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Sullivan e Pellegrin: un dialogo attraverso spazio e tempo – Tappezzeria che genera spazialità
giovedì 9 Marzo 2017 - venerdì 17 Marzo 2017
sede: Interno 14 (Roma);
cura: Sergio Bianchi.
In una serie di racconti interconnessi, con l’aiuto di Bruno Zevi, la mostra ripercorre un dialogo tra due grandi dell’architettura organica: Louis Sullivan e Luigi Pellegrin. Il racconto si articola su più livelli: Pellegrin racconta Sullivan, Sullivan racconta Sullivan, Pellegrin elabora Sullivan, Zevi racconta Pellegrin.
Nel libro “Un percorso nel potenziare il mestiere del costruire”, a cui Pellegrin ha lavorato fino agli ultimi istanti della sua vita, l’architetto parla dei “seminatori di spazialità aperta”. E parlando di Sullivan: “Sullivan ha disegnato basandosi sulla concatenazione dei flussi. Chi ha espresso i primi disegni del caos prima che Einstein dichiarasse che lo spazio è curvo? Sullivan. Sullivan ha disegnato frammenti non di geometria di Talete, ma frammenti di geometria caotica. ”
Pellegrin si onora di dire che non ha capito subito ma che ha “sentito” subito, in quel pomeriggio in cui era all’Art Institute di Chicago quando una signora gentile gli mostrò i disegni di Sullivan: si trovò di fronte alle tavole della legge aperte, a matita, leggerissime. Non aveva capito, ma aveva “sentito”.
Dalla fine del 1953 Pellegrin è negli Stati Uniti, a New Orleans, dove lavora nello studio di W. R. Burck. A dicembre di quell’anno la tappa a Chicago e l’esperienza folgorante dell’Art Institute. Alla fine del 1954 Pellegrin torna a Roma e incontra Bruno Zevi che, dalle pagine della rivista “L’Architettura, cronaca e storia”, documenterà costantemente lo svolgersi della sua attività. Nel 1956 Pellegrin scrive per la rivista una serie di articoli sulla scuola di Chicago: uno di questi, presentato per intero a Interno 14, è: Storicità di Louis Henry Sullivan.
In mostra stampe su grande formato di alcune decorazioni murarie di Sullivan, dimostrazione evidente che la tappezzeria, cercando un senso in iterazioni e accostamenti, può intuitivamente afferrare la matrice biologica e che tale matrice sia generatrice di spazialità complessa. Alle stampe si accompagnano le tavole tratte da “un sistema di ornamento architettonico” e un brano di Sullivan sul valore della poesia come anticipazione, pubblicato sulla rivista “Poetry” nel 1916.
In una lettera scritta da Pellegrin a Luciana Menozzi nel luglio del 1954 da New Orleans, in quel fecondo periodo di incubazione che fu per Pellegrin l’esperienza americana, l’architetto sottolinea “io non vedo”. Quel non vedere non gli è mai bastato. Il tentativo di capire e di elaborare innerva tutta la sua attività. Ancora in “Un percorso nel potenziare il mestiere del costruire”, questa volta raccontando se stesso, Pellegrin scrive: “Qualcuno può dire che Pellegrin ha disegnato le linee soprattutto per il piacere di immaginare una crescita. Se fosse vero, Pellegrin non obbietterebbe. Un’altra ragione del disegnare di Pellegrin è una sentita “necessità”. Necessità che che il welfare dell’Uomo non sia più solo settorialmente affrontato da Sindacalisti, o da Sacerdoti o da Ecologisti. Loro proteggono, non propongono. Gli uomini sedati hanno risolto molto a livello di individualità. Molto poco al livello di grembo, sede fisica costruita, cioè di un costruito sistema insediativo.”
La mostra fa parte del progetto “Tappezzeria” di Luigi Prestinenza Puglisi.