutti si sovrappone il tema dell’ “amor”, che assume accenti quasi mistici: proprio come nei discorsi di Castro che sono spesso in bilico tra il tono del guerrigliero e quello del predicatore.
MANIFESTO 053
Komedianci
La primavera di Praga non è un fenomeno isolato: tra il 1965 e il 1970 lo spirito di rivolta, stroncato dai carri armati sovietici a Budapest nel 1956, sembra risvegliarsi un po’ in tutti i Paesi dell’Est europeo. E la rivolta si manifesta anche nei settori più impensati, e spesso con mezzi che all’osservatore occidentale, abituato alla libertà, possono apparire innocui: come nel caso di questo manifesto del polacco J.Palka dedicato ad un festival internazionale dello spettacolo. Tutto sembra normale e tranquillo, e invece la figura fa i pugni con lo stile del “realismo socialista” e cioè con l’arte ufficiale imposta dall’URSS.
Anche la rivolta del pennello può essere una vera rivolta.
MANIFESTO 054
Italia
Negli anni Sessanta – che furono quelli del grande boom del turismo straniero in Italia – questo manifesto si poteva vedere in ogni parte del mondo: l’Ente Turistico, infatti, lo aveva scelto come biglietto da visita del nostro Paese, o meglio, come biglietto d’invito a conoscerlo. Proprio per la semplicità della sua concezione e per l’immediatezza dell’effetto che produceva, il manifesto ebbe una vita particolarmente lunga: circa un decennio.
MANIFESTO 055
West side story
Il celebre film di Robert Wise, interpretato da Natalie Wood, Richard Beymer e Russ Tamblyn, risale al 1963, lo stesso anno dell’assassinio di Kennedy. è una storia di lotte fra bande di giovani teppisti, una storia di crudeltà e di sangue che si conclude tragicamente. Forse può essere considerato uno dei primi documenti del clima di disperazione e di violenza verso il quale l’America andrà sempre più scivolando dopo il delitto di Dallas.
MANIFESTO 056
Italia 61
Mostra del Risorgimento
in Terra di Lavoro
Caserta – Palazzo Reale
ottobre-dicembre 1961
Nel 1961 l’Italia festeggia il centenario dell’unità. Il clima è di ottimismo e di speranza; c’è l’euforia del miracolo economico. A Torino, le celebrazioni assumono aspetti di autentica grandiosità. In tutte le altre città c’è un grande sventolio di bandiere. I volti di Garibaldi, di Cavour, di Mazzini e di Vittorio Emanuele II, ricompaiono sui muri. Rascel e Modugno ottengono successi clamorosi con i loro musicals ispirati al Risorgimento. E, per una volta, l’Italia ufficiale pronuncia – oltre che scriverla – la parola “Patria” con la “P” maiuscola.
MANIFESTO 057
Impermeabili
Pirelli
La data di affissione è attestata dal timbro del Comune di Milano:
30 maggio 1921, una stagione forse un po’ tardiva per le pioggie e gli ombrelli rovesciati dal vento (come quello del passante che si intravvede sullo sfondo). Ma questo non toglie nulla all’efficacia del manifesto come documento più di uno stile che di una moda da vestire. C’è tutto: per l’uomo le ghette, i pantaloni col risvolto che arrivano fino alla caviglia, i guanti, la sigaretta in bocca anche sotto l’acquazzone; per la donna le scarpette a punta, così poco adatte al maltempo, il cappellino calato sugli occhi, il collo di pelliccia abbinato all’impermeabile.
MANIFESTO 058
Fiat 509
Dalle fabbriche irte di ciminiere si leva, in mezzo ad una vampata rossastra, una mano gigantesca che regge l’ultimo “gioiello” della FIAT: la 509 cabriolet. Non siamo ancora al grande boom della Fiat che inizierà nel 1932 con la Balilla. Ma il manifesto – che è del 1925 – riflette perfettamente lo spirito di un’epoca che credeva nel progresso e vedeva nella tecnica il suo principale strumento: lo stesso spirito con cui, di lì a due anni, sarà salutata l’impresa di Charles Lindbergh.
MANIFESTO 059
Distruggendo il capitalismo
il proletariato distrugge la prostituzione
Siamo nel 1923. Lenin, paralizzato, ha già chiuso la sua parabola politica. Il regime sovietico sta passando dalla fase rivoluzionaria a quella totalitaria, e molte illusioni della prima ora sono svanite.
