
Maurits Cornelis Escher (1898-1972) è stato un grande maestro di arti grafiche, autore di più di 448 stampe tra litografie, xilografie e mezzetinte, oltre che di 2000 disegni e schizzi. Nato a Leeuwarden, nei Paesi Bassi, ultimogenito di un ingegnere idraulico che lo aveva avviato all’attività di architetto iscrivendolo alla Scuola di Architettura ed Arti Decorative di Haarlem, ma soltanto dopo una settimana di frequenza capì di volersi dedicare allo studio dell’arte grafica, incoraggiato in ciò anche dal suo insegnante, un certo Samuel Jessurun de Mesquita.
Terminati gli studi trascorse undici lunghi anni in Italia, dove si sposò e viaggiò prendendo appunti e realizzando in questo modo i molti disegni e schizzi che avrebbe poi usato come base per la creazione delle sue stampe, in particolare si può ricordare il paesaggio illustrante Strani, una piccola città della Costiera Amalfitana, ripresa anche nel suo capolavoro Metamorphosis I. Quest’ultimo è composto da una lunga serie di metamorfosi, all’inizio proprio dalla parola “metamorfosi” prende vita un mosaico di quadrati bianchi e neri che poi diventa un prato su cui sono posate due api, poi il prato diventa di nuovo quel motivo a scacchi che presto si compone di varie figure animali. Successivamente si crea invece un motivo ad esagoni, i quali ricordano la cella di un favo d’api, quindi in ogni cella c’è una larva d’ape che, una volta cresciuta, spicca il volo. Dopo però ognuna di esse si unisce a dei pesci bianchi e, una volta composto il motivo, gli interstizi tra i pesci assumono la forma di uccelli neri. Infine questa trama si trasforma in una rete di rombi che diventano a loro volta le case cubiche di una città in riva al fiume, la cui torre è al tempo stesso una pedina della scacchiera così creata.
Significativo nell’ideazione di questo gioco di metamorfosi è stato anche il viaggio compiuto nel 1922 all’Alhambra, un palazzo moresco costruito nel XIV secolo a Granada, di cui ammirò gli arabeschi avviando la serie delle Divisioni regolari del piano, in mostra ampiamente rappresentate e consistenti nello suddividere un piano in figure uguali che vengono poste vicine tra loro in modo da evitare la presenza di ogni spazio vuoto.
A riguardo egli aveva notato che era un vero peccato che i moreschi si fossero limitati ad utilizzare tessere di maiolica di forma geometrica, rinunciando all’inserimento di figure reali.
Ed è evidente che in queste opere Escher gioca con uno dei principi della teoria della Gestalt, ovvero il contrasto figura-sfondo, poiché i nostri occhi tendono a fissare un certo oggetto relegando il resto a sfondo, ma i ruoli possono anche invertirsi, oppure per un occhio ben educato può diventare possibile anche percepire le figure tutte sullo stesso piano.
In altre opere invece ha rappresentato strutture architettoniche animate da giochi prospettici e da spazi impossibili, ad esempio in Salita e discesa tutto ruota attorno ad una scala senza fine che gli abitanti di quel complesso devono percorrere senza sosta, potendo al massimo cambiare direzione se stanchi.
In altre ancora ha giocato con i riflessi, si pensi all’affascinante Tre mondi, nella quale la semplice rappresentazione di uno stagno boschivo è diventata il pretesto per rappresentare le tre dimensioni: la superficie dell’acqua su cui vi sono le foglie autunnali, le immagini dei tre alberi dello sfondo riflessi ed il pesce che si trova immerso nell’acqua.
Ma non mancano nelle sue opere i giochi con la Striscia di Moebius, simbolo dell’infinito, a volte perfino percorso da delle formiche, restando fedele all’illustrazione di quelle teorie scientifiche che hanno animato la sua intera produzione e a causa delle quali è stato accolto di più nei libri di matematica e fisica che in quelli di storia dell’arte. Quindi questa esposizione, per quanto esigua possa essere, è in ogni caso un buon omaggio a un artista spesso dimenticato dagli storici dell’arte.
Giada Carraro
articolo scritto in occasione della mostra “Il mondo di Escher”
2 settembre 2010 – 6 gennaio 2011
Casa Colombatti Cavazzini – Galleria d’arte moderna di Udine
