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PTM andata e ritorno: Giovanni Battista Gigola e Giuseppe Bezzuoli
martedì 11 Marzo 2025 - venerdì 9 Gennaio 2026

sede: Pinacoteca Tosio Martinengo (Brescia).
L’attività espositiva della Pinacoteca Tosio Martinengo riparte con una nuova proposta dedicata all’arte antica, che vede la collaborazione del Comune di Brescia, della Fondazione e dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia. L’esposizione oggi in presentazione ha quali protagoniste Due scene socratiche di Giovanni Battista Gigola e La Nascita di Venere di Giuseppe Bezzuoli, XIV episodio del programma PTM Andata e Ritorno, il format di Brescia Musei che trasforma le “partenze” collegate alle richieste di prestito in “arrivi” di opere ospiti: un’occasione per accogliere nelle sale della Pinacoteca capolavori che dialoghino con la Collezione permanente – negli anni sono state ospitate nelle sale del palazzo opere di Diego Velázquez, Giacomo Ceruti. Lorenzo Lotto, per citarne alcuni -, dando l’opportunità a bresciani e turisti di reinterpretare costantemente, secondo nuove chiavi di lettura e nuovi punti di vista, le sale del Museo.
In questo caso la sala XX della Pinacoteca Tosio Martinengo, dedicata al Neoclassicismo, vede partire per il Musée National des Châteaux de Malmaison et de Bois-Préau i dipinti di Andrea Appiani che ospita abitualmente (la Madonna con Bambino dormiente del 1790 ca. e La toeletta di Giunone del 1810 ca.) e che figureranno all’importante mostra monografica dedicata all’artista che fu nominato Premier Peintre di Napoleone in Italia. La mostra, dal titolo Andrea Appiani (1754-1817). Le peintre de Napoléon en Italie, aprirà il 16 marzo 2025 nel castello di Bois-Préau; il comitato scientifico del progetto è composto da tre studiosi italiani, ovvero Francesco Leone, Simone Ferraro e Fernando Mazzocca, curatore anche di uno dei due progetti presentati oggi da Fondazione Brescia Musei per la Pinacoteca Tosio Martinengo. L’occasione ha così permesso di proporre un duplice percorso espositivo, che resterà visibile fino al prossimo 9 gennaio 2026 e che consente di portare all’attenzione del pubblico 3 opere abitualmente conservate nei depositi e tutte oggetto di recenti interventi di restauro. L’iniziativa interessa infatti da un lato due opere di un artista anch’esso legato alla corte napoleonica, il bresciano Giovanni Battista Gigola nominato ritrattista in miniatura del viceré d’Italia, il principe Eugenio di Beauharnais; dall’altro un’opera recentemente esposta a palazzo Pitti alla mostra Giuseppe Bezzuoli (1784-1855). Un grande protagonista della pittura romantica.
Le due esposizioni dossier sono accompagnate da un quaderno di Fondazione Brescia Musei ciascuna, che sarà distribuito gratuitamente a tutti i visitatori del museo durante la tenuta dell’evento, e che è stato curato da Fernando Mazzocca, per Giovanni Battista Gigola, Due scene socratiche e da Roberta D’Adda, per Giuseppe Bezzuoli, La Nascita di Venere su progetto grafico di Maria Repossi, che aha firmato anche l’identità visiva dei due progetti.
L’iniziativa dedicata a Giovanni Battista Gigola è promossa in collaborazione con Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia, destinatario nel 1857 del dono delle due opere del miniatore bresciano, da parte del pittore Angelo Inganni, primo custode in città della memoria di questo artista. I due dipinti furono coinvolti nel tempo in un fitto sistema di scambi e passaggi di proprietà con i Musei Civici, che le hanno custodite per decenni: per tale ragione, Ateneo di Scienze, Lettere e Arti è al fianco di Fondazione Brescia Musei come promotore di questa iniziativa, espressione del comune interesse alla valorizzazione del patrimonio cittadino e della sua storia.
Fondazione Brescia Musei ha recentemente rinnovato l’accordo di deposito che affida all’Ateneo di Brescia46 opere che appartenevano alla Collezione Tosio, e quindi al corredo originario di Palazzo Tosio dove ha sede l’Ateneo stesso, e che sono state trasferite all’istituzione bresciana in varie fasi a partire dal 2018.
Giovanni Battista Gigola, Due scene socratiche
Le due sofisticate opere di gusto neoclassico di Giovanni Battista Gigola (1767-1841), protagoniste dell’esposizione e un unicum nella produzione dell’artista bresciano, sono riconducibili a un momento fondamentale della sua formazione artistica, ovvero il soggiorno trascorso a Roma nell’ultimo decennio del XVIII secolo. Nella città pontificia Gigola conobbe e frequentò i circoli e le accademie più all’avanguardia, dove si andava elaborando la poetica neoclassica, e recepì, grazie all’innata curiosità che lo contraddistingueva, gli stimoli che furono poi fondamentali per le sue originali sperimentazioni.
