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Tiziano Bellomi. Mano libera e pensieri sciolti

sabato 5 Settembre 2020 - domenica 4 Ottobre 2020

Tiziano Bellomi. Mano libera e pensieri sciolti

sede: Museo della Stampa (Soncino, Cremona).
cura: Gianfranco Ferlisi.

Tiziano Bellomi, nel Museo della stampa di Soncino, sembra voler parlare al visitatore della natura dei segni attraverso le loro trame, le loro sfumature e i loro intrecci.
Siamo assai lontani da quella sorta di microcatalogazione, con cui l’artista ha creato le pietre numerate, testimonianze perfette di azioni concettuali semplici e ponderate con cui si appropriava del mondo circostante e lo rigenerava nel segno dell’arte.
Si distendono stavolta, sulle sue carte, materie segniche, edonistici orditi di tracce di penne biro, vortici di scritture senza parole e senza enigmi.

Un omaggio ad Alighiero & Boetti e ai suoi tratteggi a penna, ai suoi immensi fogli straripanti di trattini di biro?
Forse che sì, forse che no! Tiziano, nei suoi interventi, realizza sempre strategie espressive complesse, veri garbugli figurativi disorientanti da studiare, interpretare e leggere, al cui interno si cela l’essenza della sua profondissima fede nell’atto estetico.
Di fatto davanti a noi si distende un vocabolario grafico essenziale, in cui le preoccupazioni centrali sono la sperimentazione della dimensione cromatica che assumono le sue trame sobrie, dei vuoti in cui queste si agitano e dello spazio che tutto racchiude: scelte che ci catapultano in un impossibile confronto con gli orizzonti della pittura analitica, un’esperienza tutta italiana in grado di dialogare intelligentemente con le avanguardie degli anni Sessanta/Settanta, con la sperimentazione di inediti materiali artistici, di elementi di reiterazione e di dialogo col minimalismo pittorico.
Rigettavano gli analitici gli eccessi espressionistici, a favore dell’introduzione di serialità, di riduzione della soggettività e di ricerca nell’esperienza fenomenologica.
Il confronto che l’autore tesse con loro è interessante perché significa, innanzitutto, un cercare di parlare, per usare una metafora, coi propri padri.
Per questo l’indagine recente di Tiziano Bellomi si addentra lungo i crinali di una ambiguità artistica dove la linea o la texture (o il segno che la traduce graficamente) viene recuperata come memoria, come atmosfera onirica che incanta perché intrisa della dimensione dei ricordi giovanili e del sogno, del rêve, dell’inconscio.

L’artista ci addentra inaspettatamente su pagine in cui si sono materializzati tempo e immaginazione.
Resta in queste tavole il perenne gioco dell’autore con gli stereotipi dell’arte, con un processo irriverente di appropriazione e di rimessa in circolo di materiali, cose e immagini all’insegna della de-estetizzazione, della ricusazione della tradizione, della essenzializzazione formale.
Questa incursione nella pittura analitica diventa anche l’occasione per una meditazione sui meccanismi di realizzazione dell’opera d’arte, per una critica alle costruzioni intellettuali che ne devono giustificare il senso, per una riflessione sulla propria specifica natura di autore con una storia seria e molte inevitabili vicissitudini.
Sulle pareti del museo i “Meridiani” di Bellomi, opere grafiche recentissime, rammentano, dietro le bande verticali od orizzontali delle sue partiture, un esplicito e inevitabile riferimento a criteri, procedure e processi.
L’autore ha creato dunque una serie riduttiva di strutture compositive, che, intenzionalmente, si esaltano nei diversi gorghi dei tratteggi a biro (anche dove l’artista ha tradotto il segno tramite l’acquaforte): strisce di linee ripetitive, essenziali e sistematiche orientate tutte ai procedimenti di riduzione del linguaggio della pittura, al piacere per i suoi elementi primari.
Come i pittori analitici appunto.
Manca però la componente algebrica ed elucubrativa che giustificava concettualmente l’abbandono di ogni finzione rappresentativa, perché il tratteggio e il disegno di Tiziano, a mano libera (sciolto ed affrancato), richiede molta concentrazione e un automatismo che lo apparenta per certi versi al procedimento della scrittura surrealista.

