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Luciano Ventrone. La natura è morta la pittura è viva
sabato 13 Maggio 2023 - domenica 16 Luglio 2023
sede: Palazzo Pisani Revedin (Venezia).
cura: Luca Beatrice.
La pittura stupefacente di Luciano Ventrone – per taluni iperrealistica, quasi “metafisica”, più vera del vero – le sue famose nature morte, ma non solo, giungono a Venezia a due anni dalla scomparsa dell’artista romano (1948-2021) in una mostra curata da Luca Beatrice, in programma a Palazzo Pisani Revedin.
“Spesso complicata dall’esercizio dell’anamorfosi più difficile e più spericolata (ma perfettamente svolta e calibrata) la pittura di Luciano Ventrone è una continua scoperta ottica, un incessante recupero della realtà oggettiva, che riemerge dopo l’alluvione di forme astratte, di cerebrali logogrifi, di grumi materici e di scritture gestuali”: scriveva così Federico Zeri dell’artista che aveva attirato la sua attenzione alla fine degli anni Ottanta, e che lo stesso storico dell’arte volle definire “Il Caravaggio del XX secolo”.
Un’intuizione sicuramente illuminante che ha indotto la critica a un confronto tra nature morte di ieri e di oggi e a un’analisi delle affinità tra la pittura del grande seicentesco e le prodezze di Ventrone, ma anche a comprendere gli elementi della modernità e dell’attualità dell’artista e le ragioni ultime della sua arte: la resa particolarissima della luce, la riproduzione virtuosistica dell’oggetto idealizzato, l’analisi quasi microscopica della realtà a cogliere quello che sfugge all’occhio nudo, grazie alla mediazione della fotografia, la ricerca della forma pura e l’esaltazione della tecnica.
Accanto a Zeri, su Ventrone si sono dibattuti, tra gli altri, intellettuali ed esperti come Paolo Portoghesi, Duccio Trombadori, Cesare Biasini Selvaggi, Marco Di Capua, Edward Lucie-Smith, Victoria Noel-Johnson.
Luca Beatrice a Venezia – dove sono esposte 35 tele dell’artista, comprese tre “eccezioni “al genere della natura morta come “Alice”, nudo di donna ritratta di schiena del 2015, e due marine del 2011 e del 2021 – si confronta per la prima volta con la pittura di Ventrone, individuando nel suo approccio e in quello antitetico di Giorgio Morandi le uniche due vie per una resa attuale, contemporanea e innovativa della natura morta.
“Morandi – scrive Luca Beatrice – tiene la tavolozza bassa e spinge la pittura verso il suo grado zero, esile, magra, minimale, quasi il soggetto non esistesse più o quantomeno non gli importasse…Ventrone è, al contrario, il vertice dell’estro, del virtuosismo.
Per mostrare la straordinaria capacità della pittura, Ventrone secondo il curatore “raffredda, anzi congela” il soggetto scelto: “lo viviseziona portandolo sull’orlo del baratro, oltre non c’è più nulla e neppure un’immagine riprodotta tecnicamente può varcare questo limite. Se si chiama morta questa natura un motivo ci sarà – ci invita a riflettere Beatrice – Ventrone prende alla lettera la sfida restituendone un sentimento obitoriale. Non c’è più niente di vivo nel suo quadro, tranne la pittura. La natura è morta, la pittura è viva”.
Non ci può essere sintesi più efficace per esprimere la vitalità intrinseca nella pittura di questo rabdomante del pennello che definiva se stesso “un astrattista alle prese con la realtà”, “un metafisico costretto a misurarsi con la caducità della natura” quasi a intendere che la sua era una lotta contro la decomposizione, contro la morte.