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Hodler – Segantini – Giacometti. Capolavori della Fondazione Gottfried Keller

domenica 24 Marzo 2019 - domenica 28 Luglio 2019

Hodler - Segantini - Giacometti. Capolavori della Fondazione Gottfried Keller

sede: MASI – Museo d’arte della Svizzera italiana (Lugano).
cura: Tobia Bezzola.

In collaborazione con il Museo nazionale svizzero di Zurigo e l’Ufficio federale della cultura, il MASI riunisce dopo oltre 60 anni i principali capolavori della collezione d’arte della Fondazione Gottfried Keller, normalmente dislocati nei musei svizzeri.

Il percorso espositivo ripercorre le tappe salienti della storia dell’arte svizzera degli ultimi due secoli, con opere di Ferdinand Hodler, Alberto Giacometti e il maestoso Trittico delle Alpi di Giovanni Segantini.
Quest’ultimo, ceduto in prestito una sola volta negli ultimi cent’anni, rimarra` in seguito al centro di uno allestimento dedicato.

Ferdinand Hodler (Berna, 14 marzo 1853 – Ginevra, 19 maggio 1918) è stato un pittore svizzero.
Ferdinand Hodler nacque a Berna il 14 marzo 1853. Nel 1871 si trasferì a Ginevra, dove fino al 1876 fu allievo del pittore Bathélemy Menn. In questi anni restò favorevolmente colpito dall’impressionismo e da alcuni grandi maestri del passato, in particolare da Albrecht Dürer.
Nel 1878 e nel 1879 viaggiò per la Spagna, dove poté ammirare da vicino le opere di Diego Velázquez. Negli anni successivi cominciò a tenere mostre personali in alcuni importanti circoli culturali svizzeri. I soggetti preferiti delle sue prime opere sono i paesaggi ed i ritratti, trattati con realismo vigoroso, accentuato dal colore puro e luminoso. Col passare degli anni il suo stile si evolve per creare grandi composizioni storiche e decorative, dal tratto forte ed espressivo con colori sempre più ricchi; in questo si sente l’influenza di diversi generi, tra cui il simbolismo e l’art nouveau. Sono presenti raggruppamenti di figure interiorizzate e organizzate simmetricamente in posizioni che danno l’idea di un rituale o di una danza; questo metodo fu da lui definito Parallelismo, per dare l’idea della ripetizione delle forme e dei colori. Tuttavia, le opere che ottennero più successo furono quelle che ritraggono persone comuni riprese nella vita di tutti i giorni, che danno un’immagine simbolica del lavoro e della fatica fisica.
Nel 1900 Hodler diventò un membro della Secessione viennese e della Secessione di Berlino; nel 1904 anche della Secessione di Monaco. Le opere di questi anni sono sempre più simboliche, piene di un umanesimo idealizzato che non rifiuta totalmente il realismo. Con il passare degli anni, al simbolismo coloristico si affianca un abbozzo di espressionismo realizzato attraverso figure geometriche dai colori forti e netti: in effetti, sull’espressionismo tedesco la pittura di Hodler esercitò un notevole influsso. I soggetti preferiti continuano ad essere i ritratti ed i paesaggi alpini, ora ridotti ai minimi termini, come una specie di cuneo di terra fra acqua e cielo.
Queste opere non sempre vennero giudicate in modo positivo dalla critica del tempo, tanto che molti musei e gallerie si rifiutarono di esporle. Nonostante ciò, quelle gallerie che tennero sue mostre personali ottennero grandi successi, tanto che Hodler cominciò a ricevere onori, diventando uno dei pittori più importanti in Europa.
Durante la prima guerra mondiale Hodler condannò i bombardamenti effettuati dall’artiglieria tedesca contro la Cattedrale di Reims: come rappresaglia, i musei d’arte tedeschi esclusero le sue opere. Nel 1915 la morte della sua amante, Valentine Godé-Darel, lo sconvolse notevolmente; da quest’esperienza traumatica creò una serie notevole di pitture che ne documentano la lenta ma inesorabile fine.
Ferdinand Hodler morì il 19 maggio 1918 a Ginevra, lasciando incompiute un discreto numero di opere che ritraggono la città.

