L’estetica surrealista di Max Ernst

L_Estetica_Surrealista_Di_Max_Ernst_02Metafisico, surreale, inquietante, onirico, fantastico, magico.
Sono le tessere di un puzzle suggestivo che, una volta composto, rivela la poetica di Max Ernst, in mostra al Metropolitan Museum di New York fino al 10 Luglio.
Fugge dalla Germania e sfugge alle convenzioni e alle regole, troppo restrittive, troppo razionali, troppo lucide, per una creativita’ esplosiva ed una genialita’ senza limiti.
L’esperienze Dada e Blaue Reiter, sono solo il proscenio di una teatralita’ che sconfina nei meandri della mente e acquista il suo vero valore nel surrealismo.
Andre’ Breton e Paul Eluard ne riconoscono la prorompente valenza artistica e invitano Ernst nella capitale francese.
La sua forza magnetica e il suo carisma, sviluppano un linguaggio, che spazia verso territori ancora inesplorati, aprendo la strada ad un’estatica visione dell’inconscio.
Spregiudicato, chiaccherato e provocante, trafigge Parigi con la disarmante forza surrealista e lascia che l’onirico, nella sua visione piu’ autentica, dipinga l’essenza di un immaginario, dietro la quiete apparente della realta’.
Soggetti e oggetti in sospenzione, vuoti mentali, metafische espressioni, rimandano al mai dimenticato De Chirico, scoperto sfogliando la rivista “ Valori Plastici “, nel 1919.
Ernst da voce e volto all’inconscio, all’irrazionalita’ fluttuante di un sommerso in movimento, ad immagini, che scorrono sul filo dell’equilibrio mentale.
Un mondo che l’artista conosce bene, per aver studiato psicologia ed essersi interessato all’arte e alla poesia degli psicotici e dei malati di mente.
Sono frammenti criptici di un’interiorita’ che affiora in associazioni di idee freudiane. Ernst li materializza sulla tela, in viaggi nell’incoerenza psichica, in luoghi allucinati, in spazialita’ naufragate nella profondita’ della solitudine.
Incapace e impossibilitato di rimanre ignaro e insensibile al nazismo e alla Guerra, il suo surrealismo si tinge di oscuri richiami alla realta’.
Sulle tele emerge una sofferenza latente, infatti il regime lo considerava “ degenerato” e molte opere furono sequestrate e andate perdute.
Un periodo della sua vita conclusosi quando lascia la Germania ma che mantiene il sapore amaro di un’angosciante silenzio trattenuto.
Non solo pittura, anche collage per rappresentare la luce dell’anima sotto la coltre del reale.
Decalcomania, frottage e grottage, tecniche dell’universo infantile, sono adottati come strumenti per indagare oltre la pittura, nelle citta’ surreali della nostra mente.

Antonella Iozzo