Intervista a Marco Bravura: “La mia arte, un mosaico di vita, tra culture ed etnie”

di Teresa Lanna.

Gli esseri umani hanno un solo desiderio e aspirazione: la pace”. Parola di Marco Bravura, che da una vita realizza opere originali ed interessanti, accostando, l’una accanto all’altra, tessere di mosaici monumentali che, in una visione d’insieme, paiono comporre gli infiniti aspetti del pianeta terra, con le sue meraviglie e contraddizioni.

Nato a Ravenna nel 1949, dopo il diploma dell’Istituto Statale d’Arte per il mosaico di Ravenna, completa la sua preparazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia, città in cui vive e lavora per alcuni anni. Dopo aver viaggiato per un lungo periodo, torna a Ravenna, dove, nel 1987, apre uno studio di mosaico.

Bravura, attraverso i suoi lavori, attualizza nella contemporaneità la tradizione musiva, genius loci della città bizantina. Ha fondato una Scuola di mosaico nella città di Beirut con un protocollo di collaborazione con il Comune di Ravenna ed il Centro per la Formazione Professionale della Provincia di Ravenna.
Tra i riconoscimenti ricevuti, figura il 1° premio della Biennale d’Arte Romagnola, sezione mosaico, nel 1998. Ha esposto in numerose mostre, in Italia e all’estero. Tra queste, la Biennale di Venezia (2011) e la IV Biennale d’Arte Contemporanea di Mosca. Le sue opere sono presenti in musei e, inoltre, in varie istituzioni, banche e collezioni private; in Europa, Russia e negli Stati Uniti.
Vive e lavora tra Mosca e Ravenna.

Abbiamo intervistato l’artista, partendo dagli albori della sua formazione professionale, fino ad oggi.

[Teresa Lanna]: Partiamo dall’inizio del suo percorso professionale: ha capito sin da subito cosa avrebbe voluto fare e, se sì, come nasce la sua passione per il mosaico?

Marco Bravura a Dom LIteratorov

[Marco Bravura]: Il primo impatto lo ebbi a 8 anni, quando visitai Sant’Apollinare Nuovo. Portato per le materie artistiche, mi iscrissi all’Istituto d’Arte del Mosaico, da pochi anni sorto a Ravenna. Nonostante Saetti, il mio professore all’Accademia di Belle Arti di Venezia, mi spingesse ad esprimermi col mosaico, non frequentai la tecnica per molti anni. Tornato a Ravenna in età più matura, si riaccese in me quell’interesse. Facevo sempre più spesso sculture e trovavo che il mosaico fosse insostituibile per riportare il colore e la luce nelle forme plastiche.

Nel 1998 ha vinto il 1° premio della Biennale d’Arte Romagnola, sezione mosaico. Ci descrive la genesi dell’opera premiata e, inoltre, quella de “La luna nel pozzo”, realizzata nello stesso anno?

Alla Biennale d’Arte Romagnola del 1998 presentai uno dei miei Arazzi. Faceva parte di una serie di pannelli musivi ispirati ai miei viaggi nel Rajasthan. Avevo visto le donne di Jaipur che mettevano assieme semplici pezzetti di stoffa e piccoli specchi; mi fecero tornare alla mente la tecnica del mosaico e, con smalti e ori, ho cucito le mie memorie dell’India. Per quanto concerne l’altro quesito, “La luna nel pozzo” è una delle prime fontane che ho eseguito, commissionata dal comune di Sant’Agata Feltria. Nella nicchia con soffitto a botte preesistente, ho immaginato una galassia: un movimento rotatorio che ho poi sviluppato in molti altri lavori che sono seguiti. Nella galassia di questo mosaico, le tessere sono di dimensioni tradizionali e collocate in modo tradizionale nella malta che le accoglie, con interstizi e uso di molti materiali argentei e madreperle per ottenere luce; in lavori successivi come “Vertigo”, “Vortex Attraction” e perfino “RotoB”, le tessere sono rettangolari, monocromatiche, e si affastellano una sull’altra a creare il movimento universale che è presente nelle galassie, nella crescita delle piante, negli uragani e perfino nello scorrere del sangue nell’aorta.

Marco Bravura – La Luna nel Pozzo

Lei vive tra Ravenna e Mosca; come avete affrontato lei e sua moglie questi difficili mesi di guerra?