Altre, invece, resistono tenaci: ad esempio quella di ritenere che la prostituzione – “grande piaga dell’umanità”, come dice la scritta in alto a sinistra – sia un puro e semplice “prodotto” del capitalismo. Ed ecco il lavoratore dalla faccia tartara (il tipo slavo non è ancora di moda) che calpesta i capitalisti e “redime” una prostituta – in verità non molto avvenente – trasformandola in “donna lavoratrice” (scritta in basso). Tutto sembra facile: ma sembra soltanto, come si accorgeranno cinquant’anni dopo i giornali sovietici, costretti a denunciare continuamente “fenomeni antisociali di prostituzione”.
MANIFESTO 060
Veglione tricolore
pro legionari fascisti
Teatro Lirico – V-III-MCMXXI
I Fasci fondati a Milano nel 1919 sono, notoriamente, “di combattimento”. Ma il Carnevale permette qualche strappo e, per una volta, si può passare dal combattimento al divertimento. L’importante è conservare lo stile e la grinta: così, il veglione diventa “tricolore”, il suo scopo è benefico (pro legionari), i tre volti raffigurati sul manifesto appaiono più intonati a una trincea che non ad una sala da ballo. Perfino la data – 5 marzo 1921 scritta in cifre romane – sembra voler acquistare qualcosa di solennemente “storico”. Carnevale sì, ma pur sempre Carnevale “di combattimento”.
MANIFESTO 061
Salle Marivaux
Grands films artistiques
Concerts symphoniques
Attractions
Nel 1920 – anno a cui risale questo manifesto disegnato da André Edouard Marty – l’Europa è ancora smaniosa di godersi la pace e Parigi è la capitale indiscussa dei “viveurs”. L’industria del divertimento e dello spettacolo cerca di dare il meglio di sé e di accontentare tutti i gusti. Così, la direzione della Sala Marivaux non esita ad offrire, mettendoli sullo stesso piano, i grandi film artistici, i concerti sinfonici e le “attrazioni” ossia i numeri di varietà e di cabaret. Ce n’è, come si vede, davvero per tutti.
MANIFESTO 062
Monza 5-12 settembre
Gran premio delle 24 ore
Campionato del mondo
Gran premio Milano
12 sett. Gran premio motociclismo
Tutto è possibile per la propaganda del Ventennio: anche la trasformazione in automobile da corsa di un fascio littorio dal quale spunta un a vittoria alata che regge l’alloro del vincitore. Non basta: l’auto-fascio, invece di procedere con le ruote sulla pista, si impenna come un cavallo e corre, per così dire, “a due zampe”. La trovata ha tuttavia un pregio: quello di mostrarci le sospensioni delle ruote anteriori, rivelando una tecnica davvero d’altri tempi. Eppure, si trattava di macchine che superavano già agevolmente i 200 chilometri orari.
MANIFESTO 063
La revue négre
au Music-hall
des Champs-Elysées
Questo manifesto, disegnato da Paul Colin nel 1925, rispecchia una moda che caratterizzò a lungo la vita notturna di Parigi: la moda delle riviste esotiche allestite da “troupes” di gente di colore.
A lanciarla fu Josephine Baker, che ne decretò il successo e fu la sola a sopravviverle. Sotto molti aspetti, quella moda fu una prima breccia aperta nel muro del razzismo di cui allora si circondava l’Europa. Il fatto che nel manifesto gli attori vengano candidamente chiamati “negri” (come potrebbero essere chiamati “bianchi” gli europei) non deve trarre in errore: più che rivelare pregiudizi razziali, esso ne dimostra la mancanza.
MANIFESTO 064
Concorso ippico internazionale
Palazzo dello Sport
Milano – 22-30 maggio 1926
L’uomo in frac potrebbe essere benissimo Rodolfo Valentino; la donna davanti a lui, una delle eroine dei suoi films. La somiglianza non sta soltanto nello stile e in certi particolari, come quello del frac (ma lo portavano davvero ai concorsi ippici?)
o quell’altro della rosa un po’ sfiorita: è chiaramente voluta dall’autore del manifesto, Dudovich, che ha saputo suggerirla anche nei lineamenti dei due personaggi, pur lasciandola nel vago. Alla morte di “Rudi” mancano appena tre mesi e, benché la propaganda ufficiale lo rifiuti come incarnazione del “maschio italico”, il pubblico continua a vedere in lui il modello dell’eleganza e della raffinatezza.
