Intervista a Pitmarels, l’artista della falsa apparenza

di Alisia Viola.

Intervista a Pitmarels, l'artista della falsa apparenza

Attraverso la fruizione degli stickers come medium principale della sua produzione, l’artista Pitmarels crea immagini che pongono al centro del suo lavoro il concetto di falsa apparenza. Le sue opere, infatti, possono e devono essere lette cambiando continuamente prospettiva. Partendo da una visione d’insieme, dove l’opera si mostra nella sua interezza, si arriva ad una visione più ristretta dove emergono tutti i dettagli che la compongono.

[Alisia Viola]: Le tue opere presentano un segno distintivo estremamente singolare, composte da stickers ispirati all’adesivo chiquita. Riflettono una visione ironica della società in cui viviamo; tuttavia, i tuoi lavori celano un messaggio che va oltre a ciò che potrebbe sembrare, proprio perché nascono dall’dea della cosiddetta falsa apparenza. Cosa significa?

Pitmarels – Sticker

[Pitmarels]: Il concetto di falsa apparenza nasce dopo un episodio molto particolare. Un giorno all’interno di un supermercato una signora si lamentò per un fatto alquanto strano. Trovò l’adesivo della chiquita su una pera anziché su una banana e ne rimase quasi sconvolta. A quel punto mi sono chiesto quanto l’immagine che ci appare davanti può influire sulla percezione che abbiamo su di essa e quanto la sostanza, in questo caso la tipologia di frutto, passi in secondo piano. Da quel giorno mi sono domandato dove si trovasse il confine tra realtà apparenza ed effettivamente ho compreso che la vita non può e non deve essere letta come una verità assoluta, ma è necessario che ognuno abbia una personale visione. Da qui nasce la mia definizione di falsa apparenza. Nel mio primo lavoro ho modellato in gesso una pera e l’ho ricoperta con gli adesivi del marchio Chiquita. Alla base della mia ricerca è sempre presente l’aspetto ludico tra la percezione lontana e vicina di ciò che osserviamo. Da una visione più remota si ha un’idea di superficie e da vicino si scende in profondità; in questo modo appare una personale essenza dell’oggetto o della persona in questione. Alla fine, se ci pensi la falsa apparenza è ovunque. È quello che noi vogliamo vedere ma che in realtà non è, talvolta condizionati dalla società in cui viviamo. Qualsiasi opera d’arte, letteraria o cinematografica, cela volontariamente o involontariamente questo concetto. L’idea nasce sempre da una determinata intenzione e l’uomo ne attribuisce sempre una autenticamente personale, andando necessariamente a smussare o a capovolgere quella originaria.

Pitmarels – Falsa apparenza, 2016

Attraverso un costante processo di sperimentazione sei arrivato ad oggi a fruire di un unico mezzo che ti permette di esprimere al meglio questo concetto di falsa apparenza. Da dove nasce la scelta di utilizzare lo sticker e qual è il valore aggiunto rispetto a tutti gli altri medium?

Inizio raccontandoti una storia, perché alla fine la scelta dell’adesivo parte proprio da qui. Un giorno trovai un piccolo cimelio di famiglia, una scatoletta d’argento ignota contenente degli adesivi tra gli anni 50’ e 90’ appartenenti a mio papà e a mio nonno e me ne sono innamorato completamente. È quasi come se inconsciamente avessi deciso di portare avanti la loro passione verso gli adesivi pubblicitari che in superfice apparivano in un modo ma alla base celavano un messaggio provocatorio. Ho preso questi adesivi donando loro un nuovo abito, quasi opposto al loro ruolo originario. Sono andato ad intervenire su questi travolgendo totalmente il loro significato. Ho stravolto anche la funzione dello sticker stesso. Da una funzione prettamente pubblicitaria, l’adesivo diventa il mio pennello, il mio colore, la mia tela. Non so se questo medium possa avere qualcosa in più o meno degli altri, però sono fortemente convinto che sia il mio medium e che non saprei esprimermi diversamente.

Pitmarels – Audrey, 2021

L’adesivo in questo caso non costituisce unicamente lo strumento principale per la realizzazione delle tue opere. Potrebbe essere considerato esso stesso un’opera d’arte. Non è così?

