
Karl Plattner: ossia un discorso che svolge e sviluppa nel tempo, nel più vivido ed efficace linguaggio espressivo d’oggi e senza trascurare alcuna delle “invenzioni/base” della “grande avanguardia”, l’eterno medium della pittura.
Solide come dipinti della scuola di Norimberga, le sue superfici pittoriche evocano gli smalti dei maestri dureriani e di Grunewaid, le campiture secolari degli affreschi carolingi della sua Malles alla sensibilità così acuta e sensibile in lui dell’imagerìe popolare altoatesina, il suo lindore, la sua moralità e le sue fedi; e poi, all’incontrarlo, i suoi vizi segreti, le ancestrali feroce valligiane riscontrandone poi, ahimè, aggiornamenti d’oggigiorno nelle metropoli europee e americane.
È proprio in questo misurare la storia figurativa nel suo tempo, nell’arte e nel costume contemporanei, che la dimensione di Plattner si misura con forza ed espressività insolite oggigiorno.
L’alienazione e lo smarrimento dell’uomo oggi, il suo illusorio benessere e, in realtà, il suo disperato agitarsi nella gabbia della propria nevrosi.
Bloccati in un eterno istante dalla lama tagliente dell’intuizione artistica, i suoi istinti e sentimenti profondi, i bagliori o i desolati silenzi della ragione si fanno figure d’una situazione emblematica: “quando leggo che abbiamo accumulato nel mondo più di dieci volte l’esplosivo necessario a far saltare in aria il nostro pianeta, mi sento totalmente bloccato… Come posso restituire lo choc ricevuto senza propagare all’intorno quest’energia negativa?”.
Così rispondeva Plattner al suo intervistatore Maro Coughiin (*) nel 1982 e alla luce di quest’immobilità (su cui insiste anche De Micheli nel catalogo dell'” antologica” di Castel Mareccio) di questa paralisi per gli immani rischi che ci sovrastano e verso cui siamo impotenti a reagire, le sue figure, quei suoi inquietanti paesaggi pervasi di brividi, quella sua psicoanalisi continua e profonda del personaggio attuata attraverso i più rigorosi mezzi del dipingere, questo suo mondo espressivo insomma, acquista una dimensione più profonda, più ampia di una semplice definizione socio/politica o anche soltanto artistico/espressiva.
Si vuoi dire qui che la pittura di Plattner è un fatto individuale (come tutta l’arte figurativa contemporanea) ma che ha ancora la possibilità di tradursi in pura coralità tra gli uomini, anche al di là delle fazioni e delle stesse ideologìe imperanti.
Rifare la storia e lo sviluppo figurativi di Plattner significa (fatto che accomuna, questo sì, tra loro gli artisti di questa mostra trentina oltre alla loro dimensione espressiva europea) imbatterci in una storia di coerenza figurativa assoluta.
Se agli inizi, il clima artistico italiano del dopoguerra (nel momento del suo passaggio dalla tematica resistenziale a quella esistenziale) gli diede pretesto per un’evocazione dei “suoi” (che tali sempre furono) temi prediletti in chiave drammatico/informale (per via d’una ricchezza e preminenza e splendore della materia), via via addolciti in una visione spesso felicemente ornamentale e perfino scenografica (chi conosce la grande idea-guida per la “Giostra della vita” del 1965 si chiederà perché a Plattner non si rivolgano i teatri lirici e anche quelli drammatici per le loro scene) dove gli accenti contestatori e socio/politici si fanno più sarcasticamente satirici, mentre certe esperienze astratto-concrete, così come nel compagno di gruppo e di lavoro Leonardo Cremonini, inventano una felice contaminazione tra razionalità e figure espressioniste; per paradosso come se Bacon venisse rinchiuso in una scacchiera di Piet Mondrian.
Se dopo il ’70 si può notare una ricerca sempre più scavata sul colore smaltato e cantabile, verso 1’80 direi che l’arte plattneriana prende un’ampiezza monumentale, epica talvolta, sia che inclini al tema sociale anche a quello privato e amoroso, sentito con una tenerezza non più morbosa ma, seppur nordicamente rude e spoglia, carezzevole e felicemente erotica.
È una sorta di elegia di luci e di ombre nette e fonde, di effetti di lume mentre il segno s’è fatto ancor più semplice e fluente a definire campi netti per un colore puro e splendente.
Giorgio Mascherpa

Tratto dal Catalogo: “Plattner”
Pro Loco di Strigno e Ivano Fracena
Assessorato alle Attività Culturali, Ass. al Turismo della Provincia Autonoma di Trento
luglio-agosto 1984
(*) Catalogo della personale di K.P. alla Goethe Galerie di Bolzano, fine ’82. Principale documento di consultazione per Plattner resta tuttavia il Catalogo per la mostra di Castel Mareccio dell’autunno 1977 con scritti di Sotriffer e Mario De Micheli e rjcca bibliografia. Si vedano anche i volumi sugli affreschi per la Cappella Europa dell’autostrada del Brennero con testi di Leo Feist e Richiard Hiepe (1965); la monografia per opere dal 1966 al ’71 della Galleria 32 di Milano (De Micheli), 1971; quella di Franco Solmi per la Grafis Arte, 1972 e ancora il catalogo del Sudtiroler Kulturinstitut, Bolzano, 1979, con opere del biennio precedente.