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Presentazione libro: “Il Novecento di Baudelaire – L’arte evanescente”
mercoledì 29 Giugno 2022 @ 21:30
sede: Giardini Rosa e Cecilia Caselli Moretti (Perugia).
Mercoledì 29 giugno, ore 21.30, ai Giardini Rosa e Cecilia Caselli Moretti, Perugia, Adolfo Tura sarà in dialogo con Aldo Iori intorno al volume “Il Novecento di Baudelaire – L’arte evanescente“.
Dopo Breve storia delle macchie sui muri, Adolfo Tura torna a intrecciare critica d’arte, letteratura e filosofia per raccontarci come la modernità abbia introdotto l’esperienza estetica come antidoto al disagio nichilistico. Un percorso illuminante che fa di Baudelaire il precursore di alcune delle più significative esperienze artistiche del Novecento.
Nella sua acuta osservazione dei fenomeni culturali, Baudelaire non si è limitato a commentare molti dei massimi pittori della sua epoca, ma ha anche prefigurato, perfino invocato, un’arte nuova, che avrebbe trovato le prime audaci realizzazioni solo a quarant’anni dalla sua morte, avvenuta nel 1867. Il titolo di questo saggio allude quindi a un futuro che Baudelaire può aver soltanto vagheggiato e che ha senza dubbio anticipato. Con un sapiente intreccio di suggestioni letterarie e risonanze filosofiche, Adolfo Tura delinea uno specifico cammino compiuto dalla pittura a partire da quella modernità che Baudelaire stesso ha contribuito a forgiare.
Alle origini di questo cammino lungo e complesso c’è il malessere tipico dell’età moderna: una profonda “scontentezza” dinanzi alla confusa casualità dell’esistente; una nostalgia, forse, per l’idea antica di un mondo perfettamente ordinato e intangibile. A tale forma di nichilismo non era estraneo, secondo quanto si legge nel libro di Sartre a lui dedicato, il poeta che più di ogni altro aspirava a evadere anywhere out of the world. Eppure, per quanto la realtà non gli sembri mai immediatamente bella, Baudelaire vi rimane ostinatamente aggrappato e al malessere nichilistico contrappone l’esperienza estetica che, grazie al ruolo attivo della memoria, può reintrodurre la bellezza nel mondo.
Secondo Baudelaire, l’avversione per il “naturale” dell’arte emergente è il tentativo di afferrare una superiore verità: non si tratta di rifuggire il quotidiano, ma di risanarlo artificialmente. Del resto, già alla base di uno scritto come Il pittore della vita moderna c’è la postulazione che, intrappolata nella quotidianità e in attesa di uno sguardo liberatore, si trovi la bellezza. Compito dell’artista è di provvedere a una «traduzione leggendaria della vita esteriore», a una rappresentazione della realtà ripulita da tutti quei tratti accidentali che possono offuscarla. Se la realtà non è mai immediatamente bella, può diventarlo per mezzo del ricordo, un ricordo stimolato e disciplinato capace, quasi per decantazione alchemica, di giungere all’essenza delle cose. L’immagine della memoria, provvista di una sua vita organica, tende a eliminare le caratteristiche che non stanno in un rapporto significativo con ciò che la coscienza emancipata intende come verità. In questo risiede, tra l’altro, la superiorità della pittura sulla fotografia e i suoi mille particolari circostanziati: esattezza non è verità o, come afferma Paul Valéry, «il vero allo stato naturale è più falso del falso».
La poetica della memoria delineata da Baudelaire si ritrova nei segni e nelle atmosfere di uno dei maestri del Novecento: Henri Matisse. Dipingere significa per Matisse giungere alla precisa formulazione di un ricordo e le fasi di realizzazione di molti suoi quadri, documentate fotograficamente per sua stessa volontà, indicano come l’opera terminata non sia che l’ultima di innumerevoli quadri sovrapposti, risultato di un lungo processo per trascendere il reale.
Adolfo Tura utilizza i testi di critica d’arte di Baudelaire al modo di un “reagente”, accompagnando per mano il lettore in un percorso illuminante, per vedere più chiaramente nelle vicende dell’arte e della pittura del XX secolo, farne risaltare le motivazioni profonde e accrescerne così l’apprezzamento.