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Silvia Lorenzin. Along these lines there was a quiet kinship

venerdƬ 31 Gennaio 2025 - sabato 22 Febbraio 2025
Silvia Lorenzin. Along these lines there was a quiet kinship

sede: Libreria Pangea (Padova).
cura: Sara Pellizzer.

ā€˜ā€˜Un giorno esatto, in un preciso momento, senti che tutto il vissuto precedente ha bisogno di un punto.
Di una chiusura e riapertura. Di una chiave di volta che ĆØ solo e soltanto dentro di te”.
ƈ con questa frase, che possiamo iniziare a tracciare il filo conduttore di un percorso introspettivo attraversato da Silvia Lorenzin e intitolato ā€˜’Along these lines there was a quiet kinship”.

Il titolo rievoca un senso di familiaritĆ , di calma, di affinitĆ  e di pace interiore vissuto dalla fotografa durante un viaggio compiuto in Donegal nel 2011.
Il lavoro ĆØ eseguito interamente con processo analogico e tecnica del cross processing che aiutano l’autrice a entrare in un’altra forma del tempo, quella necessaria, da un lato, di riappropriarsi di un nuovo linguaggio fotografico e, dall’altra, di sanare il dolore di un amore e di un lutto avvenuto nel 2008.

Allontaniamoci, dunque, dall’idea della visione occidentale di un viaggio che dĆ  certezze di ciò che si troverĆ  lƬ.
Decostruiamo questa visione, questo sentire alla partenza.
Il viaggio qui diventa qualsiasi luogo purchƩ vissuto in piena lentezza.
Per Silvia Lorenzin meno ĆØ meglio, meno ĆØ conoscere e conoscersi, meno ĆØ entrare in un’altra forma del viaggio, meno ĆØ vedere di più.
Per vivere in funzione di lei, del suo interno e non dei fattori esterni che costantemente ci condizionano, vari elementi aiutano a tracciare il suo percorso e a metterlo a fuoco: Farhad, il cottage, una macchina fotografica analogica e la tecnica del cross processing.
Prendiamo la macchina fotografica, una Rolliflex 6×61, che entra in gioco per narrare il nuovo tempo di Silvia, qui niente viene più scandito o documentato, l’immagine viene capovolta, niente più regole.
Si vuole eliminare l’imprinting fotografico, rigido e razionale, da cui la fotografa parte nei suoi primi anni di studio.
Esprimere uno stato d’animo nuovo e sconosciuto significa rompere con i vecchi schemi.
Non si vuole più percepire la realtĆ  ma distorcerla, per questo c’ĆØ la necessitĆ  da parte di Silvia Lorenzin di alterare i colori in fase di sviluppo attraverso la tecnica del cross processing2, di dichiarare cosƬ uno spostamento, di creare uno spartiacque tra prima e un dopo, sia dal punto di vista artistico che professionale.
Il paese, il cottage e le stanze faticano a riconoscersi.
Non abbiamo bisogno di perlustrare attraverso un grandangolo, ci bastano dei dettagli che fanno diventare le immagini dei luoghi comuni e cogliere in quel poco gli elementi essenziali per una ripartenza.
E infine Farhad che ĆØ l’iniziatore di questo viaggio. Una presenza costante ma silenziosa. Con lui la macchina fotografica si sposta in uno spazio più intimo, documenta i corpi in acqua di torba, un acqua benefica, un deposito composto da resti vegetali. Tale funzione attua anche il corpo. Si adagia nell’acqua, si purifica e lascia che il mutamento si manifesti attraverso una corrispondenza di scatti dove uno diventa il riflesso dell’altro, custodi dei propri dolori ma anche di una consapevolezza che sta per nascere, la fine di un viaggio che porta con sĆ© una luce nuova.

Non c’ĆØ una sequenza logica o cronologica degli elementi nella narrazione, tutt’altro, in questa mostra il caso e l’errore accompagnano l’intero progetto, si fanno miracolo e benedizione conducendo Silvia a una liberazione personale.
I soggetti delle fotografie sono apparentemente ordinari e quotidiani ma subiscono un’alterazione concettuale grazie al modo in cui vengono rappresentati.
Non sono qualcosa di definito ma lo diventano nel corso del tempo, lasciando spazio, da un lato, a infinite possibilitĆ  di significato per chi guarda, dall’altro, portando lo spettatore a entrare in contatto con il proprio sĆ©.
Il formato delle immagini ĆØ un’altra chiave interpretativa del progetto che porta l’osservatore a creargli dei momenti di contemplazione e come accade nei progetti di Rinko Kawauchi o Nancy Rexroth anche qui ĆØ necessario allontanarsi e avvicinarsi dalle fotografie, fermarsi e con l’occhio mettere a fuoco per riconoscere elementi delle immagini che non vediamo o non individuiamo subito come tali.
Questo richiede l’allestimento nei confronti delle immagini che, per Silvia, esprimenti un significato particolare nel tempo e nel luogo in cui sono state concepite, vogliono ora anche avere il potere di attrarre altre idee nella sfera intima e privata di ognuno di noi.

Inaugurazione
31 gennaio ore 18.30
Informazioni
silvialorenzin.com

Dettagli

Luogo

  • LIBRERIA PANGEA
  • Via S. Martino e Solferino, 106
    Padova, 35141 Italy
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