Dopo un primissimo momento in cui siamo rientrati in Italia, abbiamo sentito di poter ritornare in Russia. Molti amici russi avevano anch’essi abbandonato il paese, ma molti erano rimasti. Il nostro ritorno li ha colpiti positivamente e, di conseguenza, ha toccato anche noi. Abbiamo ricevuto costanti dichiarazioni di affetto e ringraziamento. Gli esseri umani hanno un solo desiderio e aspirazione: la pace. La cultura e le attività culturali hanno sempre fatto da ponte e io vivo tutto ciò come un privilegio.

Un’opera presuppone sempre una lunga preparazione iniziale; di solito, nasce prima il titolo e poi il disegno preparatore?

I miei lavori iniziano da una idea, da un concetto che sento fortemente. Dall’immagine che mi rappresento a livello subliminale, passo poi al disegno preparatorio, o una maquette se si tratta di una scultura. Il titolo viene dopo. Trattandosi di mosaico, non lavoro su un cartone preparatorio; anche quando devo presentare una opera su commissione, dò solo una idea di massima, poi il racconto musivo si esplicita in totale libertà creativa.

Comporre un mosaico è un’operazione molto faticosa; con quale criterio sceglie i vari materiali e i colori che caratterizzano i suoi lavori?

La ricerca dei materiali va di pari passo con la ricerca dei colori ed è costante, nei miei viaggi, dai ‘grandi viaggi’ agli spostamenti di poche centinaia di chilometri. Ho una sorta di ‘ossessione’ per materiali che non sono prerogativa del mosaico di tradizione.

Marco Bravura – Arazzo Rosso

Lei ha realizzato meravigliosi arazzi; in media quanto tempo impiega la loro realizzazione e qual è il momento ideale della giornata per concentrarsi al meglio?

Mia moglie è quella con la fissa del tempo e, quando me lo chiede, la mia risposta è spesso la più banale, e cioè «Ci metterò il tempo che ci vuole». Il tempo è dalla mia parte, perché inizio presto al mattino e sono molto costante. Nel pomeriggio, dalle 16 alle 17, noto di vivere momenti di intensa produttività, che danno quasi una spinta al mio rimanere in studio mediamente fino alle 19 e anche oltre, specie d’estate.

Marco Bravura – Golden River Kazan

Tra le varie opere urbane compiute, vi sono “Golden River” e “Tre Onde”; ci illustra il lavoro propedeutico alla loro realizzazione?

“Golden River” è nato dalla collaborazione con l’architetto Sergei Tchoban per partecipare alla mostra “Hibryd”, dedicata al tema del Metissage al Fuori Salone 2013 a Milano. Il grande architetto aveva progettato due elementi che si avvicinavano senza integrarsi; io ne ho fatto un Fiume che nel suo fluire d’oro trascina «pietre preziose e bellissime», in realtà cotissi nei colori dei rubini, smeraldi, zaffiri, diamanti. E qui torniamo ai materiali, anche poveri: i cotissi, infatti, sono il materiale di scarto della lavorazione del vetro a Murano. Avendo già collaborato con il Ravenna Festival, mi venne commissionata una scultura che celebrasse una serata storica. Tre presidenti (di Italia, Croazia e Slovenia) si trovavano seduti accanto per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale. Tre strutture, unite alla base, costituiscono la scultura, suggerendo il movimento di tre onde del mare che bagna Italia, Croazia e Slovenia. Tre onde di uno stesso mare che idealmente le unisce. Il materiale predominante non poteva che essere pietra carsica, che pervade il territorio e che ricorda il moto ondoso e gli interstizi propri del linguaggio musivo. Gli andamenti curvilinei ricadono, poi, in una ‘spuma’ bianca, argentea, luminosa e trasparente.

Lei è molto vicino alle tematiche sociali; lo dimostra, ad esempio, con “Lampedusa”. Cosa pensa della questione immigrati?

