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Forme uniche nella continuità dello spazio – Mostra collettiva
sabato 19 Gennaio 2019 - sabato 16 Marzo 2019
sede: Rizzuto Gallery (Palermo).
cura: Luigi Presicce.
Il titolo della mostra si ispira a quello della celebre scultura di Umberto Boccioni, l’artista futurista che volle fortemente mutare il concetto tradizionale di scultura statica a vantaggio di una scultura capace di rappresentare il dinamismo nell’arte.
“Il progetto mira a creare un percorso pittorico attraverso la figura o gli oggetti che a essa fanno riferimento.
In termini semantici il titolo dell’opera di Boccioni allude a una serie di movimenti, più che di forme, che si susseguono nello spazio o nello sfondo se vogliamo parlare di spazio pittorico.
Qui lo spazio può essere inteso anche come contesto, l’ambiente nel quale ci relazioniamo, quello dal quale ne traiamo ispirazione o semplicemente quello in cui siamo collocati e costretti a “essere” nello spazio”.
(Luigi Presicce)
In mostra 11 artisti: Thomas Berra (Desio (MB), 1986. Vive e lavora a Milano e Chicago), Maurizio Bongiovanni (Tettnang, Germania, 1979. Vive e lavora tra Milano e Londra), Giovanni Copelli (Correggio, 1989. Vive e lavora a Reggio Emilia), Gianluca Di Pasquale (Roma, 1971. Vive e lavora a Milano), Pesce Khete (Roma, 1980. Vive e lavora a Roma e Zurigo), Valerio Nicolai (Gorizia, 1988. Vive e lavora a Venezia), Aryan Ozmaei (Tehran (IR), 1976. Vive e lavora a Firenze), Vera Portatadino (Varese, 1984. Vive e lavora a Milano), Luigi Presicce (Lecce, 1976. Vive e lavora a Milano), Andrea Salvino (Roma, 1969. Vive e lavora a Berlino), Davide Serpetti (L’Aquila, 1990. Vive e lavora tra Milano e L’Aquila).
Thomas Berra (Desio (MB), 1986. Vive e lavora a Milano e Chicago)
Nei lavori di Berra è spesso evidente la necessità di raccontare l’immaginario, il sognato, il reale e il vivo. L’artista negli ultimi anni ha sviluppato varie tematiche sotto forme finali diverse, con quel leitmotiv del suo timbro pittorico, veloce e sintetico. Carte, cartoline, disegni, tele grandi, piccole e medie, a delineare forme e temi che non lasciano dubbi: sono idee, sono visioni, sono sogni, sono paure, sono segreti. Nella produzione più recente è possibile notare una dichiarata ossessione verso il colore, nello specifico il verde, insieme a una rinnovata attenzione nei confronti dell’elemento vegetale. L’artista sembra essere spinto da un desiderio di essenzialità delle forme e dalle infinite sfumature e tonalità del verde, a cui viene lasciato un ruolo di strumento “immersivo” dello sguardo verso ambientazioni atemporali e oniriche. Attento studioso della tradizione quanto della contemporaneità, Berra attinge a un vasto abecedario di suggestioni. Molteplici sono, infatti, i riferimenti alla storia dell’arte, alla filosofia e alla letteratura, fattore riconoscibile sia dai titoli scelti, che nella composizione stessa delle opere.
Maurizio Bongiovanni (Tettnang, Germania, 1979. Vive e lavora tra Milano e Londra)
Attraverso la pittura cerca di esplorare l’erotismo nella società dei consumi. Ogni suo dipinto rappresenta per l’artista un desiderio erotico di possesso, che subito svanisce una volta realizzato. Un appagamento effimero come di un orgasmo. Proprio come i beni di consumo che fanno accendere il desiderio di possesso, per poi riaccendersi nei confronti di un nuovo prodotto, e così all’infinito. Elementi cari alla sua pratica pittorica sono: il sesso, l’amore e l’erotismo. Il tema del sesso gli permette di realizzare dipinti incentrati sulla sfera animale, di cui l’essere umano possiede una grande presenza. Invece attraverso l’amore indaga questo sentimento in relazione alla cultura contemporanea come una difficile impresa, mentre il tema dell’erotismo, viene sviluppato come proclamazione fine a stessa. A Bongiovanni piace pensare ad una pittura frammentata come un iper-testo pieno di link e rimandi, dove ogni singolo dettaglio è un biglietto per un viaggio.
