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Noè Bordignon. Dal realismo al simbolismo

sabato 18 Settembre 2021 - domenica 16 Gennaio 2022

Noè Bordignon. Dal realismo al simbolismo

sede: Museo Casa Giorgione, Villa Marini Rubelli (Castelfranco Veneto, San Zenone degli Ezzelini, Treviso).

Noè Bordignon (1841- 1920), frescante e pittore, partecipe narratore delle povere genti e del mondo della campagna veneta nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, nonostante i numerosi riconoscimenti internazionali in vita,
attendeva ancora una piena riscoperta in epoca moderna al pari di quella
che ha interessato altri suoi contemporanei.

Un doveroso riconoscimento che giunge ora per il centenario della morte con la prima mostra monografica a lui dedicata dai due Comuni che segnano l’inizio e la fine della sua vita e della sua carriera: Castelfranco Veneto, dove Bordignon nacque (nella frazione di Salvarosa) e San Zenone degli Ezzelini luogo prediletto, ove l’artista si ritirò definitivamente negli ultimi anni di vita e che custodisce le sue spoglie.

Le celebrazioni – necessariamente rinviate fino ad oggi a causa dell’emergenza sanitaria – intendono dunque porsi innanzitutto come un caposaldo nello studio e nella conoscenza del percorso di un artista, cui si devono comunque opere divenute iconiche per la pittura dell’Ottocento veneto anche tra il vasto pubblico come “La mosca cieca”, “La pappa al fogo” o “Per l’America (i Migranti)”.

Ad accompagnare il percorso espositivo curato da due dei massimi esperti in materia, Fernando Mazzocca ed Elena Catra, e sviluppato cronologicamente e per temi nelle due sedi espositive del Museo Casa Giorgione a Castelfranco Veneto e di Villa Marini Rubelli a San Zenone – con oltre 60 tele dell’artista e alcuni puntuali confronti con i contemporanei Ciardi, Zandomeneghi, Milesi ecc. – ci saranno dunque un importante catalogo-studio, che prevede anche il regesto completo dell’opera pittorica e ad affresco di Bordignon e gli itinerari sul territorio pedemontano e veneto – 11 comuni coinvolti con 21 siti e altri 9 comuni segnalati – vera occasione di scoperta e conoscenza del suo eccellente pennello come frescante e di autentici capolavori diffusi.

Perché l’unicità di Bordignon nel contesto dell’epoca e in un mondo che si andava rapidamente laicizzando, ciò che probabilmente determinò un disinteresse postumo per la sua figura e la mancata valorizzazione in seno alla Biennale di Venezia, che ripetutamente rifiutò sue opere poi premiate in importanti esposizioni in Italia o all’estero, fu proprio il perseguire, accanto a una pittura di genere sensibile alle sperimentazioni più attuali, anche una intensa produzione ad affresco che rivelava il suo profondo radicamento al territorio e alla tradizione “senza tempo” dell’arte sacra.

Il legame con le sue origini – lui figlio di un sarto di campagna che poté studiare all’Accademia di Belle Arti di Venezia solo grazie al sostegno del Comune di Castelfranco e di alcuni privati concittadini – ma anche l’influenza dei suoi principali maestri, Michelangelo Grigoletti e Carl Blaas, e un profondo sentimento cristiano spinsero Bordignon a perpetuare lungo tutta la sua vita e ai massimi livelli la tradizione iconografica del racconto evangelico, realizzando i tanti cicli di affreschi che si conservano nelle chiese del territorio: composizioni di ampio respiro, ricche di figure e di movimento.

Un percorso che poteva sembrare parallelo e distante ma che in realtà era del tutto affine a quello del Bordignon “pittore di scene di vita contemporanea” capace di conciliare l’innovazione formale e il confronto con la “macchia” toscana e la rivoluzione naturalistica degli anni sessanta e settanta – cruciale la mostra a Venezia della Società Promotrice del 1865 – con l’impegno civile e i valori di solidarietà cristiana.

