di Teresa Lanna.
Questo articolo è parte della rassegna “Gender Fluid. L’Arte sfida i binarismi di genere – Mostra virtuale 3d“

Anche se non avremo mai modo di conoscerli di persona, basta leggere con attenzione la loro ricca biografia per associarli, di fatto, a dei vicini di casa, piuttosto che alla coppia di amici fidati, o ai nonni, che tutti vorrebbero avere: generosi, accoglienti, mai oppressivi né giudicanti. Insomma, il prototipo di persona (anzi, due) con la quale è sempre piacevole avere a che fare, anche solo per scambiare quattro chiacchiere al tavolino di un bar londinese, all’insegna di una tipica English breakfast.
Hanno appena un anno di differenza l’uno dall’altro: George, infatti, è nato nel 1942 e suo marito Gilbert nel 1943. Lavorano e vivono insieme dal 1968, a Spitalfields, nell’East London.
L’eccentrico duo di simpatici vecchietti, noto come Gilbert & George, o G&G, rappresenta un unicum nella storia della performance e dell’arte, oltre ad essere dei coniugi dall’irripetibile e bizzarra stravaganza. Gilbert Prousch e George Passmore costituiscono, di fatto, la coppia più estrosa, immorale ed immortale del mondo dell’arte.

Attraverso la loro opera provocatoria, e spesso controversa, apportano, da sempre, un contributo molto significativo alla cultura gender, sfidando apertamente le convenzioni sociali. La loro stessa identità come coppia omosessuale, vissuta apertamente fin dagli anni ‘60, ha concretamente aperto la strada ad una maggiore visibilità LGBT+. Le loro opere, infatti, spesso mettono in scena stereotipi di genere, sovvertendoli e decostruendoli con umorismo ed ironia. L’utilizzo di abiti e trucco androgini, in cui entrambi gli artisti assumono caratteristiche maschili e femminili, confonde le distinzioni di genere, affrontando tematiche sessuali con una vena di provocazione e sfrontatezza ed invitando, quindi, a riflettere concretamente sulla fluidità dell’identità.
La loro arte, però, non si limita a questioni di genere, ma affronta anche temi sociali e politici con una vena satirica. Proprio per questo, l’utilizzo di immagini forti e provocatorie ha lo scopo di scuotere le coscienze ed invitare ad un dibattito aperto e sincero.
Uno dei temi ricorrenti del loro lavoro è l’omosessualità maschile, rappresentata in modo non stereotipato e con una sensibilità che sfida i tabù e le censure, mettendo in luce le ipocrisie e le contraddizioni della società, in particolare, come già detto, riguardo al tema dei diritti LGBT+.
L’esplorazione della sessualità, inoltre, non si limita, ad una sola categoria di genere, ma include anche la bisessualità e la transessualità.
Ma torniamo alle origini. Gilbert & George (Gilbert Prousch, San Martino in Badia, 1943 & George Passmore, Plymouth, 1942) si incontrano nel 1967 al St. Martin’s School of Art di Londra, e da allora non si sono mai separati, al punto da decidere, nel 2008, di convolare a nozze. «Finiti gli studi, abbiamo capito che non potevamo fare a meno l’uno dell’altro, non solo nella vita. Siamo diventati una composizione vivente», ammettono.

La coppia si trasferisce nel quartiere operaio di Spitalfields, imponendosi, via via, sul palcoscenico dell’arte, con irriverenza ed originalità, assumendo atteggiamenti sessualmente allusivi, che mirano ad opporsi al conformismo della società; inoltre, sbeffeggiando le convenzioni della middle class, attraverso strumenti come l’esibizione narcisistica del proprio corpo, citazioni tratte dalla Bibbia ed altre trovate geniali e stravaganti, che confluiscono tutte nello slogan Art for All e nell’autodefinizione di sculture viventi, che rappresentano una sfida alle etichette della cultura contemporanea. Ricoperti di vernice bronzea, danzano come robot sulle note della popolare Underneath the Arches: un inno alla libertà, oltre le costrizioni e i condizionamenti della società dei consumi.
All’inizio degli anni Settanta, le loro opere sono caratterizzate da immagini in bianco e nero di piccole dimensioni, allestite secondo schemi figurativi. In seguito, verso la metà degli anni Settanta, scelgono, nelle loro composizioni fotografiche, lo schema della griglia ortogonale.
Dopo il bianco e nero e l’utilizzo privilegiato del rosso, dagli anni Ottanta Gilbert & George cominciano ad introdurre il colore e, parallelamente, aumentano la scala dimensionale delle proprie opere, che assumono, col tempo, l’aspetto di monumentali affreschi fotografici, formati da più pannelli che, uniti insieme, finiscono col comporre l’immagine finale. Una tendenza, questa, che si rafforza ancor di più con l’avvento del virtuale e la conseguente “manipolazione” dell’immagine. Appartengono a quest’ultima fase Le New Horny Pictures (2001), che rimandano inserzioni di mercenari del sesso, raccolte, classificate e poi articolate dagli artisti in imponenti composizioni.