MANIFESTO 065
Votate compatti
la lista Nazionale
Nel 1924 il fascismo rispetta ancora, formalmente, le regole del gioco democratico. Le elezioni si svolgono all’insegna di quello che oggi si chiama “pluralismo”. Con due inconvenienti, però: che gli oppositori vengono perseguitati e bastonati e che la legge elettorale assegna un “premio” in seggi alla lista più forte. E quella “Nazionale”, di cui fanno parte, oltre ai fascisti, tutti i gruppi di destra e di centro-destra (compresi alcuni “popolari”) è la grande favorita. Riporterà infatti una vittoria clamorosa. E Giacomo Matteotti, che denuncerà le violenze e i brogli elettorali, pagherà con la vita.
MANIFESTO 066
La Rinascente
Colli di pelliccia abbinati a manicotti, cappellini che scendono sulla fronte celando pettinature “à la garçon” e, per la sera, vestiti attillati e scollati che richiedono una figura da indossatrice: ecco la gran moda degli anni 1927-1929, alla quale seguirà quella della “donna-crisi”. Ma l’importanza del manifesto (che è di Dudovich) è un’altra: gli abiti eleganti vengono offerti da un grande magazzino, sono abiti di confezione, prodotti in serie, accessibili a una clientela assai più vasta di quella delle sartorie. Nell’immagine pubblicitaria, dunque, non c’è soltanto la raffigurazione di un modo di vestire: c’è l’annuncio della nascita e dell’affermazione dell’industria dell’abbigliamento.
MANIFESTO 067
La Merveilleuse
Confezioni per signora
Milano via Montenapoleone N° 40
Nel 1923, quando apparve questo manifesto, l’Italia- a differenza della Germania – si stava avviando alla tanto sospirata “normalizzazione”. Milano superava di poco il mezzo milione di abitanti, la nuova stazione centrale era ancora un immenso cantiere, i tram – dalle forme più antiquate – “facevano carosello” in Piazza Duomo. C’era un unico “grattacielo” (quello di 13 piani al n.1 dei Bastioni di Porta Venezia), e non esistevano né la metropolitana né la tangenziale.
Ma via “Montenapo” aveva già assunto la sua funzione di centro della moda e di passerella dell’eleganza: con una spruzzatina di francese che non guastava.
MANIFESTO 068
Mistinguett
Casino de Paris
All’indomani della prima guerra mondiale gli europei sono presi da una smania di divertirsi e di godere che, a detta dei moralisti, confina con la scostumatezza. E’ il grande momento dei locali notturni e delle riviste spinte, ma anche delle balere e delle osterie perché, la “smania di vivere” si manifesta a tutti i livelli sociali. Ed è l’ra delle grandi soubrettes, come è appunto Mistinguett – “l’intramontabile” – e come sarà qualche anno più tardi Josephine Baker: simbolo, entrambe, dello stato d’animo di una generazione che si finge felice per essere scampata alla guerra ma che, in realtà, vuole soltanto dimenticare gli orrori di ieri e le incertezze del domani.
MANIFESTO 069
Food is ammunition. Don’t waste it
(Il cibo è munizioni non sciupatelo)
Siamo nel 1918. La partecipazione degli Stati Uniti alla guerra non ha ancora molto peso sul piano militare, ma sul piano economico è già decisiva. Se i soldati americani tardano ad arrivare in Europa, i prodotti USA la ivadono. E si tratta, soprattutto, di enormi quantità di generi alimentari. Lo spettro della fame, che nel 1917 aveva incominciato a minacciare i Paesi dell’Intesa, è fugato.
Questo manifesto dell’Amministrazione alimentare statunitense illustra così un aspetto della guerra che spesso è trascurato: a differenza di quelli di Caporetto, i soldati del Piave avevano dietro le spalle un Paese in cui non c’era più pericolo che scoppiassero rivolte per la mancanza del pane.
MANIFESTO 070
Sottoscrivete al prestito
Anche l’Italia, come tutti i Paesi coinvolti nella prima guerra mondiale, deve ben presto ricorrere ai prestiti interni per sostenere le spese belliche (e i prestiti dall’estero non tarderanno ad aggiungervisi). Qui siamo a uno dei primi appelli al risparmiatore; e per incitarlo a sottoscrivere si preferisce ancora usare la simbologia eroica: l’Italia con l’armatura di un antico romano che affronta, a spada tratta, il feroce barbaro al quale, tuttavia, è stata data la faccia di un vecchietto più sgomento che aggressivo.