Avevo visto un reportage sulla tragedia dell’ottobre 2013 e fui colpito dalla testimonianza di un pescatore che descriveva il proprio dolore nel vedere gli oggetti che vedeva galleggiare o arrivare alla battigia. “Lampedusa” nacque in brevissimo tempo, con un materiale ceramico sottilissimo che mi permise di ricoprire gli oggetti che il pescatore mi aveva fatto vedere nel suo dolore. Lampedusa per me è una lapide, un sudario, un velo pietoso per coprire una tragedia che toglie parole e colore alla realtà. Le migrazioni sono la storia stessa dell’umanità da migliaia di anni, quindi come fenomeno andrebbe accolto e affrontato. Il che porterebbe a gestire gli esseri umani che definiamo immigrati in modalità che al momento mi sembrano ancora lontane dal poter essere definite soddisfacenti.

Marco Bravura – Lampedusa

Proprio davanti all’ingresso principale del Museo MAR di Ravenna, dal 2015, è possibile ammirare una “rotoballa” a grandezza naturale. Ci spiega come l’ha concepita?

Sono sempre stato attratto dal ready-made, ma come artista sento l’esigenza di intervenire. Nel caso di “RotoB”, ho voluto riproporre fuori dal contesto bucolico questo oggetto che ciclicamente vedevo nei campi di tutto il mondo. Il mio utilizzo di oro per questa opera è una metafora: facendo diventare oro la paglia, scarto del grano, ho voluto sottolineare il valore, ovviamente ancora più prezioso, del prodotto della terra.

Marco Bravura – RotoBalla, San Vitale, notturno

Tra le sue opere speciali figura “Ardea Purpurea”, che si trova a Beirut, in Libano. Come nasce questa scultura e cosa rappresenta?

“Ardea Purpurea” nasce a ricordo di un concerto tenuto dal Maestro Muti, con il Ravenna Festival, “Le Vie dell’Amicizia”; un segnale di speranza in una Beirut martoriata da diciassette anni di guerra e che, nel 1998, sembrava ritornare alla pace. L’associazione Italia-Libano mi commissionò un monumento che potesse evocare l’ideale di rinascita, di speranza nella ricostruzione. Mi proponevo una scultura come ‘luogo’ dove l’osservatore potesse sentire e rivivere la trama storica col suo tessuto di eventi e vicende, per trovarvi elementi di identificazione tali da suscitare il coinvolgimento. L’idea di base, dunque, fu quella di simboleggiare un’araba fenice; il mitico uccello che rinasce dalle ceneri: solo due ali, però, per ricordare l’Ardea Purpurea. Ho poi scelto di esprimere il racconto musivo tramite l’utilizzo di simboli, sia nel realizzare la forma scultorea che nella decorazione a mosaico, privilegiando il senso più genuino di questo termine: sum-ballein, il ‘mettere insieme’. Il linguaggio simbolico mi affascina per la sua capacità di intrecciare finito e infinito, umano e divino. Le citazioni simboliche provengono dall’intero pianeta: si è trattato di raggruppare, quasi a farle convivere simbolicamente, etnie, culture e religioni, annodando le une alle altre in una libera creatività di colori e andamenti, come voci di un coro che mi piaceva ascoltare.

Marco Bravura – Vortex Attraction primavera

Infine, lei il 17 dicembre 2022 inaugurerà l’esposizione “Per quindici anni mi sono coricato presto la sera”; come mai questo titolo così originale quanto ironico e quali saranno le opere esposte presso la Galleria Pallavicini di Ravenna?

Quindici sono gli anni che ho trascorso in Russia; un lasso di tempo in cui la mia vita scorre con ritmi e impegni diversi dalla vita in Italia, dove ritrovo famiglia e nipoti. Qui raramente partecipo ad eventi di vita sociale; in compenso, leggo moltissimo, trovando perfino modo di riprendere in mano il tomo di Proust, “La Recherche”, dal cui incipit ho mutuato ironicamente il titolo della prossima esposizione. Invitato da Claudia Agrioli di Pallavicini 22 a tenere una mostra, le ho detto che quasi tutte le mie opere si trovano in Russia e che quindi avrei solo potuto parlare di questi quindici anni di produzione intensa, mostrando filmati e immagini. Il tempo in Russia, il coricarsi presto la sera, mi ha regalato due vantaggi: ho avuto molto tempo per produrre le numerose idee che si affollavano nella mia mente e, inoltre, tanto tempo da poter dedicare alla lettura.

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Immagine in evidenza: Marco Bravura – Golden River, Milano
Tutte le immagini: © Marco Bravura

Marco Bravura – Onde