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Prossima fermata Nirvana – Approcci al buddhismo
giovedì 13 Dicembre 2018 - domenica 31 Marzo 2019
sede: Museum Rietberg (Zurigo).
cura: Johannes Beltz, Anna Hagdorn, Alexandra von Przychowski, Caroline Spicker.
Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul buddhismo: chi era il Buddha? Che cosa insegnava? Quali sono i tratti salienti del buddhismo? Come si giunse alla sua diffusione? In che cosa consistono i rituali quotidiani dei fedeli? Domande come queste rappresentano il filo conduttore che guida i visitatori attraverso la mostra di ampio respiro “Prossima fermata Nirvana – Approcci al buddismo” presso il Museum Rietberg. L’esposizione abbraccia più di 2500 anni di arte e cultura buddhista.
Circa 100 importanti pezzi tra sculture, pitture, scritti e oggetti provenienti da svariati paesi asiatici (Cina, Himalaya, India, Giappone, Myanmar e altri), integrati da documenti e fotografie, raccontano gli esordi del buddhismo in India nonché la sua espansione in tutta l’Asia e anche in Occidente.
È visibile per la prima volta in Svizzera un insieme di pietre preziose venerate ancora oggi da milioni di persone assieme alle sacre reliquie del Buddha.
Ad arricchire il piacere artistico contribuiscono le voci recitanti di esperti e di buddhisti praticanti che introducono nozioni fondamentali del buddhismo, spiegano concetti quali nirvana e karma e narrano i loro vissuti personali.
La mostra si rivolge in egual misura a adulti, bambini e giovani. Nel suo contesto si punta sulla varietà, si fa spazio a esperienze individuali e a confronti critici. Alle opere della prestigiosa collezione del Museum Rietberg e a prestiti di spicco si affiancano visite di scoperta per tutte le fasce d’età, un “ABC del buddhismo” e interventi ludici che consentono di immergersi nel suggestivo e poliedrico mondo di questa religione.
La mostra “Prossima fermata Nirvana – Approcci al buddhismo” illustra sulla base di 2500 anni di storia artistica e culturale i riti, gli insegnamenti, la visione del mondo, le storie e le leggende del buddhismo, come pure la sua diffusione. Essa comprende otto aree tematiche, tra cui, per esempio: la vita del Buddha; la sua dottrina; la trasmissione del buddhismo e le sue comunità religiose; le pratiche rituali; la diffusione del buddhismo e la sua penetrazione fin nell’odierna Svizzera. Non si dispone di cifre sul numero dei suoi seguaci nel mondo, ma si stima che si aggirino tra i 250 e i 500 milioni, giacché il buddhismo non è afferrabile in strutture di tipo ecclesiastico.
Il pubblico può ammirare un centinaio tra sculture, dipinti e scritti da tutti i paesi asiatici, provenienti per la maggior parte dalla collezione del Museum Rietberg e da raccolte private. Vengono riproposti i pezzi forti della collezione (Rietberg), mentre opere mai esposte in precedenza sono autentiche rivelazioni. Tra queste, le note statue grecizzanti di Gandhara, le figure di bodhisattva riccamente decorate originarie della Cina, bronzi burmesi, raffigurazioni giapponesi, thangka tibetani e oggetti cultuali.
A raccontare le loro intriganti storie in seno alla mostra sono importanti pezzi della collezione cinese, giapponese e indiana del museo, come pure un certo numero di bronzi della collezione himalayana di Berti Aschmann. Sono presentati per la prima volta oggetti raccolti dal leggendario gallerista bernese Toni Gerber, giunti nel 2008 al Museum Rietberg, nonché parte della collezione Coninx, accoltavi in prestito permanente all’inizio del 2018. Minuziose pitture tibetane del Museo delle culture di Basilea e del Museo etnografico dell’Università di Zurigo invitano a immergersi nel mondo figurativo buddhista; dal canto suo, un rotolo illustrato lungo 14 metri arrivato dal Giappone accompagna i visitatori, quasi come in un fumetto, lungo le varie tappe della vita del Buddha.
Probabilmente il prestito più eccezionale ottenuto per l’occasione è un insieme di gemme rinvenute dall’archeologo amatoriale e proprietario terriero britannico Claxton Peppé (1852 –1936) alla fine del 1898 nel suo fondo sito nell’India settentrionale. Erano sepolte in profondità in diversi contenitori all’interno di un cosiddetto stupa, un tumulo sepolcrale murato. Secondo alcuni indizi era plausibile che il monumento racchiudesse le spoglie mortali del Buddha. Il ritrovamento fu sensazionale, in quanto per la prima volta era lecito presumere di aver scoperto una prova dell’esistenza del Buddha. Le reliquie vere e proprie furono suddivise nel 1900 tra importanti templi e monasteri buddhisti del Myanmar, dello Sri Lanka e della Tailandia nel corso di una cerimonia solenne tenutasi in questo paese; da allora sono venerate da milioni di persone. Le pietre vengono esposte in Svizzera per la prima volta.
Il cosiddetto Buddha “storico” è considerato il fondatore del buddhismo. Fedeli e scienziati ritengono che si tratti di una persona realmente esistita, il principe Siddharta Gautama. Si pensa sia vissuto e abbia operato nel Nord dell’India tra il V e il IV secolo a.C. La biografia del Buddha non si lascia ricostruire nei dettagli. Per contro, sappiamo come i buddhisti di svariati paesi e in epoche differenti abbiano immaginato la vita del Buddha. La mostra documenta queste rappresentazioni secondo una prospettiva neutra che si limita a familiarizzare il pubblico con le storie e le leggende nate intorno alla figura del Buddha.
Contribuiscono ad arricchire il piacere artistico le diverse voci di diretti interessati: nell’ambito della dottrina buddhista sono centrali le persone disposte a condividere il proprio vissuto e le loro opinioni.
Nelle “Video-Stories” dodici partecipanti con esperienze diverse – buddhisti praticanti come anche studiosi di scienze religiose o naturalisti – si esprimono a proposito dei concetti fondamentali di questa confessione. Tra essi troviamo per esempio un docente di fisica, una casalinga, monaci, insegnanti di meditazione, un apprendista e altri ancora.
Il team dei curatori è composto da Johannes Beltz (vicedirettore e curatore della collezione India); Anna Hagdorn (direttrice di Religione e Cultura); Alexandra von Przychowski (curatrice della collezione Cina e Himalaya); Caroline Spicker (direttrice della mediazione artistica).