di Francesca Piperis.
Questo articolo è parte della rassegna “Gender Fluid. L’Arte sfida i binarismi di genere – Mostra virtuale 3d“

La street art italiana si colora di numerosi autori carichi di un interesse sociale e politico che ricopre ciascuna delle opere. La possibilità di raggiungere una quantità elevata di persone e l’impatto visivo – e di conseguenza emotivo – che ne deriva, fanno della street art un’arma sociopolitica rilevante all’interno della scena artistica contemporanea. Gli ambienti urbani diventano terreno fertile per l’esposizione di tematiche di interesse collettivo. Ad oggi sono numerosi gli artisti che utilizzano questo strumento espressivo con l’obiettivo comune di partecipare attivamente alla riorganizzazione culturale del nostro mondo. La diffusione capillare di opere queer sui muri cittadini sembra essere la modalità più ricercata per la demonizzazione di pregiudizi ed idee conservatrici.
Tra i numerosi artisti della scena Street attuale spicca un collettivo di artiste chiamato “LeDiesis” interessate soprattutto all’iconicizzazione della figura femminile attraverso metafore fumettistiche. Ciò che emerge dalle loro “super donne” è soprattutto la fusione di elementi emblematici dell’immaginario tipicamente maschile (reso tale, si intenda, da condivisioni ideologiche della società odierna) e caratteristiche reputate invece idealmente “femminili”. E’ qui che la “S” sgargiante, appartenente al noto supereroe, diviene tratto distintivo di donne che affermano la propria identità trascendendo il proprio genere. In una sorta di rivisitazione pop dell’arte fotografica di Madame Yevonde (1893 – 1975), artista francese che faceva delle sue modelle icone perturbanti portatrici di importanti messaggi sociali, il duo artistico riempie le strade italiane di immagini anticonformiste, simboli di libertà e di riappropriazione identitaria.


Altro simbolo di rivendicazione è il murale comparso nel 2022 in un quartiere fiorentino. Si tratta de “la Divina”, titolo che fonde l’intento queer dell’illustrazione con la caratterizzazione del poeta toscano. Lo stesso nome le è stato attribuito grazie alla collana, su cui compare la medesima scritta, che funge al contempo da ornamento e critica sociale. Lo stravolgimento del poeta toscano e della sua opera, emblema della tradizione letteraria italiana, ha un chiaro intento critico: Dante e la sua ars poetica rimangono tali indipendentemente dall’identità sessuale del letterato. Ciglia allungate a dismisura, caschetto rosa e un paio d’ali, queste le caratteristiche dell’alter ego dantesco che rompe gli schemi e detta nuove regole, quelle dell’inclusività e della liberalizzazione sessuale.

La celebrazione della gender fluidity attraverso l’arte di strada ricopre l’intera penisola: sempre più artisti si accingono ad utilizzare i muri come grandi tele e le strade come gallerie espositive dei loro progetti. Tra questi, Christian Aloi, in arte Aluà, racconta la libertà di esprimersi oltre le caratterizzazioni sociali attraverso le sue produzioni. Da qualche anno Aloi arricchisce l’ambiente urbano milanese con omini rosa rappresentati durante lo svolgimento di varie attività. L’unicità di questi personaggi risiede nell’arte minimalista che li caratterizza, contorni neri ed un rosa sgargiante sono gli unici due elementi decorativi dei soggetti disegnati. Inoltre, come lo stesso artista afferma, gli omini sono realizzati nel totale rispetto delle strade e dell’ambiente oltre che dei cittadini: «I personaggi sono realizzati in carta per essere rimossi con facilità nel caso non fossero apprezzati». I muri di Milano diventano un inno alla libertà di espressione contro tutti i tabù di cui la nostra società è ormai satura.


