sede: Tevere Art Gallery (Roma).
cura: Roberta Melasecca.
Più forte, performance relazionale e partecipativa, prosegue la ricerca dell’artista sul fuoco quale elemento sacro, liberatorio e purificatore e costituisce una riflessione sul tempo, sulla memoria e sul legame che ognuno di noi instaura con se stesso e con gli altri in una dimensione non consequenziale di passato, presente e futuro.
L’artista diviene, dunque, lo strumento che permette di connettere noi stessi ad un passato andato: in uno spazio determinato della galleria, Barbara Lalle accoglierà i visitatori, uno alla volta, invitandoli a scrivere un messaggio ad una persona lontana, scomparsa o abbandonata e riporre il biglietto, insieme ad una bustina di tessuto con incensi profumati, all’interno di una scatola di legno di ulivo appartenuta alla sua famiglia di origine, simbolo del fuoco e dello spirito. Al termine della performance one to one, in una sorte di processione rituale, tutti i partecipanti, con l’artista, si ritroveranno nello spazio esterno, intorno ad un braciere acceso: verranno consegnate le parole al fuoco che si trasmuteranno in luce, calore, fumo e profumo.
È un tempo personale e soggettivo quello che Barbara Lalle genera nel suo indagare e scrutare intimo e certosino e ogni parte del suo corpo – volto, mani, occhi, braccia – e le sue vesti che si adagiano su di lei raccontano di una cura e di una compassione, ed ogni gesto si rivela come carezza sull’anima dell’altro accanto. È una esplorazione su se stessa e sull’intima natura dell’essere in un ribaltamento totale dei ruoli: al centro dell’azione non c’è più l’artista con la pienezza della sua presenza ma lo spettatore che perde la natura di semplice osservatore e diviene performer e costruttore dell’opera. Artista e partecipante iniziano un viaggio di ricongiunzione e di riconversione di fili interrotti attraverso le memorie: il passato diviene presente nella rimembranza di cose e accadimenti ed ognuno può effettuare la libera scelta di conservare a sé o lasciare andare. Il rito del fuoco assume così la duplice valenza di conservazione e di separazione, viatico verso una accettazione struggente di una realtà sempre attiva.
Forse ogni poro della nostra pelle è fatto della stessa sostanza della vita passata, in un continuo divenire che si realizza nell’attualità di ogni singolo istante?