Il grado di aggiornamento e di inserimento di Gigola nell’ambiente romano è ben documentato dall’episodio dedicato al Convito di Agatone, con la scena di Alcibiade che incorona Socrate, derivato puntualmente da un magnifico disegno di Asmus Jacob Carstens (1754-1798) che probabilmente il bresciano ebbe modo di ammirare nel 1795, in occasione dell’esposizione delle opere dell’artista tedesco, la cui arte contraddistinta da una grande potenza visionaria esercitò una proficua influenza sui contemporanei. L’opera di Gigola qui esposta, traduzione fedele all’invenzione grafica di partenza, si caratterizza per i colori saturi e i toni smaltati in grado di esaltare i volumi delle figure. L’artista maturò una stupefacente sensibilità cromatica anche grazie alla conoscenza del dibattito sull’antica tecnica dell’encausto, che si sviluppò all’epoca nell’ambiente romano tra artisti, eruditi, antiquari.
Contestualmente a questa miniatura Gigola realizzò un pendant delle medesime dimensioni in cui rappresentò, in una composizione molto simile e con la stessa impronta stilistica, un soggetto classico ampiamente diffuso: Socrate rimprovera Alcibiade sorpreso nel gineceo. La sorprendente affinità tematica e formale tra le due miniature dedicate a soggetti socratici è riconducibile a due ipotesi alternative: Gigola potrebbe essersi ispirato a un altro acquerello di Carstens andato perduto nel corso del tempo o, a dimostrazione della maturità raggiunta al termine del soggiorno romano, essersi cimentato in una sua originale invenzione, comunque ispirata al prototipo cui aveva già reso omaggio.
Con l’occasione è stato possibile valorizzazione le due opere anche attraverso un intervento di restauro a cura di Licia Zorzella, Carla Valzelli e Elisabetta Mosconi, che ha interessato le superfici pittoriche e le cornici antiche. La restituzione della piena leggibilità dei soggetti consente di ammirare la perizia tecnica di Gigola, indiscusso protagonista nell’arte della miniatura.
Giuseppe Bezzuoli, La nascita di Venere
La nascita di Venere di Giuseppe Bezzuoli (1784-1855) – a lungo menzionato negli inventari manoscritti e a stampa con titolo di Galatea – è un dipinto che, per i suoi caratteri formali, ma soprattutto per la sua storia collezionistica, porta i visitatori nel cuore della visione artistica e culturale di Paolo Tosio, fondatore della Pinacoteca cittadina, ed è protagonista di una storia di mecenatismo che si snoda tra Brescia, Firenze e Roma e che vede numerosi e illustri protagonisti, incluso (seppure idealmente) Raffaello. L’opera si presenta nella sua veste migliore dopo il restauro effettuato dallo studio Abeni Guerra in occasione dell’esposizione del 2022 alla mostra fiorentina.
Nel 1818 il conte bresciano Paolo Tosio commissionò al pittore fiorentino Giuseppe Bezzuoli una copia di importanti dimensioni della Scuola di Atene, affrescata da Raffaello nelle Stanze Vaticane, ora esposta nelle sale di rappresentanza di Palazzo Loggia. Erano quelli gli anni in cui il conte gettava le basi per fare della propria dimora un vero e proprio tempio del culto allora imperante per Raffaello, tanto che tra il 1821 e il 1823 la raccolta si sarebbe arricchita di due opere giovanili dell’artista urbinate L’Angelo e il Redentore. Nell’ottobre del 1819, annunciando al conte l’imminente arrivo a Brescia della cassa con la Scuola di Atene, Bezzuoli segnalò di avervi anche inserito una Nascita di Venere: un quadro di sua invenzione mandato con il solo intento di far conoscere “una piccola cosa” della sua pittura, dal momento che la commissione eseguita per Paolo Tosio non attestava che le sue abilità come copista. Il dipinto sembra ispirato al Trionfo di Galatea affrescato da Raffaello alla Farnesina, del quale riprende la sinuosa figura femminile che avanza sulla conchiglia che le fa da cocchio, circondata da tritoni e delfini, sotto un cielo sereno animato da putti e su un mare calmo e trasparente, sulla cui superficie è sospinta da una leggera brezza che si legge appena nel gonfiarsi elegante dei panneggi. Nonostante una generale differenza di tono – il festoso corteo raffaellesco è qui bloccato da Bezzuoli in una luce fredda e in una cromia brillante e quasi smaltata secondo lo stile della pittura francese dell’epoca, così come il gusto per certi dettagli di raffinata eleganza, a cominciare dal ramo di corallo che il tritone porge omaggio alla dea – il richiamo al celebre modello pare evidente.
L’innocuo stratagemma messo in atto da Bezzuoli per promuovere la sua pittura ebbe successo e il quadro entrò nelle sale della casa di Paolo Tosio, che si andavano via via riempiendo di capolavori del classicismo italiano e internazionale, dal già citato Raffaello fino a Canova, confermando nel conte un committente attento e sensibile, mecenate rispettoso e generoso con gli artisti, ai quali non fece mai mancare il proprio sostegno.
Immagine in evidenza
Giovanni Battista Gigola, Socrate rimprovera Alcibiade sorpreso nel gineceo. Archivio Fotografico Musei Civici, Fotostudio Rapuzzi 2 (part.)