L’Omino rosa si trasforma in emblema del genderless, di qualcosa che, indistintamente dall’identità di genere, definisce ogni singolo individuo e permette a chiunque di immedesimarsi nei soggetti sui muri. La sua arte non si ferma alla street, la fluidità pervade ogni ambito della vita di Aluà, dalle sue esperienze private (che spesso ne influenzano la produzione) alle modalità creative con cui si esprime, evitando di cristallizzare la sua arte in una sola forma, nonostante la sua predilezione rimanga quella per l’arte di strada, che ottimizza l’impatto di trasmissione dei suoi messaggi ed amplia notevolmente il suo pubblico. Se da un lato l’esigenza narrativa di questi omini è quella di raccontare un mondo ideale privo di discriminazioni e odio, dall’altro però ogni singola scena descritta deriva da esperienze di vita dell’artista.

Aloi racconta che l’ispirazione di questo progetto nasce dal suo primo omino, «un angelo con il quale probabilmente cercavo di evadere dalla realtà, di volare via e scappare ma allo stesso tempo ritornare e farmi notare, denunciando le ingiustizie». Privo di espressioni, identificazioni o particolari oggetti, l’omino-angelo sta forse a rappresentare la massima espressione di quel annullamento a cui la sua arte auspica. Gli omini raffigurano una libertà assoluta, una critica ai vincoli sociali oltre che la massima espressione della nudità.
La fusione di colore e corporeità pervade anche le opere di un’altra artista della scena contemporanea, MP5. Tra colori vivaci, linee essenziali ed accostamenti di forme e sfumature, l’artista racconta vicende di inclusività, corporeità e sessualità servendosi di numerosi strumenti divulgativi: dai fumetti ai muri cittadini, le illustrazioni raggiungono un pubblico eterogeneo e desideroso di accogliere le sue storie. I muri si riempiono di soggetti che esprimono le proprie pulsioni sessuali senza porre limiti al proprio desiderio, privi di qualunque pudica censura la società possa imporvi. I disegni di MP5 diventano un manifesto di liberalizzazione, di affermazione identitaria oltre il colore, il sesso, l’età.

Negli ultimi mesi MP5 ha realizzato un progetto molto interessante che vede protagonista il libro intitolato “Corpus”, raccolta tripartita delle illustrazioni che hanno rappresentato la sua evoluzione artistica e personale. Il libro è suddiviso in tre capitoli, “erotico”, “ermetico” ed “eretico” che stanno ad indicare le tre caratterizzazioni del corpo primordiale nudo e libero. Il volume racchiude opere che lasciano spazio alla personale interpretazione da parte di ciascun fruitore che, davanti a ciascuna illustrazione, è lasciato alle proprie pulsioni sensoriali, ai pensieri intimi ed alle proprie emozioni. Ciascun disegno vuole abbracciare chi lo guarda rassicurandolo che tutto ciò che sente sbagliato in sé è in realtà comune e condiviso da altre persone. Sinonimo di appartenenza collettiva, il progetto è espressione della cultura queer che si spande tra le città sotto differenti spoglie: entra nelle case attraverso libri, permea le vie mediante i disegni murali, raggiunge le testate ed i media facendo parlare di sé.

La street art permette all’artista di raccogliere consensi su larga scala, divenendo veicolo di attivismo e condivisione. L’impatto delle illustrazioni di questi e tanti altri artisti, presenti sia sulla scena italiana che internazionale, fa sì che qualunque passante si fermi quantomeno ad osservare le bellissime opere che gli compaiono davanti. Nel migliore dei casi il fruitore vi si identifica, accettando una parte di sé repressa o forzatamente nascosta, nel peggiore osserva l’immagine e ne dà semplicemente un giudizio di gusto. A prescindere da come la persona vi si possa interfacciare, l’illustrazione rimane lì, diviene un tutt’uno con l’architettura, entra a far parte della memoria cittadina, si trasforma in uno spazio di vita quotidiana.
Francesca Piperis
Immagine in evidenza: di Aluà (part.)
Tutte le immagini: © dei rispettivi Autori
Questo articolo è parte della rassegna “Gender Fluid. L’Arte sfida i binarismi di genere – Mostra virtuale 3d“