Le visioni oniriche di Samantha Torrisi

di Mariateresa Zagone.

La zona etnea è fra le più feconde del panorama artistico siciliano, complice un’Accademia di Belle Arti molto attiva e complice, probabilmente, la stessa morfologia del territorio stretto fra il mare Ionio e il vulcano più alto d’Europa.

Proprio qui, a Catania, Samantha Torrisi è nata nel 1977 e ha studiato Pittura all’Accademia, scegliendo di vivere e lavorare alle pendici della grande montagna di fuoco coperta da boschi.

Sono quei boschi e, in generale, il paesaggio il soggetto che prende forma sulle sue tele e sulle tavole che solo raramente vengono solcate da tracce minime di presenze umane. I luoghi rappresentati sembrano apparizioni che vivono in una dimensione altra, onirica, sono scorci di una natura in cui il tempo, privato delle sue declinazioni di presente, passato e futuro, ci restituisce una dimensione evocativa in cui tutto risulta avvolto da un senso di attesa.

L’artista usa quasi esclusivamente l’olio i cui tempi lenti di asciugatura favoriscono lo scavo interiore, il recupero mnemonico di solito perso nella rimozione che rendono il soggetto lontano, avvolto dal pulviscolo atmosferico e che sovvertono le leggi della prospettiva in favore del perdimento atmosferico che annulla proporzioni e linee di contorno e che rende fugace qualunque dettaglio.

Le sue opere si trovano in diverse collezioni pubbliche e private e fa parte del SACS, Archivio artisti del Riso – Museo Regionale di Arte Contemporanea della Sicilia. In più di venti anni di attività ha partecipato a mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero e a varie “residenze”.

L’intervista

[Mariateresa Zagone] Nei tuoi dipinti riecheggia il verso “e il naufragar m’è dolce in questo mare” benché il mare sia principalmente (non esclusivamente) un mare di nebbia che rende incerta l’esperienza e fuggevole la realtà visiva. Cos’è il mondo fuori da te? Dove comincia e dove sconfina?

Samantha Torrisi

[Samantha Torrisi] Forse comincia proprio al di là di quella nebbia, che nella mia pittura non è solo un elemento del paesaggio. Ciò che in apparenza sembra disorientarci, assume un significato concettuale che invita a un’ulteriore riflessione e apre a nuovi percorsi.

Esiste una contrapposizione finito/infinito, uomo/natura nella tua visione del mondo e, conseguentemente, nelle tue opere?

Direi che i contenuti del mio lavoro si basano proprio su queste contrapposizioni, spesso solo suggerite a livello formale nell’opera. Per me non è necessario spiegare tutto, mi interessa che chi osserva si ponga delle domande.

I confini e gli sconfinamenti sono disegni reali o sono disegni mentali del tuo inconscio, del tuo sentire?

Sono a volte gli uni, a volte gli altri. Traggo sempre spunto dalla realtà ma spesso l’immaginario prende il sopravvento.

Da dove nasce la tua ricerca?

La mia ricerca nasce dall’interesse per i nuovi media tecnologici e la loro interazione con altri linguaggi espressivi.

Che ruolo ha la memoria nella genesi del tuo lavoro?

Ogni opera è frutto di un’elaborazione interiore che diventa ricordo, immagine della memoria che perde ogni riferimento temporale. I dettagli si perdono per farsi suggestione… di luoghi, di persone, di esperienze, di emozioni.

L’indefinitezza dei contorni e delle forme crea l’idea del movimento che sembra essere dato dalla gestualità stessa della mano, una gestualità che da un lato mi ricorda i vortici di vento, di neve e di luce di Turner, mentre il movimento mi ricorda la fotografia sfuocata. Qual è il tuo rapporto con quest’ultima?

Ho sempre lavorato con il video e la fotografia per indagare ogni contesto umano e paesaggistico, ma mi è soprattutto utile nel processo di elaborazione delle immagini, direi che è funzionale soprattutto al lavoro pittorico. L’ambiguità visiva che si crea è stata sempre alla base della mia ricerca, senza però sconfinare in un fotorealismo che non mi interessa. Ogni dipinto, infatti, non è semplicemente la trasposizione pittorica di un’immagine, ma si riempie di suggestioni legate all’esperienza.

E col cinema, regno dell’immagine in movimento per antonomasia, che rapporto hai?

