Metti in evidenza il tuo Evento!

altri risultati...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Search in posts
Search in pages

Trova le Mostre e gli Eventi nella tua Città | Segnala il tuo Evento
 

Caricamento Eventi

« Tutti gli Eventi

  • Questo evento è passato.

Sergio Gimelli, Patrizia Quadrelli e Marisa Settembrini. I ritmi delle tracce

sabato 14 Maggio 2022 - giovedì 26 Maggio 2022

Sergio Gimelli, Patrizia Quadrelli e Marisa Settembrini. I ritmi delle tracce

sede: Galleria Arianna Sartori (Mantova).
cura: Arianna Sartori.

Il lavorìo creativo degli artisti da sempre si avvolge di tracce, ne cattura forme ed essenza, le svela nel proprio operato marcando zone o con tracce d’esistenza come fa ad esempio Gimelli, o innervando percorsi di macchie e di lacerti di colore come la Quadrelli, o utilizzando memorie della storia antica e contemporanea come fa la Settembrini. E dunque le tracce vivono o in forma materiale o in forma memoriale. Ecco la mostra campionata alla Galleria Sartori di Mantova, con essa vive la pelle e l’anima della pittura.

Il recente capitolo di opere di Sergio Gimelli muove all’interno di quel filone che è propaggine naturale dell’immagine ormai compromessa, così da portarsi ad appartenere ad una sorta di “nuova icona” che approdata su rive lontane dal realismo lirico, è divenuta oggi realtà sublime, assolutamente libera, svaporata, transitante; sicchè ormai lontana da un realismo tout court per essere, come di fatto lo è, “ideographic picture”, estetica nuova della cultura europea, che si fa racconto dell’oggi. Con tecniche diverse, carte applicate, ritagli e colori e toni pastellati, il lavoro di Gimelli vive una radicalità del nuovo gesto pittorico, racconta il presente, si fa diario e memoria di tracciati esistenziali e di figure – occasioni già care a molti artisti contemporanei – che riprendono con naturalità l’umano desiderio del sublime e di emozioni assolute. Memorie, ma anche nostalgie, leggende dell’oggi, miti, dove la concretizzazione ha lasciato il posto all’accenno, a tracce impresse in modo talvolta informale, immagini imperanti che sfuggono ormai le intenzioni figurative o narrative, per essere infine eroiche, oltre la bellezza, in quanto ritornanti all’arte anestetica, non bella, ma decisamente pretesto e filosofia. Egli racconta la storia dell’oggi, quotidiana, transitante, attraverso una narrazione che utilizza elementi di cronaca domestica e privata, il cui contenuto e la cui costruzione sono ugualmente significativi all’interno di uno spazio dove si trasmettono dei pensieri che vanno al di là del tempo e lo spazio rappresentati. Gimelli scandaglia il mondo e lo ferma con l’immagine, tra il fotografico e la distorsione, l’occasione sopraggiunta, propizia, con la visione potenziata nel clima del colore piuttosto che nel segno, va alla ricerca del tempo perduto grazie a una creatività che fa aggallare interi mondi di recupero della memoria, attraverso materiali che sollevano il pensiero fra intervalli di tempo.

Nel passaggio dal vedere all’osservare, nell’essere dentro la pittura, dentro la situazione, il clima neo-informale che ci declina Patrizia Quadrelli nei suoi recenti lavori pittorici occasionati per questa mostra, dove le forme-informi sono approdate alla coscienza e lasciano vivere proprie epifanie, ecco che il processo della ripetizione modulare si fa chiaro. È pur sempre un racconto, un entrare dentro la situazione, un rappresentare paesaggi anomali, ove tutto pur se appare controllato e razionale, vive ancora in modo pulsante nell’immensità dello spazio, aperto all’infinito, dove predominano il senso della memoria e il sogno. Forme aggettanti, aperte a sentieri, in una sorta di dinamismo cosmico, da richiamare talvolta anche certe forme di Roberto Crippa. Nelle campiture dei dipinti, in cui vive la ritmica distribuzione di forme e colori, tenuti al basso, quasi a rammentare la nascita del mondo, spazi nello spazio, fuori dal caos ancestrale, il mondo di Patrizia Quadrelli vibra come un’anima in piena effervescenza cromatica, cosmica, nebulosa, stellare. Tecnica e materiali svelano la sintesi della propria estetica, ma anche che tanti quadri formano un unico quadro, e una moltitudine di immagini vengono percepiti come un’unica opera, da far rammentare la fertile progettualità di Emilio Vedova tra astrattismo e informale. Patrizia Quadrelli ci consegna oggi delle opere ove appare un ritorno alla scomposizione-composizione, attraverso un geometrismo coerente ma discontinuo, per certi aspetti quasi modulari, ove si palesa una variazione continua di contenuti, di processi e di forme.

