L’attualità dell’arte: da Goya a Grosz e oltre. Intervista a Didi Bozzini

di Teresa Lanna.

L'attualità dell'arte: da Goya a Grosz e oltre. Intervista a Didi Bozzini

Da sempre l’arte si fa veicolo di messaggi più o meno espliciti, che occhi attenti sanno cogliere in questo o in quel particolare, presente in ciascuna opera; sia essa un dipinto, una scultura, o un disegno. Ciò che accomuna gli artisti di tutte le epoche è, infatti, il bisogno di esprimere il proprio stato d’animo di fronte alla realtà del momento o rispetto alle condizioni sociali del loro tempo, attraverso capolavori che diventano patrimonio dell’umanità, perché ciascuno, a suo modo, può riconoscersi e rispecchiarsi nei diversi quadri dei vizi e delle virtù che, col passare degli anni, di fatto, rimangono immutati. In fondo, il genere umano altro non che un insieme di caratteri diversi, con pregi e difetti più o meno marcati, intrisi di zone di luce e di ombra.

Quando, poi, i tratti negativi finiscono per prevalere e si concentrano in chi detiene il potere abusandone, le ripercussioni, inevitabilmente, vanno a danno del popolo; e a risentirne maggiormente sono le categorie più deboli.

Tra i tanti artisti che esprimono a colpi di pennellate la realtà del loro tempo ci sono Francisco Goya y Lucientes (1746 – 1828) e George Grosz (1893 – 1953).

Malgrado le loro esistenze si svolgano in epoche diverse, separate da un arco temporale di 150 anni, entrambi danno voce ai disagi e ai problemi vissuti dai loro contemporanei: nei Capricci di Goya, ma anche nel ciclo de I Disastri della guerra, ad esempio, l’artista, oltre a rappresentare la propria condizione, mostra anche i propri incubi. Allo stesso modo Grosz, fondatore del movimento Dada berlinese, profetizza, nelle sue opere, l’avvento del nazismo e la Seconda Guerra Mondiale, come in A Piece of My World II/The Last Battalion, del 1938, in cui raffigura una terra ormai devastata e distrutta, nella quale soldati in preda alla disperazione avanzano a fatica lasciando presagire quello che sarà il loro tragico ed inevitabile destino.

Abbiamo approfondito l’arte di Goya e Grosz, ma anche la straordinaria attualità della loro opera rispetto allo scenario mondiale di oggi, grazie a Didi Bozzini, uno dei due curatori della mostra “Goya – Grosz. Il sonno della ragione“, organizzata presso Palazzo Pigorini, a Parma.

Tutti i vizi e le perversioni dipinte da Goya e Grosz non sono di certo scomparsi, ma avvelenano ancora e sempre i giorni nostri. In realtà, tutto è cambiato perché poco o nulla cambiasse. Le incisioni di Goya e i dipinti di Grosz non ci parlano di una storia antica, ma di quella che stiamo vivendo quotidianamente. Il sonno della ragione e i mostri che esso produce sono sempre gli stessi, a Madrid nel 1799 come a Berlino negli anni ’20 o nell’intero Occidente oggi”.

[Teresa Lanna]: Partiamo dal percorso espositivo; com’è stato concepito e qual è il fil rouge che accomuna le opere di entrambi gli artisti?

[Didi Bozzini]: La mostra si apre con una sala nella quale si trovano, l’uno di fronte agli altri, l’autoritratto di Grosz e i due autoritratti di Goya che appaiono nei Capricci. È una evidente indicazione di quello che sarà il seguito, vale a dire un viaggio per immagini nella fratellanza etica ed estetica che lega questi due titani della storia dell’arte.

Ne I pilastri della società, del 1926, George Grosz esprime una forte satira del suo tempo; quali sono i “pilastri” sui quali si regge l’epoca attuale e da quali valori e virtù dovrebbero essere sostituiti, secondo lei?

La nostra epoca è il risultato di un tempo lungo di sviluppo senza progresso; un tempo nel quale si è rimpiazzato il pensiero con il calcolo, l’essere con l’avere, la persona con la macchina, il buono con l’utile e il bello con il piacevole.
I cosiddetti pilastri, cioè le istituzioni, altro non sono se non il prodotto tangibile di questo orribile antiumanesimo. Rispondere compiutamente alla seconda parte della sua domanda richiederebbe un intero trattato. In estrema sintesi, le posso solo dire che i valori e le virtù di un mondo nuovo (e migliore) saranno frutto di una vera e propria rivoluzione culturale o non saranno del tutto.

In mostra c’è il celebre Los Caprichos, 43 – El sueño de la razon produce monstruos di Francisco Goya; ci fornisce una sua personale chiave di lettura dell’opera, tra i “mostri” di ieri e oggi?

La tavola 43 è un autoritratto ad occhi chiusi. Una malinconia; cioè, in realtà, un viaggio interiore nella melancolé, l’anima nera nella quale abitano gli incubi ed i fantasmi. Ma la parola sueño, in spagnolo, significa sia ‘sonno’ che ‘sogno’. E Goya, senza essere un filologo o tantomeno un filosofo, suggerisce questa doppia valenza. La ragione, addormentata dall’ignoranza, produce mostri al pari di quella che sogna di riassumere la vita in un tutto puramente razionale. Questa meravigliosa acquatinta è, al tempo stesso, un elogio e una critica del pensiero illuminista; lucidissima intuizione dei disastri a venire nel tempo in cui fu realizzata e, inoltre, monito assolutamente attuale per i giorni nostri, perché i mostri sono sempre gli stessi.

