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La finestra sul cortile. Scorci di collezioni private

mercoledì 23 Novembre 2016 - domenica 26 Febbraio 2017

sede: GAM – Galleria d’Arte Moderna (Milano);
a cura di: Luca Massimo Barbero.

Il percorso espositivo si snoda all’interno della GAM per indagare il tema del collezionismo privato attraverso un dialogo inedito fra gli spazi neoclassici della Villa, i suoi capolavori, espressione di quel collezionismo illuminato milanese e lombardo che nel tempo ha arricchito il patrimonio museale civico con importanti lasciti e donazioni, e le opere provenienti da due prestigiose raccolte italiane, la Collezione Panza e la Collezione Berlingieri.
Richiamando la celebre pellicola di Hitchcock, da cui prende il titolo, l’esposizione riunisce episodi apparentemente frammentati in un unico grande racconto, definito e circoscritto dalla selezione curatoriale, che delimita il “campo visivo” del visitatore come la finestra del film delimita quello del protagonista, il quale costruisce la sua personale storia osservando i vicini di casa.
Sui tre piani della Galleria trovano spazio accostamenti inediti tra il patrimonio artistico del Museo, che include alcuni dei maggiori protagonisti dell’Ottocento e del Novecento, e opere di artisti contemporanei da Christo, Dan Flavin, Joseph Kosuth, Richard Long, Julia Mangold, Cady Noland, Giulio Paolini, Richard Serra, Rudolf Stingel a Giovanni Fattori, Francesco Hayez, Edouard Manet, Giorgio Morandi, per citarne alcuni.

