Il racconto della carne: la pittura di Massimo Lagrotteria

di Mariateresa Zagone.

Il racconto della carne: la pittura di Massimo Lagrotteria

Un binomio sembra all’origine del linguaggio di Massimo Lagrotteria, anzi due. Il primo si articola senz’altro fra la carne e il gesto scandagliando tutte le sfumature possibili che stanno in mezzo; l’altro, tra figurativo e astratto, ne trascende quasi la soglia sia nella descrizione di un corpo sia in quella di un volto.
L’artista si esprime con un linguaggio che non si allontana mai dalla figurazione, che forza la realtà in senso espressionistico e che non contempla lo scavo psichico dei personaggi.
La priorità è la carne. Figure singole o a gruppi si accampano “inette” contro sfondi che sarebbe eccessivo definire ambienti nonostante suggeriscano spazi chiusi e si offrono allo sguardo in una purezza carnale assoluta che ricorda la Scuola di Londra. É una pittura che acquista una propria vita.
Le pennellate sono decise e pastose ma la presenza dei soggetti è solo fisica e quelle pennellate hanno lo stesso verso rude ed istintivo quando si trasmutano in colpi di scalpello nel tufo o in gesti che plasmano l’argilla che rimangono impressi, come una grammatica scoperta ed evidente, sulle superfici delle sue sculture. Le stesse identità sono, molto spesso, bypassate da macchie che sostituiscono i volti, da colature di colore che suggeriscono occhi, nasi, labbra.

Lagrotteria afferma non esserci nulla da inventare, che tutto sia già stato inventato e va piegato alle proprie volontà, semmai reinventato, così come avviene con le fotografie che costituiscono l’ input iniziale dei suoi lavori. Il peso non è mai quello dell’esistenza, mancano i toni drammatici anche se non c’è leggerezza, manca l’esistenziale, ma l’ammasso della carne risulta claustrofobico.
E’ una ricerca di verità in pittura che mette a nudo l’immanenza fisica del corpo senza creare gerarchie o distinguo tra bellezza e bruttezza, brutalità e venustà.

L’intervista

[Mariateresa Zagone]: Chi è Massimo Lagrotteria?

Massimo Lagrotteria

[Massimo Lagrotteria]: Sono nato a Lucerna, in Svizzera, 52 anni fa; ma quando avevo appena un anno la mia famiglia si è trasferita a Carpi, dove tutt’ora vivo. Da diversi anni sono pittore e scultore

Quando è nata la tua passione per la pittura e quando hai capito che sarebbe stata la tua professione?

Credo sia nata con me. L’idea di creare qualcosa da un foglio bianco o da un pezzo di argilla mi ha sempre attratto. Direi che dopo aver preso reale coscienza di questa mia passione, tra alti e bassi, questa non mi ha più abbandonato. Posso quindi affermare che sia una costante della mia vita. È stato nello studio degli artisti che si è concretizzata la decisione di sviluppare un percorso analogo al loro; l’urgenza di dedicare il mio tempo a ciò che tutt’ora sto facendo.

È vero che il primo atto di un’opera è sempre autobiografico?

Diciamo che tutte le opere sono, anche se solo implicitamente, autobiografiche; in quanto contengono sempre qualcosa che appartiene all’interiorità dell’autore. È tuttavia un ottimo strumento per dire la verità sugli altri

Qual è il tuo rapporto con la storia dell’arte? Quali artisti o correnti sono stati imprescindibili per l’elaborazione del tuo linguaggio?

La Storia dell’Arte è sconfinata. Pertanto, spetta all’artista contemporaneo riuscire a “rubare” da questo vasto universo ciò di cui ha bisogno per costruire il proprio linguaggio. Indicare un artista o una corrente è difficile, per certi versi anche riduttivo. Sicuramente gli artisti anonimi delle grotte di Lascaux e Chauvet in Francia, o di Altamira in Spagna, sono quelli che ancora oggi mi lasciano senza parole. Potremmo dire che più di 30.000 anni fa, costoro avevano già inventato tutto. Eppure, restano uno dei più grandi misteri dell’umanità: il mistero del gesto e della sua intenzione. Un fatto che si perde nel buio della Storia.

Secondo te qual è la funzione dell’arte oggi?

L’arte è (tutta?) rivoluzione. I grandi artisti di ieri, come quelli di oggi, sono sempre dei rivoluzionari. Ma parlare di funzione è complesso. Forse, come si è più volte sostenuto, l’arte non serve a nulla. Ovviamente, si tratta di una dichiarazione provocatoria. “ Ceci n’est pas une pipe”, o no?

Cosa vorresti che il fruitore cogliesse principalmente nelle tue opere?

Non sono molto interessato a questo aspetto. Chi guarda una mia opera coglie ciò che vuole, non mi interessa. Però mi piace, quando capita (e mi capita spesso), sentire che un osservatore resta colpito da aspetti di una mia opera ai quali io non avevo nemmeno pensato. Per quanto mi riguarda, questa forma di stupore è molto seducente.

Qual è il tuo rapporto col cinema?

Non credo di potermi definire un cinefilo, ma vado molto al cinema. In effetti, credo che dovrei andarci di più… È una forma d’arte che amo, perché spesso ti fa riflettere su ciò che non conosci o non vuoi vedere.

E con la lettura?

Leggo in modo costante e di tutto: saggi, classici, biografie… Leggo anche molta narrativa contemporanea, soprattutto quella americana: Roth, Franzen, Foster Wallace. Sono autori che amo.

Hai scelto la figurazione e, in essa, la figura umana è centrale nella sua carnalità. Chi sono i protagonisti delle tue tele?

Sono persone che spesso osservano chi le sta guardando. Rappresentano un mondo che guarda un altro mondo, con apparente distacco, ma in realtà condividendone le miserie. Il più delle volte è così.

Pregi e difetti del “sistema dell’arte” in Italia

Il sistema dell’arte è composto da diverse figure: il critico più o meno importante, il curatore più o meno importante, il gallerista più o meno importante e infine l’artista… Una catena di persone, insomma… Ciascuna delle quali con pregi e difetti.

Sei pittore e scultore e, come pittore, sei materico, solido, corporeo. Come “risuonano” in te le due tecniche?

La scultura e la pittura sono solo due tecniche diverse, come il disegno. La mia arte non cambia, resta quella, anche se mi mettessi a scrivere poesie.

Cosa ti senti di consigliare ad un giovane studente dell’Accademia che volesse intraprendere la professione del pittore?

Semplicemente, gli direi di provare a “essere” il pittore che sente realmente di essere. Davvero. Altrimenti meglio lasciare stare, siamo già tanti…

Riferimenti e contatti
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Massimo Lagrotteria – Testa. Cemento ferro colori a olio, 22x35x28 (part.)
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