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Leonardo Pappone. Visioni urbane
sabato 13 Ottobre 2018 - lunedì 31 Dicembre 2018
sede: Museo Archeologico Nazionale di Eboli (Eboli).
cura: Gioia Cativa.
“La città è una stupenda emozione dell’uomo. La città è un’invenzione; anzi: è l’invenzione dell’uomo. (Renzo Piano)
“Le rappresentazioni di città, siano esse simboliche, reali o ideali, hanno trovato sin dall’antichità uno spazio ben definito nelle arti figurative.
Immagini urbane accompagnate da scene di guerra e di conquista, sono già presenti nell’arte delle popolazioni mesopotamiche.
Nelle immagini medievali la rappresentazione della città si arricchisce della cinta muraria ed inizia ad essere vista dall’interno con degli straordinari risultati pittorici, come nell’affresco “Effetti del buongoverno in campagna ed in città” di Ambrogio Lorenzetti.
Continua a sopravvivere, inoltre, soprattutto per scopo celebrativo, la rappresentazione metonimica della città attraverso il monumento isolato o l’accostamento degli edifici più celebrativi.
La tappa successiva è l’immagine della “città ideale” rinascimentale, nella quale spazi urbani e strutture architettoniche diventano razionali fino ad arrivare al XVII secolo, nel quale inizia un processo che porta all’affermazione della veduta urbana, orientata verso gli aspetti essenziali e verso una nostalgia che unisce vecchie rovine alle strutture contemporanee.
Risulta chiaro, andando avanti nei secoli, che il fascinoso tema della città abbia spinto ed ispirato moltissimi artisti e conosciuto una fortuna rappresentativa durante il boom della rivoluzione industriale, rivelando una molteplicità di aspetti e proiezioni.
Ma lo sviluppo della città ha sempre diviso sul lato emozionale.
Non sempre il progredire delle “cities” ha trovato appagamento e soddisfazione in tutti.
Ci sono stati artisti che ne hanno esaltato lo sviluppo urbano, sottolineandone le enormi potenzialità da mega agglomerati urbani, mentre altri ne hanno evidenziato il caotico ammasso umano come un girone infernale 2. 0 che neanche il sommo Dante avrebbe potuto immaginare.
Ora, l’idea di allestire all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Eboli e della Media Valle del Sele, alcuni dipinti dell’artista Leonardo Pappone, in arte Leopapp, a molti potrebbe sembrare un accostamento forzato quando in realtà è un avvicinamento dicotomico capace di creare un filo invisibile che nasce dalla lontana Età del Bronzo per arrivare ai nostri giorni.
Un museo come quello di Eboli raccoglie reperti di civiltà perdute permettendo un’attenta analisi degli usi e costumi dei primi uomini.
Mettere a confronto il lavoro di Pappone, personalmente, risponde ad un’esigenza che nasce dalla necessità di un confronto fra il passato ed il presente.
Questo artista ha creato un proprio sistema codificato attraverso il quale dipinge ed entra in contatto con l’esterno, lavorando in modo totalizzante sulla dimensione segnica.
Rimasto sin da subito colpito dall’arte rupestre e dalla nascita dell’arte urbana o street art, Pappone ha compreso il reale valore allegorico di un insieme di segni che, seppur lontani anni luce dall’arte che siamo soliti conoscere ed apprezzare, ha avuto grande consenso.
Ha creato un codice urbano espressivo che, nel corso degli anni, si è evoluto in discorsi sempre più pittorici pur rimanendo ferma e decisa la natura del segno che connatura la sua produzione.
Dai segni urbani è passato alla rappresentazione urbana che viene presentata in “Visioni Urbane “, una serie che mostra l’interesse per la città futura, in continua espansione e sinonimo di dinamismo e velocità, termini profetici per i futuristi, realtà collaudata oggi.
Pappone costruisce paesaggi metropolitani che sembrano “soli”, lasciati a sé stessi come risucchiati all’interno di un’invisibile cupola in stile Stephen King.
Grattacieli, skyline metropolitani, forme d’acciaio e cemento armato che si ergono svettanti in un moto ascensionale vibrante, vivi e dal tocco impressionista.
I dettagli vengono dati da colpi veloci e decisi, tratti brevi ma ugualmente profondi.
Non esiste alcuna staticità in queste forme verticali ma emerge il dinamismo e il movimento continuo di città che pullulano di persone, che non ci sono ma che si percepiscono in un gioco di luci ed ombre.
Un’umanità invisibile, presente nell’assenza.
Se il colore e il codice urbano hanno caratterizzato la produzione precedente, qui comunque è percepibile un’attenta osservazione della società d’oltreoceano, a quell’americanità che ha influenzato intere generazioni dal dopoguerra.
Tutto è sontuoso, esageratamente spettacolare, enfatizzato dalle megalopoli che, dal modello americano, nascono in paesi dove determinati tessuti urbani, un tempo, sembravano impensabili.
Ora, però, Pappone ritrova nella semplicità del segno un altro modo per comunicare con forza i suoi messaggi.
Al dominio del colore viene alternato un affascinante bianco e nero, dove la dimensione turbolenta delle city sembra trovare una quiescenza, una dimensione più sonnolenta ma ugualmente viva.
Il segno, in questa serie di lavori, diventa un ibrido fra le pennellate impressioniste e le macchie di colore tipiche del dripping e del colorismo americano, così studiate nella loro apparente spontaneità da sembrare lampi di luce, metafora del movimento veloce e continuo nelle strade.
Nella nuova era delle costruzioni e delle nuove città, pertanto, Pappone ha scoperto una poetica che riesce, in modo assolutamente personale, a descrivere nuove realtà urbane, riuscendo a donare un sottile velo malinconico alle moderne colate di cemento e ad imponenti strutture in ferro e acciaio.
La nostalgia, però, nasce dalla consapevolezza che determinate strutture cittadine sono perse per sempre; città a misura d’uomo e soprattutto ad altezza d’uomo sono ormai un ricordo, sostituito da un verticalismo sempre più in ascesa”.
Gioia Cativa
Leonardo Pappone nasce a Montefalcone di Val Fortore, in provincia di Benevento – nel 1958. Al termine degli studi universitari intraprende la carriera dirigenziale negli apparati dello Stato, senza mai tuttavia abiurare all’arte, che si manifesta quale interesse primario extra – professionale. Fin dagli esordi artistici Pappone colloca al centro dei suoi lavori l’uomo con la sua affascinante dimensione segnica; nella ricerca di un proprio linguaggio sarà dunque stimolato dall’urgenza di ripercorrerne le tappe evolutive, dall’arte rupestre al fenomeno dei graffiti statunitensi, ma anche dai murales messicani e dagli intonaci orientali, dando vita a quella raffigurazione allegorica correlata alla matrice di protesta e dissenso dei movimenti di opposizione. Attratto, dunque, dalla Street Art e dalle tematiche dei writers metropolitani, Pappone elabora in arte un suo personale codice espressivo, che lo rende riconoscibile a tutti, sostenuto e incoraggiato dal “sistema mercato” e dalla critica. Si sono occupati della sua produzione numerose personalità del mondo dell’arte, tra cui Lorenzo Canova, Massimo Rossi Ruben, Silvia Valente, Antonietta Campilongo, Gioia Cativa, Peppe Leone, Antonio Petrilli, Mario Lanzione, Nicola Maria Di Iorio, Maurizio Vitiello, Augusto Ozzella, Carmen D’Antonino. Le sue opere figurano in molti legati artistici e collezioni private, anche internazionali.
Inaugurazione:Sabato 13 ottobre 2018 dalle ore 17 alle ore 20