La visione multipla e simultanea delle metropoli negli scatti di Davide Bramante

di Mariateresa Zagone.

La visione multipla e simultanea delle metropoli negli scatti di Davide Bramante

Davide Bramante è un artista con un posto di rilievo nel mondo della fotografia d’arte e le sue opere sono presenti in importanti collezioni private, in quelle di grandi banche e di grandi aziende. Bramante utilizza una delle tecniche più affascinanti della fotografia usata spesso anche nel cinema, quella dell’esposizione multipla in fase di ripresa; realizza cioè scatti multipli sulla stessa porzione di pellicola.

Un artista caparbio che ha costruito la sua fortuna riuscendo ad unire l’arte, che ancor prima che professione è immensa passione, ad un’altra passione, quella per il viaggio. Un vero globe trotter dalle radici ben ancorate in quella solare val di Noto maestosa e pacata, da cui parte di continuo, reflex sempre in borsa, per il mondo a catturare immagini.
I suoi scatti, grazie alla tecnica utilizzata, non si riducono mai a mero reportage documentario, riescono piuttosto a restituirci, in qualche modo, il genius loci di ogni luogo visitato ed amato. Ci parlano di un altro mondo e di un altro modo di interagitre con città e territori distanti dal punto di vista geografico e culturale racchiudendo, in un unico fotogramma, il noumeno di un luogo, l’archetipo, l’idea che nell’immaginario collettivo si trasforma poi in concetto. Così avviene anche per la figura umana ritratta che, più che la somatica, indaga “il pensamento suo” , per dirla con Leonardo.

Da qualche anno Davide Bramante ha acquistato un palazzetto settecentesco nel cuore tardo-barocco di Palazzolo Acreide, lo ha restaurato e ne ha fatto sede di sperimentazioni, di esposizioni, di residenze artistiche con una laboriosità e un’energia che sono davvero encomiabili e che stanno ponendo lui e il territorio al centro di relazioni internazionali di grande spessore.

L’intervista

Davide Bramante

[Mariateresa Zagone]: Chi è Davide Bramante?

[Davide Bramante]: Non dovresti chiederlo a me, dicono sia un ultras dell’Arte.

Quando ti sei avvicinato alla fotografia e quando hai compreso di voler fare l’artista?

Ho scoperto la fotografia negli anni dell’Accademia, ma ero ancora attratto da altri linguaggi e ricerche. Poi subito dopo con la frequentazione di Turi Rapisarda ho compreso come potevo “usarla” per esprimere le mie idee.

Da dove nasce la tua ricerca?

La mia ricerca fotografica “nasce” dal nostro sangue siciliano, siamo arabi, greci, romani, svevi, normanni, spagnoli, siamo un mix di culture, storie e proiezioni. Il duomo di Siracusa è forse l’unica architettura al mondo che ha in se una serie infinita di sedimentazioni architettoniche tutte ben visibili che vanno dalle colonne doriche, alle mura romane, alla pavimentazione araba, fino alla facciata Barocca aggiunta dagli spagnoli. Devo però puntualizzare che quella fotografica è di certo la mia ricerca più conosciuta ma lavoro da sempre su più fronti.

Quali artisti o quali correnti hanno segnato maggiormente il tuo linguaggio?

In realtà nessuno nello specifico, il mio linguaggio è nato quando in Italia la fotografia non era quasi considerata Arte. Vi erano dei grandissimi artisti; Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Mimmo Jodice ma non venivano quasi riconosciuti se non dal mondo della fotografia colta. Tutta la mia formazione artistica durante gli studi e ancora per qualche anno successivo la devo agli artisti dell’Arte Povera. Quando arrivai a Torino nel 1990, sapevo che volevo studiare presso la locale Accademia di Belle Arti ma sapevo pure che avrei dovuto lavorare per mantenermi. Grazie a Giorgiana e Giorgio Persano riuscii a mantenermi gli studi lavorando come assistente presso le loro gallerie a Torino e Milano ma anche presso gli studi di Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio e poi ancora per molto tempo in quello di Gianni Piacentino.

My own rave New York, (Time square – Cher), 1998

Col cinema, regno dell’immagine in movimento per antonomasia, che rapporto hai?

Oggi nessun rapporto, ma è stato un mio grandissimo Amore: ho frequentato negli anni ’90 la casa di Lina Wertmuller e Enrico Job, ho sempre in quegli anni lavorato alla realizzazione di diverse opere video e partecipato a festival internazionali come il Taormina film Festival nella sezione video arte all’epoca curata da Valentina Valentini.

Cosa racconti, oggi, con la fotografia urbana?

Oggi, come negli anni ’90, racconto il “viaggio” che credo sia l’unica ricchezza. Nel 1993, ’94, ’95 quando tornavo da New York con le mie foto portavo con me qualcosa di sensazionale… oggi grazie a Internet e ai motori di ricerca siamo già abbastanza abituati a vedere certe scene. Grazie ai voli sempre più alla portata di tutte le tasche, possiamo andare a toccare ciò che io racconto da quasi 30 anni.

My own rave Madrid, (parco del Retiro + Map), 2004

Tecnicamente le tue opere sono esposizioni multiple realizzate in analogico. Come mai hai scelto questa tecnica?