Assolutamente sì. Alla fine, io sono partito riprendendo il simbolo della chiquita rivisitandolo attraverso uno timbro estremamente unico e personale. Da qui nasce il simbolo di Pitmarels inserito al posto della scritta chiquita e al posto della banana il mio volto senza un’identità specifica. Come dici tu, potrebbe essere considerato l’adesivo già di per sé un’opera d’arte poiché sono riuscito ad immagazzinare questo simbolo e trasformarlo ad hoc per ogni scenario da me realizzato. Anche l’adesivo stesso mostra il concetto di falsa apparenza, basti pensare alle variegate interpretazioni che cela al suo interno. Al primo sguardo rimanda direttamente al marchio chiquita e avvicinandosi invece appare la vera natura del suddetto stravolto completamente da me.

Pitmarels -Fake orgasm, 2021

Un altro concetto che ritroviamo all’interno di ogni tuo lavoro è la perdita di identità che si ricollega perfettamente a quello della falsa apparenza. In quale momento le figure raffigurate perdono la loro identità?

La perdita di identità è un altro concetto importante del mio lavoro che nasce conseguentemente a quello della falsa apparenza. Facendo riferimento al primo adesivo da me creato di un me senza volto, ho deciso di nascondere la mia identità, la quale si mostra una volta osservata l’opera da una distanza ravvicinata. Si tratta di una perdita di identità iniziale mediante l’osservazione remota che viene acquisita in secondo luogo attraverso un campo visivo ristretto. L’identità si mostra una volta osservata l’opera da vicino, da lontano si ha semplicemente una visione totalitaria. Tutti i miei adesivi sono caratterizzati da soggetti privi di connotati identificativi, da qui deriva la perdita di identità. Nelle mie opere non è il soggetto il vero protagonista, bensì le più variegate sfumature che lo compongono. Metaforicamente gli adesivi rispecchiano il carattere composto da strati che analizzati singolarmente rappresentano ciascuna delle sfaccettature che ci rendono essere umani.

Pitmarels – What u want!, 2022

Nelle tue opere sono spesso presenti richiami a figure iconiche del passato rivisitati attraverso il tuo tratto distintivo. Qual è il motivo di questa scelta?

Tutto deriva sempre dal concetto della falsa apparenza. Oggi non consiste più nel semplice richiamo alle icone del passato, talvolta il collegamento al passato è intrinseco nel mio lavoro poiché il presente ha un volto antico. Non si tratta di una falsa apparenza lontana ma vicina ai nostri giorni. Io stesso vedo tutto attraverso questa chiave di lettura, da me in qualche modo coniata. Ad esempio, quando vidi Harry ti presento Sally di Rob Reiner, collegai immediatamente la famosa scena dell’orgasmo simulato di Meg Ryan all’estesi di Bernini. Non esiste un reale motivo di questa scelta, credo sia soprattutto derivata da una volontà inconscia di inserire la falsa apparenza ovunque. Alla fine, questo concetto possiamo applicarlo a qualsiasi cosa. Trovando due figure in posizioni similari appartenenti ad epoche e mondi diversi, voglio mostrare la presenza costante di un legame indissolubile tra passato e presente, un filo che non si potrà mai rompere perché sempre strettamente collegato e connesso.

Pitmarels – New oath, 2022

Vorrei prendere in esame This not Caravaggio, l’ultima opera da te realizzata. Partendo dalla scelta del titolo si deduce una sottile ironia, elemento che si cela dietro ogni tuo lavoro. In questo caso specifico cosa hai voluto rappresentare?

This not Caravaggio è l’ultimo lavoro e sicuramente quello più completo che riesce ad includere tutto il mio processo di sperimentazione da sette anni a questa parte. Quest’opera è un punto di inizio dove emerge un Pitmarels autentico. Sicuramente è presente una sottile ironia, ma soprattutto si cela una chiara falsa apparenza che pervade l’intera opera. Gli adesivi che la compongono rimandano immediatamente al simbolo della Chiquita, ma una volta osservata l’opera da vicino si scopre il vero adesivo, privo di identità, dove si legge la scritta Caravaggio. Anche qui è il mio lavoro è frutto di una provocazione consapevole. Ho voluto rappresentare Davide con la testa di Golia, il quale da lontano appare come se fosse un quadro di Caravaggio, ma in realtà si tratta dell’opera Davide con la testa di Golia di Giovanni Lanfranco (1617). Osservando l’immagine appare una costellazione di adesivi con la scritta Caravaggio che induce per la prima volta lo spettatore a ricreare un percorso squisitamente personale.

Alisia Viola nello studio di Pitmarels; l’opera è “This not Caravaggio,2022”

Immagine in evidenza: Pitmarels – This not Caravaggio, 2022

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