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Federica Gonnelli. Cos’è che mi ha portato fino a qui…

domenica 24 Settembre 2017 - domenica 22 Ottobre 2017

Federica Gonnelli. Cos’è che mi ha portato fino a qui...

sede: Heart – Spazio Vivo (Vimercate);
cura: Simona Bartolena.

Il progetto di Federica Gonnelli, “Cos’è che mi ha portato fino a qui… “, propone un confronto tra luoghi vissuti e spazio espositivo: è un vero e proprio percorso, termine che Federica usa spesso per parlare della sua crescita personale e artistica, perché richiama il viaggio e di conseguenza il legame con le persone e con il luogo nel quale si sosta o nel quale si torna; come in questo caso.
La mostra sarà un moto di “avvicinamento” a luoghi e persone, attraverso alcune opere realizzate prima della residenza a Vimercate – diverse per forma, entità, tipologia di assemblaggio, ma che contraddistinguono e identificano fortemente l’artista – che culminerà nel riallestimento di alcune opere presentate al Must.
Un percorso che attraverso le opere presentate vuole segnare una serie di tappe significative, che in qualche modo hanno portato Federica fino all’esperienza a Vimercate.
I tre puntini di sospensione sottolineano a loro volta l’entità dell’esperienze di Vimercate come tappa, sosta fondamentale del percorso, dalla quale ripartire con nuove prospettive, nuove suggestioni.
Il “luogo” in senso generale il luogo inteso come parte dello spazio che è occupato o che si può occupare materialmente o idealmente, sociologicamente associato alla nozione di cultura, un luogo identitario, relazionale, storico.
Un avvicinamento ai luoghi, dei luoghi, un azzeramento dei confini che non è altro che la “relianza”, ovvero “lo stato di tutti gli esseri che sono connessi, collegati tra loro,  in un rapporto di interdipendenza”, è “l’essere intessuti di relazioni al proprio interno e al tempo stesso con l’ambiente”.
Una riflessione sui confini, in un momento storico nel quale, invece, si vogliono costruire e ricostruire nuovi e vecchi confini.
Il progetto rimanda fortemente alla pratica del détournement situazionista e in particolare alla “deriva situazionista”.
La deriva si pone all’interno di una teoria determinista: la psicogeografia, ovvero lo studio degli effetti precisi dell’ambiente geografico, costituito dal susseguirsi dei luoghi e dei relativi confini, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui.
Per la psicogeografia è l’ambiente a modellare l’individuo, per questo la deriva situazionista si configura come pratica di liberazione dai dispositivi ambientali percepiti come dispotici.
Più in generale la deriva situazionista può essere definita come volontario smarrimento dell’orientamento o come vagare senza meta e scopo.
Il senso di questa perdita dell’orientamento, da parte di chi la pratica, è quella di abituare il soggetto ad un’apertura mentale verso nuovi, inattesi e magari anche estranianti aspetti della realtà, soprattutto se effettuata nei luoghi geografici che abitualmente si abitano.
Si tratta, quindi, di un training sensoriale, che consente nuove percezioni ed esperienze estetiche attraverso cui i soggetti si riconfigurano.
La sperimentazione estetica diviene quindi l’occasione per una trasformazione, anche politica, di individui che si dotano così di una nuova consapevolezza.
Si tratta di un progetto psicogeografico, che manifesta l’azione diretta dell’ambiente geografico sull’affettività.
Si può dire in generale che ogni artista è uno psiocogeografo, in quanto trasmette realtà psicogeografiche.
Inoltre, prendendo in prestito le parole di Marc Augé, dal testo “Tra i confini. Città, luoghi, integrazioni”, Bruno Mondadori, Milano, 2007, l’artista è come l’etnologo che raccoglie “informazioni di vario genere dalla bocca di individui che se ne assumono la paternità, e tende così a mostrarsi particolarmente sensibile agli effetti di eco, di risonanza, fra il sociale, il culturale e l’individuale, cerca di non ridurre l’individuo solo a un’espressione e il sociale a una conseguenza di una cultura che lo spazio simbolizzato del territorio etnico condensa e materializza”.

Federica Gonnelli è nata a Firenze, città nella quale frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti. Vive e lavora tra Firenze e Prato, dove dal giugno 2011 ha aperto il suo studio “InCuboAzione”. Situazione di confine che ha caratterizzato il suo percorso nei materiali e nei temi, attuando una ricerca al limite tra le discipline delle arti visive. Il confine è un protagonista costante mediante l’utilizzo del velo d’organza, non un mero supporto, ma un determinante mezzo espressivo che concorre nel significato dell’opera. Il velo d’organza è una membrana osmotica che mette in comunicazione le varie parti; donando al tempo stesso un’identità sempre diversa, attraverso le immagini che su di esso sono realizzate. Un velo che impone uno slancio agli osservatori che vogliono scoprire cosa vi si cela dietro. Dal 2001 partecipa a mostre personali, collettive e concorsi. Nel 2006 consegue la laurea, con tesi dal titolo “L’Arte & L’Abito” e nel 2013 la specializzazione in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi, con tesi dal titolo “Videoinstallazioni tra Corpo-Spazio- Tempo”. Dal 2015 ha partecipato alle residenze d’artista a Mola di Bari promossa dalla Fondazione Pino Pascali, a Cosenza per The BoCs, a Vis à Vis Fuoriluogo 19 Castelbottaccio (CB) e a V_Air Vimercate (MB).

Dettagli

Inizio:
domenica 24 Settembre 2017
Fine:
domenica 22 Ottobre 2017
Categoria Evento:

Luogo

HEART – SPAZIO VIVO
Via Daniele Manin, 2
Vimercate, Monza Brianza 20871 Italia
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