I suggestivi interni delle chiese, le commoventi scene di vita rurale volte al riscatto degli umili e degli “ultimi” sono un riflesso della stessa, profonda religiosità dimostrata come pittore sacro, in perfetta sintonia con la dottrina sociale della Chiesa avviata in quei decenni e ufficializzata nella famosa enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII, nel 1891.

“Il Bordignon che catechizza i contadini veneti, celebrando i fasti della Cristianità nelle volte delle chiese di campagna e il Bordignon che è partecipe dei loro drammi familiari, che sta al fianco di quelli che emigrano, come nel commovente Per l’America del 1887, – scrive Fernando Mazzocca nel catalogo della mostra – sono la stessa persona”.

Agli affreschi realizzati nella Chiesa parrocchiale di San Zenone degli Ezzelini con il monumentale Giudizio Universale del 1879, si affiancano dunque capolavori di grande qualità sperimentale come La Mosca cieca (o La gatta cieca) la cui datazione solo di recente è stata restituita al 1873, anticipata di sei anni rispetto alla tradizione.

Allo stesso modo questa vicinanza spirituale al mondo povero e disagiato delle campagne, visto come depositario di profonda spiritualità e idealizzato per i suoi valori morali, così come il rifiuto di aderire alla Massoneria con le sue posizioni anticlericali, potrebbero essere, secondo i curatori, i veri motivi della resistenza della Biennale nei confronti della sua opera.

La pappa al fogo, che Bordignon considerava il suo capolavoro, venne “barbaramente respinto” – come egli annotò – dal Comitato ordinatore della prima Biennale di Venezia del 1895, quella stessa che “celebrava i fasti della pittura mondana” ponendo al centro dell’attenzione un quadro “scandaloso” come quello di Giacomo Grosso che ritraeva cinque donne nude all’interno di una Chiesa di fronte alla bara di un libertino (“Il Supremo Convegno”), esposto nonostante l’anticipata condanna del Patriarca futuro Papa Pio X.

La mostra celebrativa prende dunque le mosse a Castelfranco, con un’evocativa introduzione dedicata all’universo femminile del pittore e con le prime due sezioni tematiche “La formazione artistica e il pensionamento romano” e “La pittura del vero”, che propongono alcuni dei suoi più noti capolavori. Qui anche una notevole selezione di suoi disegni e studi e – curiosità – il taccuino di appunti visivi del suo viaggio del 1878 a Parigi per l’Esposizione Universale, ove Bordignon vinse una medaglia per l’opera Ragazze che cantano nella valle.

Quindi l’esposizione prosegue a San Zenone, completando la fase pittorica del realismo legato al mondo campestre e soffermandosi su “Il ritratto” e “La svolta simbolista”.
Ci saranno opere esposte per la prima volta in quest’occasione, i dipinti dei familiari gelosamente conservati nella sua abitazione e quei quadri – Inverno, Lieto Ritorno ma anche il bellissimo bozzetto di Matelda – con cui Noè Bordignon, pur legatissimo alla tradizione, si mostra capace di stare al passo con i tempi, di saper rileggere e interpretare le nuove istanze senza venir meno alla sua visione dell’arte: paesaggi dell’anima, atmosfere diluite, veloci tocchi e frantumazione del colore, con attenzione alla resa luministica, per narrare in modo nuovo l’avventura del quotidiano, la fatica delle povere genti.

Infine una sezione collaterale alla mostra sarà dedicata allo stretto rapporto professionale e di amicizia tra Noè Bordignon, i Padri Armeni Mechitaristi e la Congregazione di San Lazzaro degli Armeni, nella cui Abbazia si conservano ancora importanti opere del pittore.
A San Zenone degli Ezzelini un possedimento della Congregazione dal 1896, Villa Albrizzi, facilitò la vicinanza e la relazione umana con l’artista anche negli ultimi anni della sua vita.

Dettagli

Inizio:
sabato 18 Settembre 2021
Fine:
domenica 16 Gennaio 2022
Categoria Evento:
Tag Evento:
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Luogo

VARIE SEDI – TREVISO
Treviso, 31100 Italia