“Della natura dell’artista in generale, delle difficoltà che incontriamo nel decidere che cosa sia o non sia Arte, con l’A maiuscola, e di vari altri problemi che probabilmente non saranno mai risolti.
L’Arte è universale. Su quest’affermazione siamo probabilmente tutti d’accordo senza che occorra delucidarla.
Ma quando dico che l’arte è universale, si può dare il caso che chi mi sente pensi all’arte, musica o danza, pittura o scultura, come a una specie di lingua universale, che chiunque è in grado di capire in qualsiasi parte del mondo.
Il che naturalmente non è vero affatto.
Quella che per me, seduto quassù all’ultimo piano davanti al mio scrittoio, è la più sublime delle musiche – la fuga di Bach in do minore, – per la mia cara moglie, che al piano nobile attende queste cartelle per batterle a macchina, è un semplice rumore, che per giunta le rende poco gradito sia il grammofono sia il violino.
Un ritratto di Franz Hais o di Rembrandt, che mi faccia trattenere il fiato, – perché è incredibile che un semplice mortale abbia potuto esprimere tante cose con solo qualche tubetto di colore, un po’ d’olio, un pezzo di tela e un vecchio pennello, – può parere ad un’altra persona un’incongrua miscela di tinte piuttosto insipide.
Quando ero giovanotto, un mio zio scandalizzò i molto rispettabili suoi vicini di casa acquistando uno schizzo di quel deprecabile rifiuto della società che fu Vincenzo van Gogh.
Lo scorso inverno a Nuova York la Polizia dovette intervenire per regolare l’affluenza della folla che invadeva il museo dov’erano esposte alcune opere di quel medesimo Vincenzo.
Ci occorsero dei secoli per imparare che la pittura cinese è altrettanto sana e interessante quanto la nostra, se non di più.
La musica di Giovanni Sebastiano Bach era argomento di continui fastidi ai suoi patroni di Lipsia.
L’imperatore Giuseppe II d’Austria se ne lagnava parlando con Mozart : diceva che ” c’erano troppe note “.
Delle prime composizioni di Riccardo Wagner il pubblico non voleva saperne.
La musica araba o cinese, che manda arabi e cinesi in visibilio, sui miei nervi produce lo stesso effetto d’una battaglia di gatti in una notte di primavera.
Per conseguenza, quando dico che l’arte è universale, voglio soltanto dire che essa non è vincolata ad alcun paese particolare o ad alcun determinato periodo di tempo.
Perché è vecchia quanto la razza umana, ed è parte dell’essere umano esattamente come i suoi occhi o le sue orecchie, come la sua fame o la sua sete.
L’infimo selvaggio del più desolato settore dell’Australia, che per molti versi è inferiore agli animali che condividono la sua solitudine, e che non ha mai imparato a costruirsi una casa o a confezionarsi un abito, ha invece sviluppato un’interessantissima sua arte particolare.
E tra i vari gruppi d’indigeni che abbiamo periodicamente scoperto sulla superficie della terra, e che non hanno il minimo concetto d’una religione qualsiasi, non ci siamo mai imbattuti, ch’io sappia, in una razza, per quanto remota fosse dal più vicino centro di civiltà, che fosse completamente priva di qualche forma di espressione artistica.
Questo intendevo, poco fa, dicendo che l’arte è universale”.
Hendrik Willem Van Loon
tratto dal volume: “Le Arti di Van Loon”
di H. Willem Van Loon
Valentino Bompiani Editore
Milano
1949