L’arte di Marisa Settembrini persegue la ricerca di un ideale millenario che la nostra civiltà ha sempre considerato una delle sue espressioni più alte, la bellezza tradotta da una certa concezione del corpo umano. Da Fidia e Prassitele a Rodin, passando da Michelangelo e Canova, eppoi verso taluni contemporanei come Mimmo Rotella e Jacques Villeglè, la sua pittura esprime, tramite la perfezione dell’architettura umana, la presenza del mistero. Le sue opere si snodano attorno alla riconquista di una forma di bellezza considerata desueta da quei modernisti. Fin dai suoi esordi, negli anni Settanta, il lavoro della Settembrini si è mosso ai margini di correnti dominanti quale l’arte concettuale, l’arte minimalista o i diversi approcci dell’arte astratta. Ella può essere associata da una parte ai Nouveaux realistes per una affinità stilistica o generazionale per via degli strappi cartacei, i decollages, dall’altra alla Poesia Visiva o meglio alla Poesia Visuale. Poi quando negli anni Ottanta abbiamo assistito a un ritorno alla figurazione, alla rivalorizzazione del passato e della mitologia, scopriamo che la sua opera sfugge a precise tendenze e, per contrasto, rivela tutta la sua specificità. A prima vista l’opera sorprende per il suo sviluppo organico, per la sua apparente immobilità, per la sua costante epurazione, seminando nuove basi, aprendo nuove piste. Ecco spingere l’arbitrarietà del segno al punto di dissoluzione segnalato da Jameson, e cioè al punto in cui i significanti, lettere, numeri e così via, sono diventati letterali “liberati dal fardello dei loro significati”. La Settembrini attinge dal mondo classico e dal mondo contemporaneo i valori che insuffla nelle sue creazioni. La serie di “mitografie” (vedi Divus e Diva) e di “liturgie romane” hanno un’efficacia barocca, caratteristica questa ancora presente nelle recenti espressioni figurative. Le immagini vivono un’autentica valenza, una sublimazione creativa che ostenta la storia, la cronaca, l’arte, l’estetica, la narrazione del grande o piccolo frammento; la citazione iconica della grande immagine è costruita in un fotomontaggio che fa leggere sia la lingua figurale che l’impianto verbale che incornicia, solleva, innalza, pone, illumina il senso della visione, ipernova, perché si porta oltre la bellezza artificiosa. Anche le altri immagini – ridotte – catturate dai media, e dal cartaceo, o fotografate dalla originaria culla urbana (vedi le liturgie romane) sono dilatate, oltre lo slabbramento dei margini in un paradiso di forme che vivono un happening della memoria. La figura umana, o meglio quelle parti di volto e di sguardo, strappate, ritagliate, vere finestre visive, ne escono altamente valorizzate poiché portano in sé l’impronta dello sforzo per superarsi. Il suo sguardo, rispetto al passato, non è nostalgico, bensì basato sulla scommessa di insufflare l’ideale di bellezza nell’ambiente quotidiano. La sua ricerca interroga l’atteggiamento modernista, il nostro rapporto con le fonti della nostra civiltà, il ponte che ci ricollega con il fondo comune dell’identità occidentale… Queste piccole “finestre” che ricreano la superficie dell’opera sono decorazioni o forse i frammenti di un’altra opera? Ogni frammento rimanda a un’opera che ci sfugge nella sua totalità ma la cui probabile esistenza ci viene indicata dall’immaginario. In questo modo ogni frammento evoca altro e così via, all’infinito. L’uso della frammentazione e del collage è una pratica moderna, porta ad assemblaggi insoliti. Il gusto di fabbricare storie ci ricorda i romantici e la loro passione per le rovine, per le tracce delle intemperie e i segni del tempo trascorso. Ancora una volta ciò che è in ballo è il nostro rapporto sempre mutilato con il passato e la sua abilità di artefice. Il frammento rivela la mano e l’abilità dell’artista, non il talento aleatorio del tempo. “Con modernità intendo l’effimero, il fugace e il contingente” scriveva Charles Baudelaire nel 1863, “la metà dell’arte di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile”.
Carlo Franza

Inaugurazione
Sabato 14 maggio alle ore 17.30

Immagine in evidenza
di Sergio Gimelli (part.)

Dettagli

Inizio:
sabato 14 Maggio 2022
Fine:
giovedì 26 Maggio 2022
Categoria Evento:
Tag Evento:
, , , , , , , ,

Luogo

GALLERIA ARIANNA SARTORI – VIA NIEVO
Via Ippolito Nievo, 10
Mantova, 46100 Italia
+ Google Maps
Phone
0376 324260