Nature Morte per raccontare la vita

Nature_Morte_Per_Raccontare_La_Vita_02Deliberatamente inquietante, provocatoriamente ambigua.
Natura morta dalla lucida teatralità, affogata in una visione d’impatto tagliente e spigolosa.
“Nature Morte“ dell’artista belga Cindy Wright, è un’opera dura, reale, sferzante, viva.
Il corpo della trota, affusolato, avvolto, quasi morbidamente, a spirale, contrasta con lo sguardo scrutatore, con l’occhio crudele, da assassino nella mente e vittima nell’anima.
La lucentezza argentea e squamosa, incontra le tonalità fredde nelle sfumature plumbee della nostra sensibilità, segnata dall’algida indifferenza sociale.
Lo squarcio nel ventre, profondo, violento, mortalmente fatale, lacera i tessuti irrorati di vita e di sangue.
Sangue che perde la lividezza del suo colore e si scioglie in gradazioni pacate, spente, quasi a voler sottolineare l’innocenza di un corpo le cui membra sono poste in bella vista nella trasparenza del vetro.
Pelle ormai ridotta in frammenti di flussi vitali, sfilacciata fin dentro i legamenti, ma ancora fortemente impregnata di forza vitale, rammenta l’esistenza stroncata da ignote comparse, nel pericolo gioco della guerra, del potere e della supremazia geo – politica.
Una natura morta lontana dai canoni classici, dalle forme palpabili e poetiche di Cezanne o dalle composizioni caravaggesche.
Una natura morta che non ha nessun dialogo con le spigolature cubiste, con la dinamicità futurista, o con gli oggetti di Morandi racchiusi nella loro essenza.
La “ Natura Morta “ di Cindy Wright vive della sofferenza di uno sguardo agghiacciato nella adamantina velatura dell’introspezione psicologica.
Cerca disperatamente un equilibrio tra la consapevolezza di essere sottomessi da presenze ingombranti e il dubbio atroce, l’incertezza di far parte del sistema.
L’opera attrae e sconcerta lo spettatore, il soggetto sembra interagire con l’esterno e il linguaggio pittorico scelto fa dell’immagine il riflesso della realtà in fuga da se stessa ma imprigionata nella circolarità del globo dove l’inizio e la fine coincidono annientandosi.

Antonella Iozzo