Giovanni Copelli (Correggio, 1989. Vive e lavora a Reggio Emilia)
Giovanni Copelli crea dipinti e sculture partendo da un complesso vocabolario di “immagini affascinanti” di diverse provenienze, nel tentativo di mappare i percorsi che le collegano e che ne stabiliscono i significati. Nelle sue opere sono riconoscibili temi e personaggi derivanti dal mito e dall’archeologia, dalla tradizione artistica e dalla cultura popolare. Copelli si interessa al ricorrere di temi e motivi che hanno trovato espressione in diversi luoghi ed epoche, e utilizza la sua ricerca per ricostruire un’identità culturale collettiva, avvicinando diversi materiali secondo un criterio di somiglianza e libera associazione. Ha conseguito un master in Teoria dell’Arte Contemporanea alla Goldsmiths University di Londra nel 2015.
Gianluca Di Pasquale (Roma, 1971. Vive e lavora a Milano)
Le tematiche del suo lavoro sono state diverse nel corso degli anni; Per un lungo periodo e tuttora si è occupato del vuoto in quanto contenitore del tutto, tipici di questo periodo sono una serie di lavori bianchi dove affiorano figure sospese nel vuoto. Un’altra caratteristica del lavoro è la ricerca dell’equilibrio che nasce dall’osservazione della natura e della sua incessante ricerca di equilibrio. Negli ultimi anni si è interessato anche agli archetipi e alla comunicazione inconscia che esercitano su di noi, di cui fanno parte i due lavori in mostra.
Pesce Khete (Roma, 1980. Vive e lavora a Roma e Zurigo)
Forse con la sola costante dell’uso della carta, nel corso degli anni Pesce Khete ha vagato con determinazione tra gli angoli dati dal medium della pittura. A ben vedere, forse sarebbe più appropriato allargare l’orizzonte e parlare più in generale di disegno, effettivo campo d’azione dell’artista. Figure, astrazioni, paesaggi in serie, sperimentazioni sugli oli liquidi e sui materiali, non sono state altro che pretesti per sondarne i limiti. La carta appunto, gli ha permesso di partire ogni volta senza un’idea o un formato precostituiti e, con l’uso dello scotch, ad un primo lembo di carta dipinto se ne poteva sempre aggiungere conseguentemente un altro, in una costruzione necessaria del supporto, nel pieno del fare e del ragionamento. Controllo razionale, istintività, fiducia, censura, pieni e vuoti, con la costante che ogni tratto che si distingua dal colore neutro della carta è il frutto di un conflitto e di un esame superato, o per lo meno schivato. Diplomato in “Animazione Multimediale” presso lo IED Istituto Europeo di Design di Roma.
Valerio Nicolai (Gorizia, 1988. Vive e lavora a Venezia)
Nel suo lavoro Valerio Nicolai trova degli indizi e li elabora per dar vita a nuovi sensi a lui sconosciuti, che rimandano alla ricerca di altre logiche. Il lavoro si dipana come un rebus di immagini che svelano segreti celati all’interno dell’opera. Sono simboli sconosciuti – anche per l’artista stesso, che vivono quasi di vita propria: si scoprono, raccontano storie, lasciando sentire e percepire soltanto la loro presenza, negando in gran parte la relazione con chi li osserva. “Sento il dovere di dare spazio a questi dialoghi che esistono specularmente dentro di me e all’interno dell’opera”. Nel 2012 ha conseguito il Diploma di specializzazione in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e l’anno successivo ha ricevuto una borsa di studio presso la Fondazione Bevilacqua La Masa.
