Intervista a Jacq, il pittore dei volti astratti

di Fabiana Maiorano.

Intervista a Jacq, il pittore dei volti astratti

Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima, eppure non è cosi per Jacq, il pittore anonimo di Prato il quale realizza ritratti favorendo l’espressione delle sole sopracciglia e della postura delle sagome che si stagliano, con contorni decisi, su sfondi dai toni accesi e dalle pennellate dense.

Gli occhi, il naso e – talvolta – le labbra scompaiono per dare libero spazio ad una pittura decisamente più semplificata, nella quale spicca una particolare dote di spontaneità ed astrazione che rendono le sue tele uniche ed originali.

Le figure trattate sono persone comuni che neanche sanno di essere riprese, dunque si attiva nello spettatore un meccanismo di riconoscimento attraverso una postura, un’arcata sopraccigliare che definisce un’espressione, un’acconciatura, piccoli dettagli per indagare l’anonimato dei “Volti di Jacq”, nei quali ci si può specchiare identificandosi o ritrovando gestualità e persone della nostra memoria. Chiunque potrebbe essere il protagonista dei quadri di Jacq, attento osservatore delle persone e studioso del colore grazie al cui uso attento si percepiscono le atmosfere che sprigionano dalle opere.

Belli per sottrazione, i soggetti del giovane artista dall’identità segreta hanno ricevuto ampi consensi dalla critica e dalle istituzioni, oltre che dal pubblico, nonostante la sua carriera sia piuttosto recente: nel 2012 si avvicina alla pittura realizzando il primo autoritratto, ma è nel 2016 che inizia ufficialmente in maniera continuativa il suo percorso artistico con il progetto “#voltidiprato”, successivamente rinominato “Volti di Jacq”.

Bruno Munari sosteneva che tutti sono capaci di complicare, aggiungendo ciò che si desidera, ma in pochi riescono a semplificare ed è proprio in questa interessante prospettiva che si colloca il lavoro di Jacq, il quale si concentra sulle espressioni delle persone che ritrae annullandole a loro insaputa ed esibendo la loro anima attraverso gestualità accentuate e cromie ricercate.

Gli oli su tela dell’anonimo toscano suscitano dubbi, smuovono certezze, fanno nascere una miriade di ipotesi in chi osserva per la prima volta le sue opere. È proprio questo che un buon artista dev’essere in grado di fare: svegliare le menti; ed è quello che fa Jacq attraverso le persone comuni che ritrae, raccontando così storie quotidiane nelle quali può identificarsi chiunque.

[Fabiana Maiorano]: La tua è un’arte davvero singolare perché lavorare per sottrazioni è prerogativa di pochi artisti nel panorama contemporaneo, ma aiutami a presentarti a chi non ti conosce. Chi è Jacq e perché scegli di rimanere anonimo?

[Jacq]: Sono un pittore che ha sentito l’esigenza di parlare delle persone, di descriverle andando oltre i tratti fisiognomici caratteristici dei volti, disegnandone poche sintesi che riescano a far emergere il vissuto e l’anima dei soggetti. Essere artista per me è riuscire a trasmettere agli altri il mio bisogno di rendere visibile e accessibile il mio modo di descrivere e identificare le persone. Ho deciso di mantenere l’anonimato perché in un certo senso sono le mie opere ad identificarmi come autore, sono la mia firma e voglio che vengano apprezzate senza alcun riferimento alla mia vita. Tutto il mio lavoro è incentrato sulle persone, non su di me che li ritraggo. Io sono i miei dipinti. L’anonimato è inoltre un buon modo di giudicare un dipinto, senza avere alcun pregiudizio su chi lo realizza.

Jacq

L’anonimato rischia però di essere una lama a doppio taglio: qualcuno potrebbe essere attratto dal personaggio anonimo più che dalle opere. Ti ritrovi con questa riflessione?

