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Pablo Echaurren e Marco Senaldi. Conversazione sull’opera di Marcel Duchamp
venerdì 20 Dicembre 2019 @ 18:00
sede: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (Roma).
La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ospita Pablo Echaurren e Marco Senaldi per una conversazione che si presenta opportuna, in occasione dell’uscita di due studi sulla figura di Duchamp che attestano un rinnovato interesse nei confronti di questo an-artista iconoclasta, anarchico, provocatorio.
Per una strana – ma certo non casuale – sincronicità, Pablo Echaurren e Marco Senaldi sono tornati ad occuparsi contemporaneamente di questo personaggio con due saggi molto diversi per intenti, forme e presupposti, Duchamp politique (Postmedia, 2019) di Echaurren e Duchamp.
La scienza dell’arte (Meltemi, 2019) di Senaldi.
Nonostante le differenze tra i due autori – artista multiforme e con un eterodosso passato politico l’uno, critico e ricercatore indipendente l’altro – il loro approccio a Duchamp è ricco di richiami condivisi.
La questione dell’improduttività teorizzata e praticata dall’artista francese.
“L’ozio di Duchamp è una forma elaborata di rifiuto del lavoro e di rigetto della società capitalistica. L’ozio, il silenzio, l’appartarsi dalla scena, il rifugiarsi negli scacchi, sono le varie facce di una rivolta pacifica contro l’accumulazione (di cose, di denaro, di potere, di opere d’arte) […] Tale strenua difesa dell’inoperosità, proprio come in Paul Lafargue (di cui Duchamp dice di condividere le idee), non è fine a sé stessa, coincide in pieno con la critica di un modus operandi, di un amore per il lavoro […] che ha contagiato anche il campo artistico. Per Duchamp l’artista è ormai pienamente compromesso con i processi di ottimizzazione tayloristi, privo di tempi morti, di pause, sottomesso al dio denaro (P. Echaurren, Duchamp politique, p. 25).
Lo studio proposto da Marco Senaldi è invece incentrato sul legame tra l’opera di Duchamp, l’estetica sperimentale e la ricerca psicofisiologica. Lo studioso è convinto che nel corso del tempo l’enfasi riservata al ready-made come opera fisica (quando si è voluto vedere nel francese un ispiratore delle poetiche concettuali) o mentale (nel momento in cui lo si è voluto apparentare alle poetiche dell’oggetto) ha finito col circoscrivere la portata della produzione artistica duchampiana. I ready-made, invece, sottolinea Senaldi, sono stati sempre replicati dall’artista attraverso “mezzi mediali”, dunque sono soprattutto “immagini” e, in particolare (riprendendo le riflessioni di teorici di fine 800 come Charles Henry ed Henri Bergson), “immagini ideo-motrici”, cioè in grado di produrre una reazione nello spettatore. Le opere di Duchamp “non si incarnano né nella materialità di un oggetto nel senso ordinario della parola (oggetti già esistenti, sculture, ecc.), né si intrattengono in una regione puramente concettuale e smaterializzata (parole, numeri, progetti, ecc.)”. Quelle di Duchamp sono dunque “interazioni mediali” come dimostra il suo rapporto con la fotografia, “con il cinema […] e perfino le sue apparizioni televisive” (M. Senaldi, Duchamp. La scienza dell’arte, pp. 18-19).
Per Senaldi, Duchamp “trasforma la nozione di opera d’arte da oggetto contemplativo immobile a test dinamico e ideo-motorio. Questo gesto radicale sovverte anche il senso generale dell’Arte, trasformandola da un’attività individualista dedita alla ricerca della bella forma, a un esperimento psicologico intersoggettivo il cui scopo è la liberazione da ogni stereotipo visuale, e anche esistenziale” (Ivi, p. 23).
Pur diversi nell’impostazione e nel tipo di ricerca, tanto Echaurren, quanto Senaldi, insistono sulla coerenza radicale del progetto duchampiano di fondere arte e vita e se il primo si sofferma soprattutto sulla volontà del francese di sottrarsi alla deriva alienante e mercantile intrapresa dall’arte contemporanea, il secondo approfondisce il suo riconsiderare la questione dell’arte contemporanea come “impresa diffusa di psicotecnica sociale”.
Proprio per questo il pensiero e la prassi di Duchamp hanno ancora molto da dire nel contesto attuale in cui all’estetizzazione della vita corrisponde una drammatica sottomissione della creatività al capitale immateriale globalizzato.
Pablo Echaurren (nato a Roma nel 1951) frequenta l’ultimo anno di liceo classico quando, attraverso Gianfranco Baruchello, entra in contatto con il critico e gallerista milanese Arturo Schwarz che comincia a fare circolare il suo lavoro. La sua produzione si distingue per una contaminazione di alto e basso nella convinzione che non vi siano confini tra generi espressivi. Ceramica, fumetto, scrittura, pittura, collage, video, foto, tutto serve all’artista per esprimere la sua visione della realtà. Ma il dialogo più serrato è quello che intrattiene con il mondo dell’arte che cerca di scuotere dal torpore mercantile e autocelebrativo cui, a suo modo di vedere, si è sempre più abbandonato. La sua è un’arte sempre polemica e combattiva, che punta a solleticare la riflessione critica più che la fantasia fine a sé stessa.
Marco Senaldi, PhD, curatore e teorico d’arte contemporanea, si occupa dei rapporti fra filosofia e arte. Ha curato mostre internazionali e pubblicato numerosi saggi tra cui Van Gogh a Hollywood. La leggenda cinematografica dell’artista, Meltemi, 2004; Doppio sguardo. Cinema e arte contemporanea, Bompiani, 2008; Filosofia dell’arte contemporanea, Guerini, Milano 2012; Duchamp. La scienza dell’arte, Meltemi, 2019. È stato autore televisivo di programmi culturali per Canale 5, Italia Uno e RAI Tre; suoi articoli e interventi sono apparsi sui principali quotidiani e riviste come Flash Art. Sta realizzando un programma tv per RAI Storia Genio & Sregolatezza, sulla storia d’Italia vista dagli artisti – 1950-2000.