MANIFESTO 071
U.S. Marines soldiers of the sea
(Marines USA soldati del mare)
Chi crede che il corpo dei Mariners sia nato durante la seconda guerra mondiale si sbaglia: i Mariners esistevano già nel 1917, come è dimostrato da questo manifesto che è, appunto, di quell’epoca. Le loro armi, le loro uniformi e i loro mezzi da sbarco possono, oggi, far sorridere: ma la loro popolarità doveva già allora essere notevole se la propaganda di guerra americana li sceglieva come simboli della potenza militare degli Stati Uniti, insieme con le corazzate (riprodotte dall’autore del manifesto in maniera alquanto fantasiosa e approssimativa).
MANIFESTO 072
“Fate tutti il vostro dovere!”
Le sottoscrizioni al prestito si ricevono presso il Credito Italiano
Dal 1915 al 1918 vi fu un continuo susseguirsi di prestiti di guerra il cui lancio, in mancanza di mezzi come la televisione, era affidato ai giornali e, più ancora, ai manifesti. Uno dei più efficaci, per il realismo e la carica drammatica dell’immagine, è senza dubbio questo, disegnato da Mauzan e apparso proprio nel periodo intorno a Caporetto: nella figura del fante con lo sguardo acceso e l’indice puntato – quasi minacciosamente – verso il pubblico par di vedere il simbolo della resistenza sul Piave.
MANIFESTO 073
1917 Ottobre 1920
Questo manifesto, stampato per il terzo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, si ispira a un tema caro alla propaganda sovietica degli anni Venti: il “San Giorgio” bolscevico che uccide il “drago” capitalista. Per restare nello stile della leggenda, le fabbriche sullo sfondo sono state trasformate in una specie di castello sulle cui torri sventola la bandiera con la sigla “RSFSR” (Repubblica Sovietica Federale Socialista Russa). E al cavaliere proletario è stato dato un volto che ricorda stranamente quello di Trotzky.
MANIFESTO 074
2me Emprunt de la Defense Nationale
En avant Armée de l’épargne c’est pour la Patrie
Questo manifesto della prima guerra mondiale è di epoca posteriore a quello della battaglia della Marna. Ma il tono, lo stile e lo spirito che essi esprimono sono gli stessi. Gli ingredienti della retorica di allora ci sono tutti: l’allegoria della Francia, vestita di tricolore e con in testa l’elmo degli antichi Galli; il putto armato; il bassorilievo dell’Arco di Trionfo sullo sfondo; e infine, in primo piano, il vecchio che offre il suo gruzzolo e la bambina che conta le monete del salvadanaio: l’armata del risparmio non esclude nessuno.
MANIFESTO 075
Automobile club di Torino
Società Aviazione Torino
IX Esposizione internazionale
Automobili – 26 aprile-11 maggio 1913
Aereonautica – 17 maggio-1° giugno 1913
Alto patrono S.M. il Re d’Italia
Sono passati quasi tre anni dalla trasvolata delle Alpi, ma l’aereo raffigurato sul manifesto non differisce molto da quello di Chavez. Di nuovo c’è il dirigibile e, più ancora, l’automobile le cui linee generali anticipano già quelle della soglia degli anni Trenta. In Italia le auto in circolazione sono, al momento, 13 mila; in Russia 7 mila; in Austria circa 15 mila. E una di esse sta per diventare oggetto da museo, non come realizzazione tecnica ma come una delle protagoniste dell’attentato di Sarajevo
MANIFESTO 076
Marsala chinato-ferruginoso del prof. J.Pitis
Il “trionfo della linea curva” è considerato uno dei caratteri essenziali dello stile Liberty: questo manifesto lo celebra in ogni suo particolare, compresi il calice e il gesto della mano che lo regge. Il gusto è quello tipico dei primi anni del secolo: un gusto che resisterà durante tutta la Grande Guerra, per essere poi spazzato via, di colpo, quando all’Europa pacifica e serena della “Belle époque” subentrerà un’Europa travagliata e inquieta che, perfino nella grafica, preferirà gli spigoli e le anglosità dell’ “Art deco”.
MANIFESTO 077
Ansaldo
Capitale 500 milioni
Pubblica sottoscrizione nazionale delle nuove azioni presso: Banca Italiana di Sconto, Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano, Banco di Roma e loro corrispondenti.
“Per vincere la guerra” e “Per le opere di pace” si legge nei medaglioni ai due lati della figura simbolica (e curiosamente “mussoliniana”) dell’operaio davanti all’incudine. Il manifesto si ricollega a uno dei rispetti meno noti della ripresa italiana dopo il Caporetto: la mobilitazione delle industrie belliche (tra le quali, appunto, l’Ansaldo) che in pochi mesi consentì alle nostre forze armate non solo di recuperare il materiale perduto, ma di superare gli Austriaci nel settore degli armamenti.