Quello che divide Goya e Grosz è un intervallo temporale molto ampio; tuttavia, tematiche come la satira sociale, l’opposizione alla barbarie della guerra, il racconto dei vizi e delle virtù umane, accomunano entrambi gli artisti. Quali sono, invece, le tecniche utilizzate per trasporre i vari concetti, da ciascuno di loro?

La mostra presenta l’intera prima edizione dei Capricci e una selezione di tavole dai Disastri della Guerra, vale a dire incisioni all’acquaforte e acquatinta che Goya realizzò tra il 1799 e il 1814. Ad esse sono giustapposti dipinti ad olio, acquerelli e inchiostri o matite di Grosz che vanno dal 1927 al 1954; ma direi che il fatto tecnico è secondario. Ciò che mi preme sottolineare è il modo in cui, nell’opera di ognuno dei due artisti, la novità formale sia la risposta ad un’esigenza di rinnovamento morale. Una pittura nuova per un mondo nuovo.

Francisco Goya Y Lucientes – Tavole da Los Desastres de la guerra. 33 – Que hay que hacer mas? Acquaforte, acquatinta e bulino – prova di stampa prima della correzione dei titoli, 1810/1814 ca., cm 15,7 x 20,7

Tra le caricature ritratte dai due pittori, ce ne può descrivere una che l’ha particolarmente colpita e perché?

La tavola 55 dei Capricci, intitolata ‘Hasta la muerte’ (Fino alla morte) che è un impietoso ritratto della regina mentre si imbelletta per piacere ai suoi amanti, nonostante un’età molto avanzata – come indica il commento di Goya nel disegno preparatorio. E, per quanto riguarda Grosz, ‘La distribuzione dello Spirito Santo’, il disegno a matita nel quale un prete arringa i fedeli dal pulpito, sputando fucili e coltelli; disegno che valse a Grosz un’incriminazione per blasfemia e vilipendio della religione. Entrambi i lavori sono capolavori di irriverenza, coraggio e abilità grafica.

Il percorso espositivo è distribuito sui due piani di Palazzo Pigorini; quanto tempo ha impiegato la selezione delle varie opere e quali considerazioni, in particolare, sono nate in seguito al confronto tra lei e l’altro curatore dell’esposizione, Ralph Jentsch?

L’idea della mostra è nata nel 2019, quando il mondo era ancora più o meno in salute e in pace. Ralph e io non abbiamo impiegato molto tempo per selezionare i lavori, perché ciò che si vede esposto si è rapidamente imposto come un’evidenza ai nostri occhi, tale era la pertinenza al tema trattato. Strada facendo, ci siamo resi conto del fatto che Goya e Grosz non erano mai stati esposti insieme prima d’ora, e questo ci è sembrato veramente strano. Una volta visto l’insieme delle opere, l’impressione era quella di una grande omogeneità. Ed anche i nostri studi rispettivi, i miei su Goya e i suoi su Grosz, ci sono apparsi come perfettamente complementari.

Tra le questioni e gli interrogativi posti dalle opere dei due artisti, quali sono quelli ancora irrisolti nel nostro tempo?

Semplicemente tutti. L’arroganza dei ricchi e la rassegnazione dei poveri, le false credenze, la barbarie nella quale sconfina ogni forma di potere, la spensierata vanità di un mondo accecato da miti ingannevoli, la banalità del male e il male della banalità… Vuole che continui?

Infine, le chiedo quali sono gli artisti che l’hanno particolarmente affascinata in passato e quali nomi dell’arte contemporanea, a suo parere, consiglierebbe di approfondire ad uno studente che si sta avvicinando per la prima volta a questo mondo e dovesse porle tale domanda.

La mia tesi di dottorato, sostenuta trentatré anni fa, verteva sull’opera di Caravaggio e devo dire che ancora oggi sono soggiogato dalla sua pittura . Poi, mi sono dedicato a Goya e, in particolare, alla sua opera grafica. Questo mi ha portato ad incontrare Daumier, Delacroix, Redon, Ensor, Kubin, Dix e Grosz e ad amarne appassionatamente il lavoro. Tra gli artisti del secolo scorso, citerei senza dubbio Savinio, Dalì, Bacon e Picasso. Mentre, tra coloro che sono attivi ai giorni nostri, mi sembra che, seppur con grandi differenze di intenti e di modi, Roger Ballen e Koen Vanmechelen percorrano strade di grande importanza.

Goya – Grosz. Il sonno della ragione
cura: Didi Bozzini, Ralph Jentsch.
PALAZZO PIGORINI
Strada della Repubblica 29/a, 43121 Parma

Immagine in evidenza: George Grosz – A Piece of My World II / The Last Battalion. Olio su tela, 1938, cm 100 x 140,3 (part.)

Crediti
Tutte le immagini di Francisco Goya Y Lucientes: © Collezione privata – Parigi. Crediti fotografici Elizabeth Krief.
Tutte le immagini di George Grosz: © George Grosz Estate. Crediti fotografici George Grosz Estate, Courtesy Ralph Jentsch, Berlin.