Procedendo per inquadrature, il percorso espositivo si articola sui tre piani della Galleria con incursioni diffuse, come in una sottile “caccia all’opera”, che invita il visitatore a una rilettura “ad episodi” delle raccolte del Museo e delle opere delle collezioni private.
All’interno del percorso, costruito come una sorta di “carrellata cinematografica” attraverso gli ambienti del Museo, si alternano momenti nei quali le inquadrature si susseguono a ritmo serrato, ad altri in cui diventano più rarefatte.
Ad aprire l’esposizione, invitando lo spettatore a intraprendere il viaggio attraverso le sale, è all’ingresso della GAM al pian terreno, Wrapped Carriage, la carrozza realizzata appositamente per i collezionisti da Christo nel 1971.
Il percorso prende idealmente avvio con una serie di rimandi al mondo del cinema: la prima stanza è un omaggio al silenzio e al buio, elementi imprescindibili della sala cinematografica, espressi attraverso opere di Joseph Kosuth, Max Cole ed Enzo Cucchi messe in dialogo con lavori della Galleria d’Arte Moderna tra cui un notturno di Alberto Martini del quale il curatore sottolinea la narrazione dipinta sulla cornice.
Proseguendo, le opere di Lawrence Weiner accolgono lo spettatore come fossero titoli di testa, proiettati in questo caso non su uno schermo, ma sulle pareti di un museo.
Ancora il buio è protagonista nell’ambiente suggestivo creato dall’installazione Palle di Maurizio Mochetti (1988) che coinvolge una delle sale neoclassiche nella sua interezza.
Negli ambienti successivi il rimando al mondo del cinema è spesso reso evidente dalla presenza di “spettatori”, opere figurative che vengono accostate in modo inedito ad opere astratte, a rappresentare osservatori silenti.
La Figura di donna di Paolo Troubetzkoy (1890), ammira silenziosa capolavori all’apparenza così lontani da lei, i dipinti monocromi di David Simpson ed Ettore Spalletti della Collezione Panza.
La scultura, figurativa e materica per eccellenza, dialoga con il suo esatto contrario, l’astrazione bidimensionale.
Allo stesso modo Hayez, con il suo Autoritratto non finito, e l’inquietante figura ritratta da Jake & Dinos Chapman in One Day You Will No Longer Be Loved – X, (2008) sono messe in relazione con opere quasi completamente monocrome ma dalla dimensione inquietante di Richard Serra e Piotr Uklansky.
Nell’ultima sala la figura umana si fa una presenza più rilevante, con dipinti della Collezione Berlingieri e della GAM, e con il video Monster di Douglas Gordon.
Si tratta di un’umanità intensa, a tratti spaventosa, come nel ritratto dei Chapman, sempre posta in dialogo con l’astrazione, rappresentata in questo caso da un’unica opera di Phil Sims che, per contrasto, reagisce a una gigantesca parete che raccoglie, come in un multi testo, gli sguardi provenienti da una quadreria di opere ottocentesche della Collezione della GAM.
Al piano nobile gli accostamenti tra opere di collezioni private e opere della Galleria d’Arte Moderna si fanno più radi, svelandosi a poco a poco attraverso contrasti che alternano minimalismo e simbolismo, rigore e morbidezza.
Il percorso inizia fin dallo scalone, dove la presenza “intrusa” del contemporaneo si adatta in modo mimetico all’involucro neoclassico: le opere di Dan Flavin si inseriscono sulle pareti come fossero state progettate appositamente per lo spazio.
La Saffo di Giulio Paolini (1968) trova una naturale collocazione accanto alle sculture di Giacomo Spalla e di Rudolph Schadow, mentre la Venere di Pompeo Marchesi (1855) resta abbagliata dal blu acceso dell’opera di Mahoney, con un riferimento ironico ai lavori di Jeff Koons.
Il rigore della tela di Brice Marden crea invece un contrasto netto con l’ambiente neoclassico, pur rimanendo in armonia con esso.
Lo stesso accade per Valle Pellice Stone Circle (1989), la monumentale opera di Richard Long, anch’essa collocata nei meravigliosi ambienti al primo piano.
Il secondo piano, dove l’allestimento progettato da Ignazio Gardella e restaurato grazie a UBS nel 2014 connota fortemente gli spazi, è scandito da “interventi” curatoriali di carattere molto diverso: si passa da confronti tra dipinti ottocenteschi e opere contemporanee a dialoghi fra opere italiane degli anni ’40 e lavori molto recenti.
La ricerca si sviluppa attraverso contrasti e assonanze che vanno da accostamenti, dal forte impatto ma mai provocatori – come quello tra Il signor Arnaud a cavallo di Edouard Manet (1875) e Black Damask di Rudolf Stingel (2007) – a contrapposizioni che sottolineano eleganti contrasti – come quello tra la staticità di Milky Way di Carl Andre (1985) e la vitalità del movimento dell’Americana di Giovanni Boldini (1903).
Il XX secolo custodito al secondo piano della Galleria d’Arte Moderna, con i suoi Morandi, i suoi Fattori e De Nittis, Cézanne e Van Gogh incontra la contemporaneità dando l’opportunità al visitatore di rileggere e reinterpretare il percorso museale in modo inedito e personale, facendo riscoprire alcuni autori, quali ad esempio il pittore Felice Carena, o creando letteralmente una sorta di “inciampo”, come con la grande installazione di Andrea Zittel.
Lungo tutto il tragitto, nello spazio dei tre piani, emergono a più riprese inquadrature di scene, riletture e scorci, così come contrasti tra luce/buio, interno/esterno, contenitore/contenuto, movimento/staticità.
Elementi ripresi e affrontati anche da Adaptation, l’opera dell’artista americano Arthur Duff (1973), appositamente ideata per la Galleria d’Arte Moderna di Milano e ispirata al copione de La finestra sul cortile.
Il lavoro coinvolge gli spazi esterni della Villa, il cortile e la facciata, attraverso proiezioni laser che animeranno il museo nelle ore serali dal mese di novembre fino alla primavera 2017.
L’obiettivo è lasciare che il volume del cortile diventi un contenitore indipendente, senza tuttavia essere separato dal suo contesto: il museo, la comunità, la città, lo spettatore.
L’effetto che si otterrà sarà molto simile a quello che John Belton descriveva per la Finestra sul cortile, definendolo “una storia sullo spettacolo; che esplora il fascino attraverso l’osservazione e l’attrazione di ciò che è oggetto dell’osservazione”.

Dettagli

Inizio:
mercoledì 23 Novembre 2016
Fine:
domenica 26 Febbraio 2017
Categoria Evento:

Luogo

GAM GALLERIA D’ARTE MODERNA DI MILANO
via Palestro, 16
MIlano, 20121 Italia
+ Google Maps
Phone
02 88445943
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