MANIFESTO 078
Giornale d’Italia
Bandiera tricolore, cappello pimato da bersagliere, rami d’alloro: sono ingredienti che oggi verrebbero usati con cautela persino in un manifesto delle Forze Armate. Tra il 1910 e il 1918, invece, apparivano adatti per la campagna pubblicitaria di un giornale: e si trattava di uno dei più noti ed autorevoli. Colpiscono anche le tariffe: chi faceva l’abbonamento per un anno veniva a pagare ogni copia del giornale 5 centesimi. Ed è curioso notare che quei cinque centesimi corrispondevano all’incirca a 200 lire di oggi: il prezzo di un quotidiano dell’anno 1978.
MANIFESTO 079
F.I.A.T. Società Anonima, Torino
Fabbrica Italiana di automobili
Se l’Ottocento è stato il secolo delle grandi invenzioni scientifiche, il Novecento si annuncia fin dagli inizi come il secolo della tecnica, e l’automobile ne diventa quasi subito uno dei simboli. Questo manifesto della appena nata FIAT (il cui marchio vagamente latineggiante è in realtà la sigla di Fabbrica Italiana Automobili Torino) mostra uno dei primi modelli prodotti: la struttura esteriore è quella delle carrozze e il volante non ha ancora fatto la sua comparsa.
MANIFESTO 080
Otello
Questo manifesto annuncia per il 5 febbraio 1887 la “prima” dell’Otello di Verdi al Teatro alla Scala di Milano. Sarà un grande avvenimento sia per la qualità degli interpreti (Francesco Tamagno nella parte di Otello e Romilda Pantaleoni in quella di Desdemona) sia, soprattutto, per la musica che farà scoprire al pubblico e ai critici un Verdi “nuovo”, diverso da quello tradizionale. Il manifesto non è graficamente molto diverso da quelli attuali della Scala. Soltanto i prezzi danno un’idea di quanto siano cambiati, da allora, il nostro Paese e il mondo.
MANIFESTO 081
Torino, aprile-novembre 1911
Esposizione internazionale
Grandi Feste
Riduzioni eccezionali di viaggio
Nel 1911 l’Italia festeggia il cinquantenario dell’Unità. L’esposizione di Torino rientra nel quadro delle celebrazioni, ma, al di là di esse, ha una sua importanza particolare: vi partecipano infatti tutti i Paesi europei e i loro padiglioni offrono la rassegna del progresso tecnologico di quegli anni. La guerra di Libia, intanto, è già nell’aria e nel manifesto l’allegoria dell’Italia ammantata di tricolore sembra anticipare il clima di “Tripoli bel suol d’amore”.
MANIFESTO 082
Cinquantenario del plebiscito meridionale
Feste commemorative settembre-ottobre 1910
Al momento del terremoto di Messina, i preparativi per festeggiare il cinquantenario dell’unità d’Italia sono già in corso: e c’è chi, di fronte alla sciagura, propone di sospenderli e di celebrare la ricorrenza in un clima di austerità. Ma la proposta cade e gli anni 1910 e 1911 sono costellati di feste, di parate, di banchetti e di comizi in cui la retorica scorre a fiumi. Questo manifesto che invita i napoletani “vecchi memori e giovani anelanti” a partecipare ai festeggiamenti, è un esempio del clima caratteristico dell’epoca.
MANIFESTO 083
Il “Circuito aereo di Milano” del 1910 è una manifestazione a livello europeo: 45 piloti di ogni parte del mondo hanno accettato di parteciparvi e 5 di essi si dichiarano disposti ad affrontare l’impresa, “quasi impossibile”, della trasvolata delle Alpi che, secondo i propositi, deve precedere il circuito. A tentarla sarà poi solo Chavez, che perderà la vita dopo aver conquistato la vittoria. Ma il circuito si svolgerà ugualmente e l’entusiasmo del pubblico non sarà certo inferiore a quello immaginato da Jean Béraud, l’autore di questo manifesto dedicato appunto al “nuovo sport” dell’inizio del secolo: l’aviazione.
MANIFESTO 084
Galli Guasti, Ciarli Bracci
Il cinema sta già passando all’offensiva, ma “lo spettacolo” per eccellenza è ancora il teatro. Questo manifesto della compagnia di Dina Galli è un tipico documento della moda, dei gusti e dello stile grafico di un’epoca che, almeno sul piano spirituale, è ancora “con un piede nel diciannovesimo secolo”.