Aryan Ozmae (Tehran, 1976. Vive e lavora a Firenze)
L’artista iraniana vede la tela come un palcoscenico dove qualcosa accade e in qualche modo lei lo narra. La sua pittura è la ricerca di come raccontare quello che accade nella sua mente, nel suo cuore e davanti ai suoi occhi, trovando un equilibrio. Dipingere è questa ricerca, attraverso colori e forme, composizione e texture: a volte più importante del soggetto è il percorso dall’idea alla sua realizzazione. L’artista cerca di definire il meno possibile il lavoro, per non perdere la libertà di fare e godere il momento di dipingere. Come nella sua vita, dove cerca di perdersi tra i confini delle sue storie e dei suoi paesi. Laureata al biennio specialistico dell’Accademia di Belle Arti, che segue la laurea presa alla Azad Art and Architecture University di Tehran.
Vera Portatadino (Varese, 1984. Vive e lavora a Milano)
La ricerca di Vera Portatadino si sviluppa a partire dall’esperienza quotidiana di precarietà, trasformazione e contraddizione. Attraverso la lenta e tangibile pratica pittorica, l’artista indaga per contrasto il ruolo di natura e contemplazione, in una società che accelera rapidamente verso il virtuale. Affascinata dalle possibilità offerte dalla tecnologia e dalle tangenti che si snodano tra arte e scienza, esplora soggetti che confondono i confini tra macro e microcosmo, per ripensare da diverse prospettive le peculiarità della vita umana e della natura sulla Terra. La natura mi ha sempre interessato perché credo sia la verità, l’essenza dell’esistenza, da contemplare. Essa rende evidente la contraddizione tra la bellezza e la drammaticità di cui siamo partecipi come essere umani. Allo stesso tempo ci pone in rapporto con il cosmo e con ciò che sfugge al nostro controllo. Colleziona elementi botanici e naturali, reliquie organiche e a volte inorganiche, raccolte durante le camminate giornaliere e scoperte ai margini delle strade, dei boschi o, ancora, avanzi di vita sparsi sui marciapiedi. Meticolosamente li raccoglie e li porta in studio per conservarli e osservarli, quasi come fosse una pratica scientifica. Li dipinge dal vero e usa la tela come se fosse un vetrino, su cui ingrandire, attraverso il pennello, la concretezza delle cose che esistono. Delle cose che restano. La sua opera ha a che fare con il tempo, come spesso testimoniano i titoli. Con la pittura cerca di tenere insieme passato, presente, futuro. Dopo essersi diplomata alla NABA di Milano, nel 2009 ha conseguito un Master in Fine Art al Chelsea College of Art and Design di Londra. Nel 2014 ha fondato Yellow, un progetto di ricerca incentrato sulla pittura contemporanea.
Luigi Presicce (Porto Cesareo, Lecce, 1976. Vive e lavora a Milano)
Formatosi nell’ambito della pittura, ormai da anni sintetizza i risultati dei propri studi nel linguaggio della performance, mettendo in scena tableaux vivant dal carattere metafisico surreale, ricchi di allegorie e allusioni simboliche all’esoterismo, alla religione e alle tradizioni della sua terra, il Salento. Il dato performativo convive in perfetto equilibrio con quello rituale e con la consistente stratificazione di rimandi culturali alla storia dell’arte e a personaggi e avvenimenti della storia recente. Abiti, maschere cieche piramidali, maschere mortuarie d’oro, divise sacerdotali e massoniche, oggetti apotropaici contribuiscono a creare una tensione misteriosa e sacrale nell’opera di Presicce. Lavori dove la forza simbolica dell’immagine è molto intensa e l’impianto costruttivo dichiara la propria matrice pittorica. L’universo visivo a cui i molteplici riferimenti presenti nelle sue opere si rifanno affonda spesso le radici nell’arte italiana del Trecento e del Quattrocento, dalle Storie della Vera Croce di Piero Della Francesca e di Agnolo Gaddi agli affreschi del convento di San Marco del Beato Angelico, dalla Cappella degli Scrovegni di Giotto alle Storie di San Silvestro di Maso Di Banco, ma non solo, si arricchisce infatti di echi provenienti dall’iconografia popolare, da memorie collettive e personali legate a tradizioni e credenze antiche. Tutto il lavoro di Luigi Presicce, sottratto all’oblio del tempo, rimette in gioco un patrimonio di segni e concetti ancora presenti tra le risorse della nostra immaginazione, un’eredità che compone un linguaggio comune, di cui l’artista si sente tramite e che ci viene offerto rinnovato attraverso il linguaggio contemporaneo.
