di Ginevra Amadio.
L’attività di Helidon Xhixha, artista albanese che vive tra Milano e Dubai, inizia nel segno della predestinazione. Non che la sola infanzia trascorsa col padre Sali, nello studio di Durazzo, lo abbia formato alla scultura, ma è certo il respiro ancestrale, quel contatto diretto con le “fine arts” e il lavoro artigiano, di fuoco e algebra, a scolpirne il pensiero.
Conosciuto per gli interventi di arte pubblica monumentale fondati sul rapporto tra scultura e ambiente circostante, Xhixha ha ottenuto riconoscimenti internazionali senza perdere il contatto con quella manualità primigenia, quasi che la manipolazione dei materiali – in particolare l’acciaio inox che ha reso iconico il suo “gesto” – risponda, in fondo, a un bisogno di contatto, all’urgenza di indagare ciò che è attorno e che scompare.
Le installazioni dell’artista esprimono un linguaggio che è quello della geometria: dal cubo al parallelepipedo, dalla sfera alla piramide. Ogni superficie, per quanto esatta sia, instaura con l’ambiente un dialogo silenzioso, ne restituisce piani invisibili, dettagli che sfuggono alla percezione.
È un gioco di specchi, come si evince, ma ciascun riflesso apre varie interpretazioni, attraversa la luce e le ombre, passa per le curve progettate dall’artista, intreccia con chi lo guarda una relazione di conoscenza.
Spiazzante senza essere eccentrico, Xhixha guida il pubblico sulla strada del disvelamento, aiuta a focalizzare ciò che passa inosservato, quanto l’occhio considera ininfluente perché assuefatto allo sguardo piano, alle lenti lisce del quotidiano.
Recuperando la simbologia dello specchio come passaggio verso un universo altro, quasi mistico, e l’idea del riflesso come illusione percettiva, l’artista elabora paesaggi mentali, zone di confine tra il reale e l’immaginario ergendo a filtro interpretativo un materiale talmente piano, lineare, da prestarsi – quasi per insita contraddizione – alla deformazione fisica e “sensoriale”, sì che i frammenti di luce appaiono suggestive aperture verso una dimensione eterea, a tratti panica, che rende tangibile – al tempo – il nostro essere nel mondo, il movimento dell’uomo che si osserva dall’esterno.
Immagini discontinue, dunque, che focalizzazione la dissolvenza della percezione, o meglio ancora l’evaporazione dell’immagine che si ha di sé, sottoposta – come l’ambiente circostante – a continui cambi di prospettiva, a fluttuazioni che ricordano le corrispondenze alchemiche, dove è possibile scoprire legami nascosti, dar vita a flussi generativi.
L’azione fisica che modella la forma acquista, nella pratica di Xhixha, un valore monumentale, capace di restituire il senso dell’opera e il suo essere parte di un luogo specifico. La collocazione, sia essa interna come nella personale milanese o esterna come in Acquariaterrafuoco sul lago d’Iseo, funge da nerbo dell’argomentazione, ovvero illumina il principio-base dell’artista, quell’equilibrio tra logicità razionale-geometrica e una fluidità biologica, mobile, sospesa tra uomo, ambiente e pensiero.
Un lavoro di leggerezza quasi, orientato alla conoscenza del mondo e al riflesso che ne segna l’esperienza, dove l’uomo e la materia diventano l’occasione che l’ambiente ha per esprimersi, «per organizzare – come scrive Italo Calvino – alcune informazioni su se stesso».
Ginevra Amadio
Tutte le immagini: © Helidon Xhixha. Foto di Lorenzo Palmieri
Immagini dalla mostra
“Helidon Xhixha. La reggia allo specchio”
1 Luglio 2023 – 3 Settembre 2023
PALAZZO REALE DI MILANO
piazza Duomo, 12, 20122 Milano
02 875672; palazzorealemilano.it