MANIFESTO 085
L’Italia del Popolo
Giornale Repubblicano
E’ l’epoca in cui i repubblicani costituiscono l’ala estrema dello schieramento politico italiano: più estrema di quella rappresentata dai socialisti riformisti. “L’Italia del Popolo” è il loro foglio d’avanguardia e gode di un notevole prestigio negli ambienti di sinistra (un giorno Mussolini ne rovescerà il titolo trasformandolo in “Popolo d’Italia”). Questo manifesto del giornale contiene tutti gli ingredienti dello “stile giacobino”: l’Italia in veste di seminatrice, scalza, col berretto di Marianna al posto della corona e, sullo sfondo, il sole che naturalmente sorge.
MANIFESTO 086
Beautiful Bewitching
Belles in Feats of Graceful Daring
Pochi manifesti riflettono come questo i gusti, i concetti estetici, lo spirito e lo stile della “belle époque”: ghirlande, nastri, cappellini di tipo floreale, bianchi destrieri e gambe femminili degne del “french can-can”. Il tutto per reclamizzare uno spettacolo di circo equestre dei primi anni del nostro secolo.
MANIFESTO 087
Mostra del ciclo e dell’automobile
Milano – 1907, 18 maggio-9 giugno
Dall’apparizione delle prime “carrozze senza cavalli” di Daimler e di Benz sono passati diciannove anni ma l’automobile ha compiuto progressi enormi e molti, ormai, la considerano il “mezzo di trasporto del futuro”. L’industria automobilistica è in pieno sviluppo: la mostra di Milano, aperta alla vigilia del raid Pechino-Parigi, ne dà la prova. Siamo in pieno XX secolo: il genio alato che spicca sul manifesto sembra quasi un ultimo, malinconico tributo al mondo ottocentesco.
MANIFESTO 088
Birra Italia
Siamo negli anni della Triplice Alleanza, gli anni in cui l’Italia ufficiale sembra voler mettere una pietra sui suoi conflitti con l’Austria. Tutto ciò che è “tedesco” và di moda, compresa la birra, che tuttavia è ancora estranea ai gusti degli italiani e ha bisogno di essere reclamizzata con vigore: anche se, in omaggio al clima del momento, la si chiama “Italia”. Questo manifesto, pregevole come fattura e importante come esempio dello stile della “Belle époque”, rispecchia anche lo spirito di un periodo in cui l’Europa, fondamentalmente pacifica, poteva permettersi il lusso di combattere “piccole guerre d’oltremare”.
MANIFESTO 089
Ultime novità
Eleganza Buon gusto Massimo buon mercato
Con la scomparsa di Umberto I inizia la decadenza della Belle Epoque: un tipico documento del gusto di quest’epoca è questo manifesto, disegnato da M.Dudovich per la modisteria Mele di Napoli, che ritrae le ultime novità della moda, novità caratterizzate da “eleganza e buon gusto” ma anche, si rassicura, a “buon mercato”.
MANIFESTO 171
Ali-Flotte Riunite
Linee aeree giornaliere per Roma e Pisa Milano
Alle soglie degli anni Cinquanta, l’Alitalia (fondata nel 1946) non è ancora la nostra compagnia di bandiera. Accanto a lei operano altre compagnie, come la LAI e la Ali-Flotte Riunite, alla quale appartiene il tragico aereo di Superga. Volano gli ultimi aerei di costruzione italiana, come appunto il Fiat G-112, un apparecchio ottimo ai tempi della sua progettazione (1943), ma ormai superato dal DC-4 americano. A servirsi del mezzo aereo sono comunque in pochi: attori, diplomatici, uomini d’affari, campioni sportivi. Accade così che, tra le vittime degli incidenti, ci siano spesso persone famose: come la cantante-attrice americana Grace Moore, il pugile francese Marcel Cerdan o come Marcella Mariani, miss Italia negli anni ’50.
MANIFESTO 172
Fiera di Trieste
23-VI – 7-VII 1957
Trieste è tornata all’Italia nell’agosto 1954 e, in tre anni, molte delusioni si sono accumulate soprattutto in campo economico. La città – che una volta era stata il polmone dell’Impero austro-ungarico – ha perduto anche quel poco di “Hinterland” che le era rimasto dopo la priima guerra mondiale. La “cortina di ferro” incide pesantemente sui traffici con l’Europa Orientale. La crisi è grave. Così si cercano mezzi per dare ossigeno a Trieste: iniziative turistiche, commesse ai cantieri (che proprio in quel periodo stanno impostando le prime superpetroliere italiane) e manifestazioni promozionali, come lo è appunto la Fiera annunciata dal manifesto. Ma ci vorrà il “boom” economico perché la situazione della città migliori realmente.
