
Tra quanti nel secolo hanno riscoperto (in quell’affannoso e disperato ritrovare un’identità nelle origini che riassume il dramma creativo del nostro tempo) le forme naturali modellate, scolpite, graffiate dai secoli e dagli eventi, è certo uno che sa giungere alla rivelazione formale con purezza d’animo.
Il che significa, per l’intanto, che non cerca aggiornamenti a tutti i costi per essere “in” e invece che s’abbandona a rivelare, manifestare le parvenze e le allusioni naturali nella forma scultorea compiuta.
Ad un tal traguardo lo ha certo predisposto, già in giovinezza, il suo incontro d’apprendimento determinante, quello con Arturo Martini a Monza.
“La donna che nuota sottacqua” del grande trevigiano è infatti la forma più naturale del secolo oltreché la scultura più apollinea che sia stata scolpita dopo Bernini.
Naturalmente, come si conviene ad un artista che ama la materia e la bellezza del duro lavoro esercitato per vincerla o scoprirla egli giunge alle sue conclusioni più alte attraverso un continuo scavo nella forma e della sua stessa esperienza e allora ecco quelle statue giovanili, quelle figure di animali dove era già in atto una semplificazione formale e lineare da purista autentico (oltreché da martiniano) e questa purificazione egli cercherà poi nei sassi di torrente o di montagna, nei graniti, nei basalti arrotondati dalle piene e dalle secche, sbattuti dalle correnti e dalle frane e quindi levigati dal vento, dalle acque, dagli sdrusci di corpi d’ogni genere e solidità.
Non scoprirà certo, in questi ciottoli, soltanto forme armoniche e misure geometriche pure come il grande Viani o, per altri versi, come Moore, individuerà invece, sotto il levigato manto secolare della superficie l’aspra, picchettata (come un antico affresco sotto una intonacatura) sostanza dell’uomo tormentato, deluso del tempo nostro.
Che avrà forse i sembianti angolosi e arcaici dell’uomo pre-sapiens, oppure dei totem dell’isola di Pasqua ma anche una “consapevolezza della propria storia espressa in una sorta di grottesca e spasmodica fissità”, come rileva Silvio Branzi (*), fossile d’un sentimento e d’un amore ma insieme monumento al medesimo.

Ciò che infatti Degasperi mai perde, nell’evolvere la sua forma delle misure “pure” a quelle figurative, è proprio questa fusione, seppur amata raramente raggiunta oggigiorno, tra purezza stilistica ed espressione.
E qui, nella forte definizione (talvolta al limite del caratteriale) dei profili e nella stessa drammaticità del discorso formale emergono le origini d’una cultura nordica con tutti i suoi rituali e le sue leggende, sempre così serie e liricamente tese ancora, con Lorenza Trucchi, “quella tenerezza nella forza, quella rara capacità di concentrazione e di solitudine che spesso si riscatta di un dimesso quanto profondo amore per la natura “.
Talvolta il ciottolo ritrovato è talmente “dettagliato” nel proporsi come immagine e così profondamente gli agenti atmosferici l’hanno lavorato fin nell’interno che lo scultore come scriveva Henry Moore – “non deve far altro che afferrarlo e sceglierlo, firmandone la scoperta”.
È il caso di “Piccolo capolavoro”, un titolo che se autografo conoscendo la pur orgogliosa umiltà di Degasperi mi pareva inspiegabile: invece, il merito del “capolavoro” lo scultore lo da tutto quanto alla natura e alle sue forze secolari.
Dire poi in che consista la bellezza di questi ciottoli indagati fin nel loro interiore silenzio è impresa che a tutti parrà evidente: l’incanto della verità naturale in se stessa, soltanto guidata dall’uomo e dalla sua creatività a perfezionare la sua immagine in forme riconoscibili e comunque “mentali, volute”.
Giorgio Mascherpa
(*) “II Gazzettino”, Venezia, 20-2-1952; in bibliografia, segnaliamo anche A.
Zieger e R.Wolf, “L.D. Gasperi”, Torino, 1946; Catalogo Naz.Bolaffi per la scultura n.1, pag.65; Cat. 1a Biennale La Spezia, 1979; Cat. Premio Carrara, 1959, con testo di Mario De Micheli, A.Dragone, Scultura Italiana Contemp., Milano, 1965.
Tratto dal Catalogo: “Degasperi”
Castel Ivano
Pro Loco di Strigno e Ivano Fracena
Assessorato alle Attività Culturali, Assessorato al Turismo della Provincia Autonoma di Trento
luglio-agosto 1984
