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Thomas Braida. Aspettando dentro l’anno del gatto
sabato 17 Novembre 2018 - domenica 13 Gennaio 2019
sede: Centro Arti Visive Pescheria (Pesaro).
cura: Marcello Smarrelli.
La mostra a cura di Marcello Smarrelli, con un testo di Davide Ferri, si concentra sugli ultimi anni di ricerca di Thomas Braida. L’artista friulano, classe 1982, iniziatosi giovanissimo alla pittura e alla frequentazione degli ambienti veneziani, ha già all’attivo un consistente corpus di opere che spaziano tra vari soggetti e approcci pittorici.
Nell’arte eclettica di Braida è centrale l’interesse per la pittura figurativa del passato riletta attraverso un misto di mito, storia, generi e stili, da cui nascono dipinti di vita dove si combinano cronaca, letteratura, politica, incubi, fiabe, tra ossessioni personali e immaginario collettivo. Creazioni che rivelano una profonda conoscenza storico-artistica e al contempo una carica beffarda e mistificatoria.
Riuniti sotto un titolo enigmatico quanto curioso, Aspettando dentro l’anno del gatto – ispirato dalla canzone di Al Stewart, Year Of The Cat (1976) – negli spazi suggestivi del Loggiato della Pescheria e dell’attigua Chiesa del Suffragio, l’artista presenta diversi dipinti di varie dimensioni, da enormi teleri propri della tradizione veneta, tra cui La pantera de Marghera (2018) e Le tentazioni di Sant’Antonio (2012), a vere e proprie miniature come Uno serio che cresce i miei figli (2018) o L’ultimo uccello (2018).
Braida si distingue nell’interpretazione della storia della pittura europea in termini di variazioni nella creazione. Filtra attraverso l’immaginazione e l’istinto, cita e dissacra, esalta e distrugge, stemperando il pathos eccessivo con buone dosi di umorismo. Consapevole e impertinente, fa coesistere Ensor, Grosz, Goya, il barocco, la Bibbia, la mitologia greca, ma anche Lady Gaga e Capitan Harlock e il suo dipingere fluido e carnale ha sempre una duplice direzione, naturalistica e visionaria. Vuole tenere insieme gli opposti. Passa da tinte nere, cupe e bituminose a toni accesi, luminosi e vivi. Sapiente infatti il lavoro sulla luce che, sostiene l’artista, è “il fine ultimo dei miei quadri, anche se non è proprio vero. C’è un ultima cosa importantissima: il tempo”; così bagliori fosforescenti penetrano nella forma di cose e figure, trasfigurano i colori ed estendono lo spazio in un’illusione d’infinito.
La pratica di Thomas Braida è dunque emblematica di un diverso approccio alla pittura da parte di una generazione di artisti che ha iniziato a lavorare all’inizio degli anni duemila, capace di approdare a una figurazione colta e, insieme, esuberante e “agile”, libera dai gangli autoreferenziali che hanno segnato il lavoro di molti pittori negli ultimi decenni, apparentemente lontana dai dibattiti sulla morte e sopravvivenza del medium e dalle preoccupazioni di quella critica che continua a pensare la pittura come a un linguaggio obsoleto.
Come appare in modo evidente anche nei lavori inclusi in questa mostra, la figurazione è semplicemente, per Braida, un’esperienza primaria e inesauribile.
Thomas Braida (Gorizia, 1982)
Laureato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Carlo Di Raco, ha preso parte dal 2005 a numerose esposizioni collettive (Bergamo, Torino, NY, Roma, Milano, Venezia, Vienna, Budapest, Ljubljana) e a prestigiosi concorsi artistici. Tra le sue personali: Solo, a cura di Caroline Corbetta, (Palazzo Nani Bernardo, Venezia, 2017); Thomas Braida, Solo Show, (Monitor Roma, 2016); “Toads Swallow Fireflies, The Gods Eat Everything” (Gust van Dijk Home to Contemporary Art, Tillburg, Holland, 2014); “Thomas Braida” (ex-tappezzerie Semenzato, Mestre, Venezia, 2012) e “Il Crepaccio presents Thomas Braida” (Milano, 2012).