È inevitabile che il lavoro artistico sia legato anche al mio anonimato. Diciamo che però c’è un equilibrio stabile tra chi nota il mio lavoro e chi è incuriosito più da Jacq. Sono due aspetti che coesistono e l’uno non esclude l’altro. Mantenere segreta la mia identità ha lo svantaggio di non poter avere un contatto diretto col pubblico, del quale non posso cogliere le reazioni quando si trovano dinnanzi le mie opere. Per questo motivo tempo fa ho girato un video al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, dove sono state esposte alcune opere e i visitatori venivano ripresi nel momento in cui si riconoscevano nel ritratto.

Sei molto attivo sui tuoi canali social, sicuramente questi ti agevolano nel tuo rapporto con il pubblico. La pandemia ha agevolato questo legame?

Si, i social aiutano tanto, sono una buona cassa di risonanza per il mio progetto artistico nonostante l’anonimato. Terminato il dipinto, lo condivido sui miei social network e le persone vi si riconoscono, oppure capita che distinguano i tratti di amici o familiari. Capita, poi, che postino online il dipinto a loro volta.
Ho sempre avuto un bel rapporto con il pubblico a distanza e sicuramente la pandemia ha avvicinato molte più persone ai miei lavori.

Jacq

Il tuo è un lavoro che procede per sottrazione, ma un ruolo fondamentale nella produzione è ricoperto dal colore. Perché è così importante?

L’associazione per colori è emotiva e sensitiva. Generalmente accosto i colori alle persone, quindi in realtà questi sono pensati in rapporto al ritratto che vado ad eseguire, sulla base degli stimoli e delle sensazioni che qualcuno mi trasmette nel momento in cui decido di ritrarlo.

Hai avuto qualche artista che ti ha ispirato particolarmente?

Sono cresciuto in una famiglia appassionata d’arte con quadri dei postmacchiaioli e sostanzialmente sono stato da sempre attratto dalla pittura e dallo studio del colore. Chiaramente col tempo ho avuto delle influenze artistiche predominanti come Modigliani, De Chirico, Van Gogh: artisti che lavoravano molto “di pancia”, elaborando espressioni, sentimenti e sottrazioni: tutti elementi che a grandi linee si ritrovano nei miei lavori.

La tua carriera è giovane, ma già costellata di apprezzamenti. Quali sono le tue aspettative nei confronti del sistema dell’arte?

Ad oggi lavoro molto con persone – del mondo dell’arte e non – che apprezzano i miei lavori. Entrare a far parte del sistema dell’arte è un’impresa ardua, perché non è facilmente accessibile a tutti, ma per ora sto ricevendo diversi riconoscimenti e ogni giorno porto avanti il mio progetto artistico avvicinandomi sempre a più persone. La mia è un’arte semplice e diretta e per me è importante trasmettere il concetto della sintesi che permette di far raccontare storie intrise di emozioni.
Mi aspetto che il sistema dell’arte, soprattutto italiano, mi riconosca e supporti il mio lavoro. Essere riconosciuto in Italia per la mia arte sarebbe certamente gradito.

Progetti per il futuro?

Per ora sono in una fase di interrogazione sulle varie possibilità di ricerca sulle persone e sui colori. Chiaramente non lascerò il progetto dei ritratti perché è il mio linguaggio che mi contraddistingue, ma diciamo che mi sto interrogando su come la mia arte possa evolvere, esplorando nuovi materiali ad esempio.

C’è qualche esposizione in corso dove possiamo vedere le tue opere?

Recentemente ho avviato una collaborazione davvero interessante con Iper-Collettivo per la realizzazione di “Fabbricazione”: una maxi installazione site specific nello spazio industriale di Beste Hub – Monobi a Prato. È stata costruita con moduli di plastica rigenerata e la realizzazione è stata partecipata con gli artisti del collettivo e la comunità di Beste – Monobi. Il punto d’incontro tra me, gli artisti e l’opera finita sono le persone che interagiscono con il lavoro finito. Date le dimensioni, infatti, i visitatori ci camminano, ci si siedono, interagiscono con i materiali, benchè sia stata pensata per una vista dall’alto. Resterà visitabile fino al 16 luglio.