Tutta quella antica dottrina dogmatica per tracciare “quattro righe”, nel 2020, più non serve: per questo Tiziano riprende ironicamente in mano una penna a sfera, una biro, uno degli strumenti più comuni di cui ci serviamo ancora per comunicare tramite la scrittura.
Come direbbe Achille Bonito Oliva: l’opera pretende semplicemente un’immagine che sia “contemporaneamente enigma e soluzione”.
Bellomi insegue chiaramente una libertà assoluta senza giustificazione alcuna.
Quel suo puro estetismo diventa una scrittura automatica di assoluta ricercatezza, il cui risultato finale è l’offerta di uno spazio ri-caratterizzato.
Come il titolo di un’opera di Boetti del 1981: “Mano libera, pensieri sciolti”.

Il non-rappresentativo, il non-figurativo, il non-immaginario, il non-espressionista, il non soggettivo rimandano a una iconoclastia che non intende più versare lacrime sul catafalco addobbato per la “morte della pittura” ma che ricerca solo una lettura più riconciliata, una lettura che si rivela in superfici vive e vibranti.
Queste opere su carta (e ovviamente quelle su tela) non nascono per un capriccio.
Hanno ovviamente un collegamento con le “Linee di confine”, installazioni posizionate in vari luoghi d’Italia.
Perché il procedere di Bellomi, nelle sue componenti di omaggio, di ironia, di dissacrazione e di sabotaggio linguistico porge, da molti anni, evidenti concetti geografici.
Non sono forse espressioni numeriche le coordinate dei meridiani?
I suoi meridiani fissano stavolta le coordinate indicibili del territorio della pittura analitica e di molto altro.
L’accostamento tra opere, sia su carta sia su tela, coi nomi di città e di altri “Meridiani” portano poi oltre l’iniziale discorso sulla pittura.
Tiziano Bellomi dichiara così, palesemente, che la concezione dell’opera ha senso non tanto nell’oggetto singolo e isolato ma nel legame che, attraverso i suoi riferimenti, conduce alla scoperta dell’universo dell’artista con la molteplicità delle sue esperienze.
I “City names” accompagnano, ovviamente, i “Meridiani” perché ogni luogo abitato s’accende oggi sui media e sulle news, e ci appare prima come una voce e poi nella bellezza delle lettere che lo denominano (e le lettere sono numeri come nell’antico alfabeto ebraico o in quello latino).
È la dimensione inattesa delle lettere dell’alfabeto che si palesa parallelamente in altre opere complementari alle prime.
E le lettere, con le loro forme meravigliose, prima danno forma, diventano suono e poi senso e poi vera vita (quella dell’artista e la nostra).
Entrambe le serie elaborate graficamente da Tiziano Bellomi (quasi sempre tradotte in pittura) regalano… regalano il punto d’arrivo di lavori straordinari e raffinati, coinvolgenti come una preghiera, frastornanti come sogni, perché sono spazio d’incontro di un linguaggio estetico che si apre alla rivelazione della meraviglia dell’autore nella sua interazione col mondo.

Se l’arte è una sorta di sacra scintilla che brilla grazie a un procedere oltre le convenzioni di una società utilitaristica, allora queste opere sono specchio di una creatività sincera che può emerge solo dalla personalità di un autore speciale; di un autore che trasforma ogni opera nella sublime materialità di momenti esperiti dall’esistere e dal camminare, in questa nostra terra, come un giusto.
Sia rapace allora il vostro sguardo e si apra ad improvvise ed inaspettate emozioni, per catturare qualche frammento delle sue preziose suggestioni.
Gianfranco Ferlisi

Dettagli

Inizio:
sabato 5 Settembre 2020
Fine:
domenica 4 Ottobre 2020
Categoria Evento:
Tag Evento:
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Luogo

MUSEO DELLA STAMPA
Via Lanfranco, 6/8
Soncino, Cremona 26029 Italia
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Phone
0374 83171
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