Dopo la parentesi buia degli attentati terroristici di Londra, nel luglio 2005, Gilbert & George iniziano a raccogliere le locandine del quotidiano londinese Evening Standard, parte integrante della serie Six Bomb Pictures, che costituiscono le opere più sconvolgenti dell’ultima parte della loro carriera e che vengono definite, dagli stessi artisti, «le più agghiaccianti eseguite fino ad oggi».
Altri esempi di opere memorabili di Gilbert & George sono: The Singing Sculpture (1969), performance in cui G & G, vestiti in abiti eleganti, cantano una canzone d’amore in modo stereotipato ed ironico; inoltre, To Be With Art Is All We Ask (1970), fotomontaggio in cui i due artisti appaiono come figure androgine, con abiti e trucco che mescolano elementi maschili e femminili; poi Gordon’s Makes Us Drunk (1972), opera che celebra la cultura gay e la vita notturna londinese, con immagini di uomini vestiti in abiti succinti e pose provocatorie.


Gilbert & George hanno un saldo rapporto con l’Italia: tra i luoghi del cuore, spicca sicuramente la città di Napoli, che in più occasioni ha accolto il duo londinese. Invitati la prima volta da Lia Rumma (London Fog, 1974) e poi da Lucio Amelio (Bloody Life, 1975; Dark Shadow, 1977), successivamente hanno esposto più volte negli spazi della Galleria Alfonso Artiaco (New Testamental Pictures, 1998; Jack Freak Pictures, 2009; The Urethra Postcard Pictures, 2011; London Pictures, 2012). Una mostra personale è stata loro dedicata al Museo Nazionale di Capodimonte nel 1998.
Il primo aprile 2023, al culmine di un percorso decisamente controcorrente, hanno aperto, nella zona londinese di Brick Lane, vicino a Spitalfields, a due passi dalla loro casa georgiana di Fournier Street, il Gilbert & George Centre: un museo monumentale dedicato a loro stessi, ormai celebratissimi. Nel 1986, infatti, vincevano il Turner Prize; nel 2005 rappresentavano il Regno Unito alla 51ma Biennale di Venezia e, nel 2017, erano stati eletti membri onorari della Royal Academy of Arts da cui, nel 2020, si sono dimessi per divergenze istituzionali. «La location è stata scelta perché è al centro dell’universo. Abbiamo sempre vissuto in questa zona, che è in qualche modo globale. Viviamo in una via francese (Fournier Street), non indiana come Brick Lane, costruita su un cimitero di epoca romana, e non inglese. È una questione cosmologica», hanno affermato.



La fondazione d’arte, disegnata da SIRS Architects in collaborazione con gli artisti, si trova in un edificio del 1820 vicino a Brick Lane, parte di uno dei tanti birrifici dell’area, convertito successivamente in residenza, scoperto nel 2015 ed infine acquisito dalla coppia. Un gesto simbolico, questo, che mira a mostrare apprezzamento per la zona e per il patrimonio architettonico di Londra, e che preserva il legame della coppia col quartiere in cui scorrazzava Jack lo Squartatore.
Le loro composizioni visionarie su grande scala sono giungle psichedeliche che popolano le tre sale della struttura, caratterizzata da 280 metri quadri di spazio espositivo su una superficie complessiva di quasi 800 metri quadri, di cui 150 all’aperto. Il tutto a ingresso gratuito, in nome di quella arte per tutti che da sempre rappresenta la frase guida del loro iter artistico.
«Dopo tutti questi anni abbiamo pensato che fosse una buona idea avere uno spazio completamente nostro», hanno dichiarato. «Vogliamo che la nostra arte faccia emergere il bigotto dall’interno del liberale e, viceversa, estragga il liberale dal bigotto».

Gilbert Prousch e George Passmore sono l’antitesi del messaggio gridato e sopra le righe. Proprio per questo il loro ostentato aplomb britannico amplifica a dismisura la loro eccentrica performance artistica:
«Noi non siamo uomini o donne. Siamo Gilbert & George»: questa frase, pronunciata in diverse interviste, riassume la loro filosofia sull’identità di genere. Rifiutano di essere etichettati come uomo o donna, preferendo una visione più fluida e complessa dell’identità. La creatività e l’espressione artistica, per i due artisti, non appartengono solo agli uomini o alle donne, ma a tutti: «Dobbiamo essere liberi di essere chi siamo», senza aver paura di discriminazioni o pregiudizi. Perché bisogna sempre aver presente che «Le persone sono più importanti delle etichette» e che «Il futuro è gender fluid».

Le frasi di Gilbert & George sull’identità di genere sono spesso provocatorie e iconoclastiche. Tuttavia, il loro messaggio di fondo è di grande valore: la libertà di essere sé stessi, indipendentemente da qualsivoglia categoria o rigida definizione. In tal senso, il loro lavoro ha senz’altro contribuito, in modo cospicuo, alla promozione di una società più inclusiva ed aperta.
Il cammino è ancora lungo, ma il percorso d’arte e di vita di Gilbert & George c’insegna che tutto è possibile, persino affermare sé stessi e la propria identità. Per creare un’opera d’arte unica ed irripetibile; la sola in cui ci si possa riconoscere. Su e giù da un palco.
Teresa Lanna
Riferimenti e contatti
The Gilbert & George Centre
Copyright
© The Gilbert & George Centre © 2024 Gilbert & George
Immagine di copertine e immagine in evidenza
© Gilbert & George – Marley Walk, 302 X 507 cm
© Gilbert & George – Blanket, 227 X 254 cm
Questo articolo è parte della rassegna “Gender Fluid. L’Arte sfida i binarismi di genere – Mostra virtuale 3d“