Soprattutto in passato, ho attinto molto dal cinema. Così molti dipinti sono fermo-immagini impercettibili estrapolati da film, ma anche da video clip musicali, spot televisivi o videogiochi.
L’effetto lievemente mosso dato dall’immagine analogica fermata da VHS è divenuto il mio tratto stilistico, ormai assimilato anche adesso che non utilizzo più di tanto questi metodi; tuttavia, me ne sono sempre avvalsa proprio per conferire all’immagine e al soggetto del dipinto una sorta di dinamismo concettuale che sottintende una condizione umana che è tutt’altro che statica.

Quando hai iniziato a sentire dentro che la tua strada era la pittura?

Tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, sentivo che ciò che volevo rappresentare non si esaudiva attraverso il linguaggio video o fotografico. Avevo bisogno di rendere soggettiva l’immagine fredda e oggettiva ripresa con quegli strumenti, di aggiungere un “filtro” emotivo attraverso la pittura.

Il tuo paesaggio non prevede la presenza dell’uomo che, se presente, è spesso di spalle e solitario. Come mai?

La figura umana resta spesso solo una traccia evanescente, un’ombra sospesa nella luce, o diventa elemento del paesaggio attraverso segni di antropizzazione che inserisco all’interno della composizione. Dove la figura non c’è, in realtà, si identifica con la visione stessa dell’osservatore.

Solitudine e silenzio, ce ne vuoi parlare?

I temi della mia pittura, sono trattati da un punto di vista esistenziale. C’è sempre un atteggiamento di riflessione che caratterizza ogni soggetto dipinto. Il paesaggio non è mai mera rappresentazione di sé ma piuttosto di uno stato d’animo e gli elementi che ne fanno parte rimandano ad altre riflessioni, come ad esempio quella sul rapporto dell’uomo con la natura e il legame con le problematiche ambientali attuali. Così come le figure, che spesso rappresento da sole, vivono una solitudine introspettiva, solitaria ma non sola, e in relazione con spazi e architetture che sono i “non luoghi” fisici e mentali del nostro tempo. 

Qualche volta il soggetto dei tuoi paesaggi è stato il mare, benché sfrondato della sua “mediterraneità” e solarità, molto più spesso però dipingi gli alberi e il bosco, luogo fortemente simbolico, seducente e primigenio, contrapposto alla nostra terra edificata e “controllata”. Che influenza ha il territorio in cui sei nata in tutto ciò?

Ne sono molto influenzata per le sue contraddizioni e la sua diversità paesaggistica che mi offre molteplici spunti e mi dà la possibilità di rappresentare una Sicilia diversa da come la si immagina per luoghi comuni e lontana dai soliti stereotipi.

Quale credi sia il compito di una artista donna in Italia, e in Sicilia in particolare, oggi?

Quello di esprimere sempre il proprio pensiero attraverso il lavoro che fa, senza sottostare alle logiche patriarcali che continuano a dominare anche il mondo dell’arte.

Da critica e curatrice indipendente, siciliana come te ed arrabbiata, ti chiedo come si potrebbe fare “sistema” qui in Sicilia per l’arte contemporanea, data la sua frammentazione e la sua estemporaneità?

Probabilmente realizzando progetti condivisi tra gli artisti e gli operatori dell’arte del territorio.

Cosa pensi, in generale, del “sistema dell’arte”?

Faccio il mio lavoro fregandomene abbastanza, anche perché è un “sistema” che si basa su logiche che hanno molto poco a che fare con l’arte.

Quali artisti e/o quali correnti hanno segnato maggiormente il tuo linguaggio?

Registi come Wim Wenders e Andrej Tarkovskij sono stati fondamentali nel periodo della mia formazione. A loro ho guardato molto per il modo di rappresentare la percezione del tempo e degli spazi come condizione dell’esistenza che si manifesta attraverso le immagini.

Ci vuoi parlare dei tuoi prossimi progetti?

Il 2023 mi vedrà coinvolta in alcune collettive importanti, sarò impegnata in una residenza d’arte in Sicilia e in collaborazioni con nuove gallerie fuori dall’isola. Nel frattempo, sono già a lavoro per il prossimo progetto personale.

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Tutte le immagini © Samantha Torrisi
Immagine in evidenza: Samantha Torrisi, Loop serie, 2021, olio su tela, 60×60 cm (part.)