MANIFESTO 173
Marlon Brando – Fronte del porto
L’America è ancora in piena “caccia alle streghe” quando il regista Elia Kazan presenta il suo film “Fronte dal porto”. Lo accusano di “disfattismo” e perfino di “filocomunismo”. Ma il pubblico decreta il successo mondiale del film, e Marlon Brando riceve un Oscar. In realtà, paragonato a certa produzione degli anni Settanta, “Fronte del porto” appare politicamente all’acqua di rose. Quello che lo rende ancora oggi valido è la regia di Kazan, assecondata dall’interpretazione, non solo di Brando, ma dell’intero cast degli attori – a cominciare da Eva Marie Saint, che a quel film dovette il suo quarto d’ora di celebrità.
(Raccolta Salce, Museo Civico Treviso)
MANIFESTO 174
Il Caricaturista
Si pubblica alla domenica. Otto pagine di caricatura e quattro di testo. C.mi 10
Direttore Luigi Lavini
Nella seconda metà dell’Ottocento, anche le vignette – che vengono chiamate caricature – pagano un tributo al gusto “floreale” dell’epoca: e così pure le testate dei giornali umoristici, quale è appunto “Il Caricaturista”, stampato a Milano e venduto a 10 centesimi. Le stesse caricature – come si vede da quella del direttore del settimanale che appare sul manifesto – somigliano più a ritratti che a deformazioni caricaturali. Per arrivare all’irrilevanza bisognerà attendere ancora qualche anno.
MANIFESTO 175
Col lavoro si riedifica ma senza il buon impiego del risparmio non si può guardare fiduciosi al domani
Nel 1948-1949, epoca alla quale risale questo manifesto, la ricostruzione è in pieno corso. La spinta inflazionistica è stata quasi arrestata grazie alla politica di Einaudi e di Pella. Il risparmio viene incoraggiato in tutti i modi e l’Italia risparmia. Centinaia di milioni affluiscono ogni giorno alle banche, si trasformano in obbligazioni e, soprattutto, vanno ad arricchire i libretti postali. Sono le premesse di quello che, più tardi, sarà chiamato “il miracolo economico”. E gli italiani non hanno neppure bisogno di incitamenti. Il nostro, a quei tempi, è ancora un Paese sobrio, parsimonioso e perfino un po’ avaro. Mettee “qualche soldo da parte” è una virtù alla quale quasi nessuno si sottrae.
MANIFESTO 176
Difendono la pace del loro paese e del mondo
I “difensori della pace” sono, manco a dirlo, i comunisti della Corea del Nord che, dopo aver attaccato senza motivo apparente la Corea del Sud e dopo averne conquistato quasi tutto il territorio, vengono presentati dalla propaganda del Comintern come “aggrediti” e “vittime”. Ma è una propaganda che fa presa solo nel ristretto ambiente dei militanti del partito. La grande maggioranza dell’opinione pubblica occidentale è – a differenza di quanto accadrà col Vietnam – nettamente sfavorevole ai Nordcoreani e ai loro alleati Russi e Cinesi. E sulle responsabilità dell’aggressione ben pochi nutrono dubbi: anche perché la massa della popolazione della Corea del Sud dà chiari segni di non gradire i “liberatori nordisti”.
MANIFESTO 177
Anna Magnani – Burt Lancaster
La Rosa Tatuata
di Tennessee Williams
Marisa Pavan – Ben Cooper
Nell’immediato dopoguerra il cinema di Hollywood tenta di accaparrarsi i più noti attori europei, soprattutto francesi e italiani. Alida Valli è chiamata ad interpretare in America “Il caso Paradine”; Rossano Brazzi si trasferisce ad Hollywood in pianta stabile. Ad Anna Magnani, divenuta celebre con “Roma città aperta”, si offre un’occasione prestigiosa: quella di interpretare “La rosa tatuata” di Tennessee Williams, al fianco di Burt Lancaster, uno dei divi del momento. Ma non sarà una prova facile: il film – nonostante la conquista dell’Oscar – avrà accoglienze tiepide da parte del pubblico. Ed Anna Magnani tornerà ad appartenere al cinema italiano.