Andrea Salvino (Roma, 1969. Vive e lavora a Berlino)
La ricerca artistica di Salvino è strettamente connessa alla storia e trae ispirazione dall’iconografia politica, sociale e cinematografica del ‘900 Italiano ed Europeo fino ai nostri giorni. Il suo lavoro può essere inteso come una pagina di storia non ufficiale scritta per immagini attraverso aneddoti e dettagli tratti da documenti figurativi. I soggetti che Salvino fa vivere nelle carte disegnate e nelle tele dipinte sono fotogrammi storici individuati tra fotografie, vecchie cartoline, libri, pellicole o stampe e selezionati poiché motivi iconografici particolarmente significativi e capaci di descrivere l’epoca dalla quale derivano e la cultura di riferimento. Le vicende politiche, la guerra, la pronografia, l’erotismo, il costume e il cinema si susseguono nei disegni di Salvino come se fossero dei frammenti di una realtà passata in grado di fornire e restituire all’osservatore un “pezzo” di identità. Infatti Salvino, senza aver la pretesa di prendere posizioni politiche o ideologiche, svela con le sue opere l’importanza e il potere delle immagini quali elementi che inducono a ricordare, a evocare un fatto storico o altro. E infine, a riconoscere un mondo di appartenenze che va oltre ogni tabù. I soggetti sono trattati dall’artista con familiarità quasi ossessiva, attraverso un tratto veloce e marcato capace di trasmettere vigore e di nutrire l’immaginario dell’osservatore.
Davide Serpetti (L’Aquila, 1990. Vive e lavora tra Milano e L’Aquila)
La sua ricerca artistica si basa su tre elementi tra cui le sue opere oscillano in diversi livelli di intensità: l’eroe, la scultura e la bestia. Ogni opera è come un racconto in cui l’eroe sconfigge la bestia per raggiungere il suo successo personale. Per Carl G. Jung la libertà si raggiunge solo con la comprensione che sconfiggere l’ombra è inutile senza servirsene. Nella maggior parte dei suoi dipinti questi tre elementi esistono come chimere, intese sia come qualcosa composto da parti diverse, o anche percepito come immagini selvaggiamente fantasiose, non plausibili, o abbaglianti. Per l’artista l’importanza delle piattaforme di condivisione delle immagini gioca un ruolo importante nella sua ricerca, in quanto lavora per descrivere il contrasto tra forme fisiche uniche che sembrano essere svalutate nella società moderna e immagini condivise di massa che riescono a modellare la bellezza dominante. Le opere presentate fanno parte del progetto iniziato con “Clash of Jam (Samurai con frecce rosa)” dove combina volti di personaggi famosi con corpi di samurai raffigurati da Utagawa Kuniyoshi. Oltre a questo ci sono oggetti dipinti (frutta, piccole sculture, mandala, frecce… ) che hanno lo scopo di creare un bizzarro senso del caos. Eroi contro i loro demoni nel mezzo di una realtà ostile. In particolare ha focalizzato l’attenzione su un’icona pubblica, un eroe contemporaneo come Leonardo Di Caprio, guardato da come un dio greco, e di conseguenza ritraendolo come i maestri del passato erano soliti farlo. In molte occasioni ha dimostrato la sua versatilità nel trasformarsi in una “bestia”, nella maggior parte dei suoi ruoli drammatici. Diventata una vera ossessione, l’artista ha dipinto oltre 40 Leonardo Di Caprio, e il lavoro che presenta, “Clash of Jam (Samurai with pink arrows)” è l’ultimo con cui si chiude il progetto.