Giovanni Segantini (Arco, 15 gennaio 1858 – monte Schafberg, 28 settembre 1899) è stato un pittore italiano, tra i massimi esponenti del divisionismo.Francesco Filippini a testimonianza di amicizia gli dedicò il dipinto “Impressione sulla laguna”.
Giovanni Segantini e l’Engadina. Il nome e la fama di Giovanni Segantini si sono legati indissolubilmente all’Engadina, non solo perché la valle svizzera lo ospitò nei suoi ultimi anni e più volte il pittore ne ritrasse i panorami alpini nelle sue opere, ma anche perché in Engadina si sono conservati i più importanti segni della presenza e dell’arte del pittore, visitabili dal pubblico.
A Maloja, il villaggio alpino che lo ospitò dal 1894 fino alla morte, i luoghi che il pittore frequentava, verso i quali passeggiava e nei quali traeva l’ispirazione per le sue opere sono oggi uniti da un percorso commemorativo in 12 tappe, il “Segantini Weg”: percorrendolo (è una semplice escursione di circa 2 ore), si può visitare il cosiddetto Atelier, riproduzione in legno e in scala ridotta di quello che doveva essere il padiglione engadinese all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, nonché il piccolo cimitero nel quale il pittore venne sepolto.
St. Moritz, il centro più importante dell’Engadina, ospita invece il Segantini Museum, a tutt’oggi la più grande raccolta di opere del pittore italiano. Venne creato per dare una degna collocazione al grandioso Trittico delle Alpi, al quale poi si aggiunsero varie opere e molti disegni preparatori; progettato dall’architetto Nicholaus Hartmann (1880–1956), fu inaugurato nel 1908. In occasione del decennale della morte di Segantini, il museo è stato ristrutturato e ampliato, sia negli ambienti espositivi, che nella collezione: esso custodisce 55 tele e opere su carta, insieme con molti disegni e bozzetti a matita, pastello e carboncino. Nel percorso espositivo è documentata l’intera evoluzione artistica di Segantini: tra le altre opere esposte, al periodo pre-divisionista risalgono le tele La vacca nella stalla del 1882, La benedizione delle pecore del 1884 e La tosatura delle pecore del 1886-1887; l’adesione al divisionismo è documentata da Il capriolo morto del 1892 e La raccolta del fieno del 1889-1898; il momento centrale della visita è offerto dalla grande sala, sormontata dalla cupola centrale del museo, che ospita il Trittico delle Alpi, insieme con l’intera sequenza dei bozzetti preparatori.
Sullo Schafberg, il monte sopra Pontresina ove Segantini morì e dal quale si domina l’intera alta Engadina, è stato intitolato al pittore il rifugio alpino Chamanna Segantini.

