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Klimt e il Novecento: il declino dorato di un secolo sospeso

di Paola Milicia.

Klimt e il Novecento: il declino dorato di un secolo sospeso

È probabilmente uno degli artisti del Novecento più noti e apprezzati dal grande pubblico italiano.
Opere come “Il bacio”, “L’albero della vita”, “Ritratto di Signora” (trafugato e ritrovato nel 2019) o “Giuditta” (ritratto di Adele Bloch Bauer a cui si lega una vicenda recente che merita un racconto a parte) sono icone ormai celebri nella cultura popolare nostrana.
Eppure, Gustav Klimt resta un artista ancora da raccontare, anche e soprattutto, alla luce di quel rapporto che lo accosta alla scuola divisionista, e più in generale, all’Italia dove soggiornò in diverse occasioni, innamorandosi dei mosaici bizantini di Ravenna.

La mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia” (al Museo di Roma fino a domenica 27 Marzo 2022) costituisce un’importante occasione di conoscenza anche dell’arte italiana, con uno sguardo rinnovato ai grandi pittori quali Enrico Lionne, Vittorio Zecchin, Guido Marussig di cui non si parla mai abbastanza nonostante abbiano magistralmente reinterpretato lo spirito crepuscolare del tempo, le nuove istanze ideologiche e politiche che li proiettano a buon diritto al centro ideale dell’Europa klimtiana e delle generazioni di artisti contemporanee.

È difficilissimo, quasi, impossibile, fissare dei limiti e attribuire dei contenuti esclusivi alle correnti artistiche che contrassegnarono la fin du siécle e senza dubbio, l’aspetto esteriore più appariscente dell’epoca in cui Klimt visse risiede nella convivenza isterica e caotica (ma non dilettantistica) di elementi che si rinnovano e si consumano dentro più di una scena culturale.
Il caos, l’eclettismo, l’eccesso di cultura proveniente da tutto un continente in movimento, troppo varia e troppo rapidamente assimilata, accendono un dinamismo artistico che andrebbe perciò analizzato sotto la luce del suo avvicendarsi e intrecciarsi.

Basti dire che l’entusiasmo verso il nuovo secolo – che per molti critici è uno dei tanti simboli più eloquenti di un grande e tragico disorientamento che si trascinerà fino alla Seconda guerra mondiale- portò alla sovrapposizione inebriante di correnti artistiche e di pensiero: tra simbolismo francese e mitteleuropeo, preraffaellismo e impressionismo, si afferma un pastiche scomposto di influenze che vede intrecciare il nome di Gustav Klimt a quello di Vincent Van Gogh, Édouard Manet, Claude Monet, Paul Cézanne, Eduard Munch, Hans von Marées, Ferdinand Hodler, Giovanni Segantini, Max Klinger e Fernand Khnopff, e scultori come Auguste Rodin.

Tuttavia, Klimt, il più grande esponente del “nuovo”, non fu mai un vero secessionista né nel senso di una tecnica scientifico-sperimentale, né nell’impostazione antistoricista: lo fu nella sostanza più genuina della sua ispirazione, approdando a un personale eclettismo artistico in cui forme, stili e decorazioni daranno vita a dei veri e propri archetipi visivi che influenzeranno anche avanguardie come quella espressionista.
L’opera di Gustav Klimt si affaccia alla fine di un mondo (cit. Die Welt von gestern, Stefan Zweig) non già rappresentandone la decadenza in termini di critica, ma come pura contemplazione in cui lascia trasparire un sentimento di rimpianto e di nostalgia che è anche sforzo di rinvenimento di una gioia incompiuta e fantasticata che l’artista ricerca nell’impossibilità della fine.

Il repertorio klimtiano, che si tratti di paesaggi o di ritratti, è attraversato da una costante malinconia repressa seppure visibile (si pensi agli occhi arrossati delle donne, come appena uscite da un pianto nascosto sotto la cipria, la bocca semiaperta che sembra essere sul punto di sussurrare qualcosa di taciuto), da misteriose e fiabesche lontananze, da atmosfere trasognate e sospese, da un sentimento di fatalità luttuoso a cui si contrappongono il decorativismo effimero e capriccioso e l’abbondanza di elementi suntuosi, da una immobilità incantata, onirica e perturbante figlia delle teorie freudiane che divampavano in tutta Vienna.

Dal 5 aprile 2022 è in programma la mostra “Klimt intimo” alla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, rientrante anch’essa nel Progetto Klimt 2021-2022, nato per celebrare il 110o anniversario dalla partecipazione di Klimt all’Esposizione internazionale d’Arte del 1911, tenutasi proprio in Italia.

MUSEO DI ROMA – PALAZZO BRASCHI
Piazza San Pantaleo, 10, 00161 Roma
museodiroma.it

fonte: @paola.milicia