MANIFESTO 178
I.Stalin
Il settantesimo compleanno di Stalin (“I” sta per “Iosif”, Giuseppe) segna l’apice di quello che più tardi verrà definito il “culto della personalità”. Sei mesi prima della ricorrenza – che cade nel dicembre del 1949 – la macchina propagandistica si mette in moto in tutto il mondo. Scrittori, pittori e musicisti dedicano le loro opere a Stalin. Il suo nome viene dato a decine di città, paesi, fiumi, laghi e vette montane. La sua fotografia campeggia in ogni cellula comunista nell’URSS, praticamente in ogni casa. Ma, più di tutti, si danno da fare i poeti per i quali l’esaltazione non ha limiti. L’autore dei versi riprodotti su questo manifesto arriva a definire Stalin “artefice della felicità del popolo” e “sole della verità”. Ma è solo un esempio tra i tanti.
MANIFESTO 179
Premiato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
La Strada
E’ un film di Ponti e De Laurentiis con Antony Quinn, Giulietta Masina, Richard Basehart
Regia di Federico Fellini
Siamo nel 1954. Il Festival cinematografico di Venezia è ancora una manifestazione di importanza mondiale. Ponti e De Laurentiis sono soci. Fellini è un giovane regista che ha già conquistato notevoli successi e che ora, con “La strada”, punta per la prima volta al capolavoro. La giuria di Venezia e la critica straniera non gli risparmiano i riconoscimenti. Il pubblico italiano è forse un po’ meno entusiasta. Ci vorranno comunque “I vitelloni”, “Cabiria” e, soprattutto, “La dolce vita” perché Fellini diventi una celebrità mondiale.
MANIFESTO 180
La gioia nella pioggia
Wearover
Gonna corta, tacchi a spillo, scollatura quadrata, pantaloni stretti, impermeabile tipo “trench”, camicia bianca e cappello: in questo manifesto c’è tutto il gusto degli anni Cinquanta, anzi, della prima metà degli anni Cinquanta quando ancora sopravvivono costumi, mode e personaggi d’anteguerra (come “d’anteguerra” è lo stesso autore del manifesto Boccasile). La coppia che sorride sotto la pioggia diventa così l’immagine – simbolo di un’epoca verso la quale si è tentato poi di “rifluire” e della quale si è celebrato, almeno nel campo dell’abbigliamento, un inatteso “revival”.
MANIFESTO 181
L’autentica storia del colonnello Dean Hess
Rock Hudson – Marta Hyer – Dan Dureya
Inno di Battaglia
E’ l’epoca in cui, sulle pagine dei giornali dedicate agli spettacoli, i films di guerra hollywoodiani vengono riassunti con frasi scherzose come questa: “Tre-americani-tre contro giapponesi tutti; incredibile, vincono gli americani”. E Rock Hudson sembra essere fatto su misura per incarnare l’eroe “made in USA”: forte, coraggioso, invincibile e – al tempo stesso – umano, scanzonato, apparentemente alieno da ogni retorica. Sembrano tempi lontanissimi, anche se da essi ci si separa solo un quarto di secolo.
MANIFESTO 182
8 marzo – Venerdì Grasso
Grande veglione dei giornalisti
Lascia o raddoppia
Milano, Teatro di via Manzoni
Siamo nel 1957, il Paese sembra impazzire per “Lascia o raddoppia?”; c’è gente disposta ad indebitarsi pur di poter comprare un televisore. I concorrenti più celebri – come Marianini, la Bolognani, la Garoppo – sono trattati quasi da eroi nazionali. E Mike Bongiorno è senza dubbio, in quel momento, il personaggio più popolare d’Italia. Così, i giornalisti se lo accaparrano per il loro tradizionale veglione di Carnevale che, a quei tempi, è uno degli avvenimenti più importanti della vita mondana milanese. Con la presenza di Mike il successo non potrà che “raddoppiare”. E, ad accrescerlo ancora, ci saranno i gettoni d’oro cui il manifesto – tipo esempio dello “stile anni Cinquanta” – attribuisce dimensioni gigantesche.
MANIFESTO 183
Così rispunta la primavera della patria
Prestito della ricostruzione
Il primo prestito della Ricostruzione viene lanciato nella primavera del 1945, quando ancora non sono ristabilite le comunicazioni ferroviarie tra Milano e Roma. La propaganda ha un tono enfatico, che sembra ereditato dal ventennio fascista: bisogna dire che questo manifesto è tra i più misurati. Altri chiamano in causa il Risorgimento o usano come slogan i versi del Leopardi. Viene mobilitato perfino Trilussa che scrive, appositamente per i manifesti del prestito, la seguente quartina, in verità non chiarissima: “Spesso avvien che chi sacrifica / la coscienza al dio Mammone / brucia un albero fruttifero / per raccoglierne il carbone”. Il che sta a significare che, invece di tenere i propri soldi in cassaforte, bisogna versarli al prestito della Ricostruzione.