di Fabiana Maiorano.
Combustioni, tagli, essiccazioni, quando la mente creativa di Cristina Barbieri si incontra con la micologia nascono molteplici composizioni inedite e sorprendenti.
Dopo aver sperimentato la materia attraverso il colore, i metalli e i tessuti, la sua ricerca ora è approdata allo studio dei miceti e delle loro peculiarità. Con fare meticoloso Cristina Barbieri tratta con tensione esplorativa il vivere stesso del fungo rendendo artistico il comportamento del suo organismo che prende una propria forma nello spazio, producendo un’immagine in virtù dell’asciugatura e del conseguente intervento manuale dell’artista di origini reggiane.
Il non padroneggiabile comportarsi della materia organica è il focus dell’intera produzione “Volevo Energia” che punta a sensibilizzare lo spettatore sull’intelligenza sensoriale della natura, in un mondo sempre più proiettato verso un’intelligenza di tipo artificiale. Tra fiumi di parole che la critica spende sull’arte materica, Cristina Barbieri ci fa fare un sapiente passo indietro, funge da tramite tra noi e gli organismi che prendono vita nel suo studiolo di Nonantola, in provincia di Modena, ma che abitano la Terra da prima di noi, che digeriscono il mondo da sempre, lo assorbono proprio come fa l’artista con la propria arte. I suoi interventi minuziosi diventano il medium tra lei e i suoi intenti espressivi e ciò che resta, che arriva a noi, è lo scheletro di questa intensa performance che mira a riconnettere l’uomo e la natura, raccontando un regno che è sotto i nostri occhi, seppur invisibile.
L’intervista
[Fabiana Maiorano]: La tua è una produzione artistica che da sempre insiste molto sull’utilizzo di diversi materiali, arrivando ad addentrarti nel regno dei miceti. È una ricerca davvero affascinante, ma prima di affrontarla vorrei sapere come ti sei trovata a fare l’artista.
[Cristina Barbieri]: È una domanda alla quale rispondo sempre con difficoltà perché essere artisti in realtà è una cosa non definita. Posso dire che ad oggi, finalmente, sento di avere trovato un’identità artistica che mi è sempre un po’ mancata, ora ho definito un percorso ben delineato che mi coinvolge in toto e sento di essere veramente un’artista in questo senso. Ho sviluppato un linguaggio tutto mio attraverso quello dei funghi, faccio da tramite tra il loro mondo e l’essere umano. Finalmente sento di avere una lucidità artistica incanalata verso un percorso di studio ben definito, lavoro con un’altra forma di vita con la quale vado di pari passo, grazie alla quale elaboro dei concetti che riguardano poi tutto il mondo naturale che ci circonda. Prima diciamo che avevo la sensazione di non dare un reale contributo come artista, ma ora sono felice di aver intrapreso questa strada, mi sento molto a mio agio.
Se non sbaglio tu sei anche orafa e immagino che questo tuo lavoro sia fatto di minuzie, di attenzioni al dettaglio, di sperimentazioni, di pazienza. Ti è stata utile questa professione nella pratica artistica?
Si, molto. Nell’oreficeria mi vado a rifugiare quando ho dei momenti di crisi e perdo un po’ il focus del lavoro, perché creare gioielli mi riporta a quella metodica scolastica dove studio, leggo libri e mi riconnetto con me stessa sul discorso della minuzia, dell’attesa, della tecnica. L’aver fatto questo tipo di percorso a scuola inevitabilmente si riflette nella mia arte perché mi ha lasciato la modalità di curare estremamente i dettagli, ricercando la perfezione.
Dall’oreficeria, dunque dai materiali artificiali, ora sei passata a materiali organici con i funghi. Come ci sei arrivata?
L’interesse verso i funghi è nato la scorsa estate. Ero in crisi molto profonda per una tela, tanto da depersonalizzarmi a livello artistico. Ero frustrata perché non riuscivo ad esprimermi con un linguaggio artistico ben definito, finché sono andata alla Fondazione Burri e davanti quelle mega opere ho ragionato su come lui sia riuscito a crearsi un’identità visiva con dei materiali poveri; quella visita mi ha fatta tornare in me, dandomi l’incipit giusto per comprendere che ciò di cui avevo bisogno probabilmente era alla mia portata molto più facilmente di quel che credevo. Da quel giorno la mia testa ha iniziato a rimuginare, fino a quando mi sono imbattuta in un documentario sui funghi ed è come se mi si fosse accesa una lampadina nel cervello, il quale improvvisamente ha cominciato ad avere delle visioni chiare su ciò che volevo e potevo realizzare. Alle mie idee ho abbinato la lettura di Merlin Sheldrake “L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi” e ho cominciato a ragionare sul rapporto col mondo che ci circonda. Il regno dei miceti mi ha coinvolto da subito, le loro connessioni, il loro fagocitare le scorie di questo mondo per dare nuova vita… Si cibano della realtà come fa un artista, che fagocita le nozioni esterne e le ripropone con un proprio linguaggio. Li ho trovati molto affini a me in questo senso.