Alberto Giacometti nacque a Borgonovo di Stampa, nel Canton Grigioni (Svizzera), il 10 ottobre 1901 da Giovanni Giacometti, un pittore post-impressionista svizzero, e da Annetta Stampa, svizzera discendente di rifugiati protestanti italiani. Giacometti cominciò a disegnare, a dipingere e a scolpire assai giovane. Tra l’altro fece spesso dei ritratti di suo cugino Zaccaria Giacometti, poi noto professore di diritto pubblico all’Università di Zurigo che visse con lui come «fratello maggiore».
Dopo aver frequentato la Scuola di arti e di mestieri di Ginevra, nel 1919, si iscrisse a Parigi ai corsi di scultura di Émile-Antoine Bourdelle, all’Accademia della Grande Chaumière nel 1922. Disparate esperienze culturali orientarono in direzioni diverse la sua operatività di questi anni. Lo testimoniano i suoi disegni, caratterizzati dalla frantumazione cubista, analitica, di ogni dettaglio, e sculture. Ne sono esempi Torso del 1925, e Donna cucchiaio (al Kunsthaus di Zurigo) che, sulla base di un lavoro di memoria, intendono portare alla luce l’essenza concettuale delle cose.
Nel 1928 Giacometti entrò a far parte del gruppo surrealista (con cui ruppe nel 1935, pur partecipando alle mostre fino al 1938). In questo periodo, sul lavoro a memoria prevalgono l’immaginazione e, spesso, l’inconscio, che conducono Giacometti alla creazione di sculture assai importanti per l’idea surrealista di oggetto a funzionamento simbolico: Uomo e donna, (Parigi), e Boule pendu (Sfera sospesa, del 1930, Kunsthaus di Zurigo): una forma sferica oscillante che sfiora una mezza luna allungata dentro un’ingabbiatura di ferro, introduce il problema dello spazio e della sua delimitazione, che da allora si precisa come una costante della ricerca estetica di Giacometti.
Nelle sculture dei primi anni trenta ricorrono alcuni elementi che ne costituiscono la chiave interpretativa: allusioni a parti anatomiche e organi sessuali, posti in dialettico rapporto con le strutture lineari e geometriche entro cui sono inseriti (Gabbia, del 1931, Stoccolma, Moderna Museet; Palazzo alle 4 del mattino, Museum of Modern Art di New York). Il ricorso alla Gabbia pone l’idea della scultura come costruzione trasparente, corrispondente plastico dello spazio illusionistico della pittura. La stessa tematica e gli stessi elementi chiave compaiono nei disegni di Oggetti mobili e muti del 1931, forme inquietanti in quanto difficilmente identificabili, come scrive lo stesso Giacometti. La sua opera degli anni successivi tende a chiudere la parentesi surrealista.
L’oggetto invisibile rappresenta un punto di riferimento: il parallelepipedo su cui poggia la donna e l’incastellatura alle sue spalle prefigurano la strutturazione di molte sue opere pittoriche successive, nelle quali ricompare la stessa delimitazione dello spazio a inquadrare le immagini. Nel decennio lavora appartato occupandosi ancora prevalentemente di scultura.
Il suo interesse si sposta dal mito e dal sogno all’osservazione diretta della realtà, che si accompagna a una più consapevole preoccupazione per i materiali e le tecniche e implica una notevole trasformazione stilistica che lo conduce ad una sorta di naturismo schematico (Le mele sul buffet, 1937, Museum of Modern Art di New York).
Dal 1947 riprende a dipingere e disegnare intensamente, continuando a lavorare dal vero. I temi preferiti, pochi e di continuo rivisitati, sono i familiari (la madre e il fratello Diego), gli oggetti che lo circondano, paesaggi visti e vissuti. Le figure sono fisse, immobili rigidamente frontali: la cornice che Giacometti costruisce attorno ad esse ha la funzione di allontanarle isolandole dallo spazio, creando attorno ad esse vuoto.
È vicino alle problematiche esistenzialistiche; non a caso della sua pittura è stato interprete attento Sartre, che ne ha colto i riferimenti all’inaccessibilità degli oggetti e delle distanze esistenti tra gli uomini. Lo strumento stilistico scelto per tradurre in immagini le apparenze della realtà visibile è, in pittura, un segno che si infittisce e si dirada per esprimere la trama di relazioni degli oggetti fra loro e con loro nello spazio circostante, mentre in scultura grumi di materia apparentemente informi si coagulano lungo fondamentali linee di forza. Su quanto la scultura etrusca (es. Ombra della sera, Museo Etrusco Guarnacci, Volterra) abbia influenzato l’opera di Giacometti, fu allestita la mostra Giacometti et les Etrusques (Pinacotheque de Paris, Parigi , 16 settembre 2011 – 8 gennaio 2012).
L’effigie dell’artista ed alcune sue opere sono rappresentate nella banconota elvetica di 100 franchi.

Ferdinand Hodler. (5 agosto 2018). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 17 dicembre 2018, 10:48 da //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Ferdinand_Hodler&oldid=98962404.

Giovanni Segantini. (11 novembre 2018). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 17 dicembre 2018, 10:33 da//it.wikipedia.org/w/index.php?title=Giovanni_Segantini&oldid=100934072.

Alberto Giacometti. (20 ottobre 2018). Wikipedia, L’enciclopedia libera. Tratto il 17 dicembre 2018, 10:46 da //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Alberto_Giacometti&oldid=100454862.

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