di Mariateresa Zagone.
L’arte di Nicola Pucci rappresenta la realtà ordinaria ma lo fa in maniera paradossale, frammenta le figure, le decostruisce attraverso sequenze che disturbano l’immagine. Le sue opere ci pongono davanti ad immagini simili a quelle dei televisori a tubo catodioco che, quando non captavano il segnale, restituivano linee bianche e nere con effetto nebbia e rumore elettrico. E’ una pittura che trae sempre origine dalla realtà ma, una volta dipinto il soggetto, l’artista agisce con macchie, grumi, graffi e velature sfrangiando, in un effetto dissolvenza, l’immagine originaria che ne risulta modificata e straniante. La resa dettagliata iniziale del quadro, ereditata degli studi dei grandi artisti del passato, lascia posto ad una visione emozionale che aggiorna nella contemporaneità la lezione già isolata e fuori da ogni “scuola”, ma legata comunque ai linguaggi espressionistici, di uno dei suoi pittori preferiti: Francis Bacon. Le sue tele creano atmosfere oniriche e surreali da cui, a differenza dei grandi artisti di metà ‘900 come, appunto, Bacon o Richier, non manca però l’ironia. Le figure si muovono in contesti impossibili, la tecnica contempla una serie di strati in cui ogni immagine è costruita alternando velature a grumi di materia pittorica che, come in una sorta di quinte sovrapposte, giungono al risultato di visioni opacizzate, slavate, dai contorni sfrangiati che danno l’impressione di flash senza un prima né un dopo, avulsi da narrazioni, immagini estrapolate dai sogni del mattino raccontati all’analista nel corso di una seduta.
Nascono così scene improbabili che definiscono universi immaginari ambigui e paradossali, come nel caso delle fumose sale da biliardo riprese a volo d’uccello in cui fanno l’ingresso grossi galli starnazzanti o code di aeroplani colorati, o come i vani interni di autobus e tram che assistono al galoppo improvviso di un fantino in groppa al suo purosangue durante una gara e ancora tuffatori, ginnaste, ciclisti che irrompono in interni graffiati di luce. L’esperienza pittorica di Nicola Pucci rimette essenzialmente in discussione i codici certi di prospettiva e proporzione immergendo lo spettatore in spazi destabilizzati.
L’intervista
[Mariateresa Zagone]: Chi è Nicola Pucci?
[Nicola Pucci]: E’ uno per cui la pittura è motivo di vita
Quando è nata la tua passione per la pittura?
Fin da piccolo a casa ero circondato da riviste, di ogni genere, e ricordo bene la mia voglia di disegnare quei volti o qualunque figura attirasse la mia attenzione, l’idea di riprodurne i contorni e tentare di dar loro vita era un divertimento oltre che un intrigante esercizio
Fai uso della macchina fotografica per la realizzazione dei tuoi dipinti?
I miei dipinti possono nascere dal disegno libero oppure costruendoli traendo spunto da foto scattate da me o da varie immagini prese da internet.
Dopodiché cerco di trovare o svelare segrete relazione tra loro. E’un processo alcune volte dettato dall’istinto, altre è invece lento e meticoloso.
La tua sembra una realtà fuggevole, è legata anche a luoghi fisici o sono solo luoghi dell’immaginazione?
Tutte le figure che dipingo fanno sempre parte del mondo reale anche se alcune volte, ma raramente, ne cambio la scala di grandezza. Mi piace reinventare le relazioni tra persone e cose prese da contesti e tempi lontani tra loro, e inizia così un lavoro di collage pittorico in cui tutto si rimette in gioco e trova una sua unità fantastica.
È vero che il primo atto di un’opera è sempre autobiografico?
Penso che qualunque atto creativo, se autentico, abbia a che fare inevitabilmente con noi stessi, con la nostra storia e il nostro modo di essere, di pensare.
I miei dipinti rappresentano, in piccolissima parte, qualcosa che cerco di tirar fuori. È un esercizio, un tentativo di comunicazione con me stesso.