Ho cominciato a coltivarli nel mio studio, osservandoli crescere e mescolandoli con i materiali a mia disposizione, soprattutto l’ottone. Ho cominciato a delineare delle forme, a sviluppare nuove tecniche attraverso i procedimenti dell’oreficeria, fino ad arrivare a realizzare tutta una serie di lavori con le spore. Ispirata da Burri, mi sono lanciata in questa visione materica dove è lei che si figura, colora ed imprime la sua essenza. La mia mano è solo un medium affinché loro si esprimano.
Arriviamo quindi a “Volevo Energia”, progetto del quale affermi che tutte le forme di vita sono processi e non cose. In che senso?
Come hai visto, in studio ho il ceppo dei funghi e quotidianamente assisto alla crescita di una forma di vita intelligente. È pazzesco. Si pensa sempre che l’intelligenza sia o animale o umana, addirittura artificiale, ma nessuno si sofferma mai sull’intelligenza emotiva, extrasensoriale, propria dei funghi. Mi sento di dire che sono un’artista polimaterica poiché esploro il mondo della micologia a trecentosessanta gradi e cambio tecnica ricercando quella più efficace a seconda dei progetti che voglio sviluppare.
Questo progetto ti apre molteplici ricerche, come quelle sulle micorrize…
Le micorrize sono delle particolari associazioni simbiotiche che si instaurano tra funghi specifici (micorrizici) e le radici delle piante. I funghi ottengono dei composti di carbonio e rendono alle piante importanti stimoli nutrizionali. Questa connessione mi affascina molto e ho dedicato un lavoro alle spore combinate con lastre di ottone acidato, inserendo nella composizione del tessuto di canapa ecologico. Ne è venuto fuori un trittico molto bello, con organismi che agiscono sui pannelli, sulle tele, sui fogli. Con questa serie ho voluto creare una connessione tra uomo e natura. Gli alberi e i funghi micorrizici si sfruttano a vicenda, migliorando la loro evoluzione vitale, così come potremmo fare noi con la natura: avvalercene per migliorare la nostra vita e dare un sano contributo a questo pianeta.
Questo tuo lavoro si divide in una ricerca sulle micorrize (associazioni simbiotiche tra fungo e pianta superiore) e in un percorso più mistico che riprende la cultura pagana con “Ostara o Eostre” (una divinità della fertilità)…
…esatto. Quello su Ostara o Eostre è indirizzato verso la mia visione di fede, lontana da quella cristiana classica e che vive diverse fasi durante l’anno. La mia però non voleva essere un lavoro sul culto pagano, bensì un’umile interpretazione che casualmente ho terminato nel periodo di Pasqua. “Ostara o Eostre” voleva essere più che altro un contributo alla Pasqua non per forza cristiana. Ci sono queste due teste – Ostara o Eostre – con questo piccolo grumetto di uova bianche al centro. In “Fiamma dell’esistenza” c’è una parte di micelio bianca tra le bruciature, che va a ricordare i vestiti delle donne che ballavano in onore di Ostara, dea del circolo della vita continuo, quindi vita-morte-rinascita, come le stagioni. “Uova Cosmiche” raffigura una lepre, l’animale di Ostara; si dice che durante una passeggiata nei boschi la Dea volle aiutare un coniglio a scappare trasformandolo in lepre, dandogli dunque la possibilità di procreare. La simbologia dell’uovo poi è abbastanza esplicita, perciò sono simboli della pasqua per eccellenza
Cosa racconta la tua produzione?
I miei nuovi progetti raccontano concetti e tematiche diverse, in base ai tanti spunti che mi danno i funghi. Vorrei che il fruitore si ponga spesso delle domande, soprattutto sul suo legame con il mondo circostante. Sono dell’idea che quando si arriverà a comprendere che la natura ci offre continuamente gli strumenti per farci capire che siamo tutti connessi, si potrà dare un contributo non per forza distruttivo.
“Volevo Energia” ha questa volontà. Voglio energia e crearne di nuova come essere umano. Mi soffermo sulle spore dei funghi perché possono creare delle forme, delle decorazioni su carta e perché no, essere anche decorativi. Il fungo può essere un’opera d’arte unica attraverso le sue impronte, proprio come noi.
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Immagine in evidenza: Cristina Barbieri – Ostara e Eostre (part.)