Le mie photos delle città del mondo sono ancora in analogico, i ritratti che io ho intitolato “Ritratti di famiglia” in digitale. Ho iniziato nel 1992 a fare molte foto, all’epoca il digitale non esisteva, quindi nemmeno i software di editing, credo vi fossero comunque dei programmi che permettessero la sovrapposizione di immagini… nel 1994 una collezionista torinese mi chiese di sovrapporre delle immagini di famiglia con altre immagini che aveva già per la realizzazione di un’opera da regalare alla figlia per il compleanno, una sorta di ritratto… ma ripeto i risultati erano veramente distanti da quello che si può ottenere oggi, già da qualche anno.

Cos’è per te la metropoli?

La metropoli per me è qualcosa di veramente distante dal luogo di provenienza, dal mio punto di partenza. Mi hanno sempre affascinato proprio perché diverse, distanti culturalmente e quando ho pensato di soffermarmi in esse l’ho fatto solo perché avrei potuto far crescere più velocemente il mio lavoro d’artista. Ne ho visitate, vissute e fotografate davvero tante; Hong Kong, Singapore, Pechino, Shanghai, Londra, Los Angeles, Mosca, San Pietroburgo… e New York per ben 27 volte.

My own rave Roma, (Colosseo + Street), 2004

Che ruolo ha il caso nelle tue opere?

Nelle opere fotografiche, e non solo, l’Arte sta proprio nel caso e non nel cercare di realizzare e ripetere ciò che si sa già fare. Si rischia di entrare nel campo dell’artigianato e del design.

Benché le grandi città del mondo siano state il focus principale della tua indagine, negli ultimi tempi hai anche indagato, tramite il Ritratto, l’identità, sempre con la tecnica della sovrapposizione di fotogrammi. Dicci un po’…

Appunto i ritratti… iniziai, come ti ho detto, negli anni ’90, facendo un ritratto per una collezionista e poi ancora uno per Achille Bonito Oliva. Essendo abbastanza timido, soprattutto agli inizi, non ero così spigliato nel dire e chiedere ai miei soggetti come posare e muoversi. Quindi per qualche anno ho abbandonato l’idea del ritratto. Da circa 3 anni ho ripreso, mi piace l’idea di rispolverare questa pratica antichissima, come sappiamo nella storia le famiglie, i nobili, i papi, i principi, chiamavano gli artisti per farsi ritrarre. Poi ciò si è un po’ perso nel tempo. Credo che ci si possa disfare di tutto, anche di intere collezioni d’arte, ma non del ritratto dei nostri cari.

My own rave San Pietroburgo (chiesa del Sangue versato), 2011

Da curatrice e critica, siciliana come te, posso affermare che il tuo approccio “vulcanico” al sistema di relazioni che il contemporaneo deve sottendere sia da noi molto raro, come raro credo sia l’investimento in termini di energia, di denaro e di relazioni, appunto, che sta alla base della tua creatura “San Sebastiano Contemporary / Casa Bramante”. Ce ne vuoi parlare?

Non saprei da dove iniziare proprio per il concetto di vulcanicità, di esplosione. Ti dico però che io con questo carattere e con il conseguente sogno ci sono nato. Già negli anni degli studi sia all’Istituto d’arte a Siracusa che in Accademia a Torino, amavo promuovere i miei amici e colleghi. Persino quello che era un tempo il direttore dell’Accademia Albertina mi chiese se potevo intercedere, presentargli Achille Bonito Oliva. Negli anni della mia gioventù non tornavo mai a casa, per una serie di motivi infiniti, sicuramente anche perché non c’era nessuno ad aspettarmi, quindi restavo sempre in giro, da uno studio ad un altro, da una festa a una mostra ed è lì che ho conosciuto, frequentato e creato relazioni che ancora oggi hanno una valenza enorme. Credo che per ogni cosa ci sia un tempo e un treno da prendere… ma anche molti altri da perdere volutamente. Molti li ho cavalcati, altri li ho persi per godermi il viaggio successivo. Come sai soffro di un disturbo che è quello del piccione viaggiatore, devo sempre andare ma anche subito tornare. Vado da solo e torno sempre in compagnia, per questo “San Sebastiano Contemporary / Casa Bramante” ha il giusto e meritato successo, vado in giro da solo ma porto sempre con me a casa le persone che scopro essere degli ottimi compagni per la vita. A Casa Bramante hanno già svolto residenze d’arte artisti provenienti dalla Finlandia, Messico, Iran ma anche italiani. In questi giorni sono in giro per l’Italia a presentare un progetto di residenza per studenti delle Accademie. Ne sto incontrando tantissimi da sud a nord, ho a disposizione tre residenze di 15 giorni ognuna ma credo di offrirne molte di più perché incontro giovani fenomenali e quindi non posso non portarmeli a casa.

Riferimenti e contatti
Davide Bramante official website
Immagine in evidenza
Davide Bramante – My own rave New York (Brooklyn Bridge) 2006 (part.)
Copyright
Tutte le immagini: © Davide Bramante

My own rave Shanghai (Pannello), 2006