Qual è il tuo rapporto con la Storia dell’arte? Quali artisti o correnti sono stati imprescindibili per l’elaborazione del tuo linguaggio?
La storia dell’arte ha fatto parte della mia crescita alimentando la mia curiosità verso ogni periodo e stile. Sono particolarmente legato al “figurativo” da cui tutto il resto deriva. Adoro l’arte africana e precolombiana. Due Artisti sopra tutti sono però Piero della Francesca e Francis Bacon.
Secondo te qual è la funzione dell’arte oggi?
L’arte deve porre interrogativi, suggerire altri punti di vista e altri spunti per capovolgere il senso comune, per me una terapia della mente.
Cosa vorresti che il fruitore cogliesse principalmente nella tua opera?
Non rifletto mai sul messaggio che posso comunicare attraverso la mia pittura… Per me dipingere rappresenta l’ingresso in un flusso che parte dalla razionalità per arrivare ad uno stato di grazia emotiva. Dopo tanti anni è una pratica molto naturale.
Semmai trovo sorprendenti talune risposte di coloro che osservano i miei lavori.
Qual è il tuo rapporto col cinema?
Non mi definisco un appassionato di cinema, ma ho amato quello surrealista, il cinema dell’inconscio, penso a Louis Bunuel a David Lynch, ma anche al teatro dell’assurdo di Ionesco o Arrabal, che inevitabilmente mi rimanda a Topor, geniale sovvertitore della realtà.
Spesso posso rimanere colpito da una singola sequenza, o da un fermo immagine, e vederlo e rivederlo come un quadro, mi basta questo per emozionarmi.
Hai scelto la figurazione, e nella figurazione la figura umana ha un ruolo centrale, ma chi sono i tuoi uomini, gli adolescenti, i bambini che diventano protagonisti delle tue tele?
Quando dipingo persone le immagino sempre in relazione con qualcos’altro, spesso amo metterli in relazione con animali. Amo gli animali per il loro modo di vivere in maniera così naturale e istintiva. Liberi da qualunque sovrastruttura, sono sempre nel presente., e in questo sono per me un grande esempio.
Cos’è l’evanescenza?
L’evanescenza è un aspetto essenziale per me, che si contrappone al dettaglio esplicito di una figura o di un oggetto o alla stessa materia pittorica.
Nell’evanescenza mi perdo
E il sogno?
Non ricordo quasi mai i miei sogni da dormiente! , poi nella vita ho tanti momenti in cui immagino un po’ tra sogno e realtà, è una dimensione essenziale…
Da critica e curatrice indipendente, siciliana come te, ti chiedo come si potrebbe fare “sistema” qui in Sicilia per l’arte contemporanea, data la sua frammentazione e la sua estemporaneità?
In Sicilia fare sistema, è difficile in quasi tutti i campi. L’Arte non ne è esclusa. Siamo delle isole anche noi.
Ci parli delle tue esperienze di artista italiano fuori dall’Italia? Che differenze hai notato, se ce ne sono, col sistema italiano dell’arte?
Negli ultimi anni ho avuto modo di esporre all’estero realizzando diverse mostre, la cosa che maggiormente mi colpisce è come fuori il fenomeno artistico venga percepito in maniera più intensa. Le persone sono più coinvolte e forse un po’ più disposte ad emozionarsi.
Riferimenti
Nicola Pucci official website | Instagram | Facebook
Copyright
Tutte le immagini © Nicola Pucci
Immagine in evidenza
Biliardo con gallo II – olio su tela – 150X120 cm – 2022
Nicola Pucci nasce a Palermo il 28/05/1966. Conseguita la maturità classica si trasferisce a Roma dove frequenta un corso quadriennale di illustrazione pubblicitaria presso l’Istituto Europeo del Design (IED). Dopo un breve periodo trascorso a Vipiteno disegnando copertine per i celebri quaderni Pigna, nel 1990, tornato a Roma, ha iniziato a dedicarsi alla pittura. Dal 1995 ad oggi il suo lavoro è stato esposto con regolare frequenza in Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti.