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Peggy Guggenheim e l’arte del secolo scorso

Il Surrealismo si rivela un perfetto terreno di gioco per Peggy Guggenheim: confinata dalle regole di condotta dell’aristocrazia ebrea newyorkese in cui viene cresciuta, nel 1920 si rifugia in Europa e si trova a Parigi ad assistere alla nascita del Surrealismo.
Negli anni 20 il suo rapporto con il movimento si limita a contatti mondani con figure prevalentemente letterarie, non venendo attivamente coinvolta nella vita della comunità artistica fino al 1938, quando decide di aprire una galleria a Londra.

Il nome della galleria, Guggenheim Jeune, è un riferimento ironico alla nota Galerie Bernheim-Jeune di Parigi e allo stesso tempo incoraggia l’errata supposizione che Peggy Guggenheim sia figlia di Solomon R. Guggenheim, famoso collezionista newyorkese di pittura non-oggettiva, in realtà suo zio.
L’arguzia non viene per nulla apprezzata dalla serissima consulente di Solomon, Hilla Rebay, che rimprovera Peggy aprendo così un’ostilità duratura tra le due donne: “È estremamente ripugnante vedere come ora, quando è divenuto sinonimo di un ideale nell’arte, il nome dei Guggenheim venga associato al commercio” 1.
Guggenheim Jeune diviene però il modello per Art of This Century, l’azzardata impresa di Peggy Guggenheim, la galleria ormai passata alla storia, aperta nel centro di New York nel corso della seconda guerra mondiale.
Molte esposizioni tenute in Inghilterra divengono il prototipo per quelle americane: in entrambe le gallerie Peggy privilegia i surrealisti, espone le opere di scultori e artisti emergenti, e non fa alcun tentativo di censurare l’arte potenzialmente controversa, forse anzi cerca di promuoverla.
A Londra Peggy inizia a comperare opere d’arte e come ricorderà anni dopo, “La prima cosa che comprai fu un bronzo di Arp”, Testa e conchiglia (1933 circa, pag. 24), acquistato dall’artista nel 1938.
“Me ne innamorai talmente che chiesi di poterlo tenere tra le mani e nel momento in cui lo afferrai sentii di volerlo” 2.

Nel marzo 1939 Peggy Guggenheim decide di fondare a Londra un museo per l’arte del XX secolo, ma restare a Londra diviene impossibile e si trasferisce a Parigi, con l’intenzione di aprire il proprio museo in un palazzo.
Mentre il resto dell’Europa si prepara alla guerra, Peggy, con in mano una lista di opere irrinunciabili, dà inizio a una girandola di acquisti decisa a “comprare un’opera al giorno” 3.
Nonostante sostenga che la sua collezione sia “storica e priva di pregiudizi” 4, e di non nutrire preferenze personali per uno stile in particolare, il cuore di Peggy Guggenheim appartiene al Surrealismo.
Fin dalla prima codificazione del movimento fatta da André Breton nel 1924, con la pubblicazione del famoso Manifesto del Surrealismo, uno degli scopi principali del movimento è la liberazione dalla repressione di ogni tipo: sociale, politica, psicologica e sessuale.
La trasgressione surrealista delle norme borghesi codificate, che deriva dalla prassi dada conseguente alla disillusione del primo dopoguerra, permette in teoria l’espressione spontanea di qualsiasi desiderio o capriccio represso.

Peggy raggiunge la maturità nell’atmosfera avventurosa della Parigi degli anni ’20, e sfrutta pienamente la libertà che la ricchezza le permette.
In una intervista del 1976 afferma: “Io ero l’autentica donna emancipata… facevo tutto, ero tutto; ero assolutamente libera dal punto di vista finanziario, emotivo, intellettuale e sessuale” 5.
All’inizio degli anni ’20 Peggy tenta l’esperienza del matrimonio e della maternità convenzionali, ma nel 1928 lascia marito e figli e finisce per stabilirsi a Londra.
Sconvolge la madre, tra gli altri, convivendo con una serie di amanti e si concede storie con artisti surrealisti come E. L. T. Mesens e Yves Tanguy, e con lo storico dell’arte e artista Roland Penrose.
Pur collezionando opere astratte, Peggy non nutre simpatie per il programma spirituale dell’astrattismo o per Rebay, che se ne è proclamata portavoce.
L’antipatia diviene aperto conflitto nel 1941, quando Peggy si trasferisce a New York.

Nei mesi precedenti la caduta di Parigi Peggy Guggenheim passa al setaccio gli studi degli artisti e riceve i mercanti d’arte nella propria camera d’albergo, impegnandosi assiduamente nell’ammassare una collezione di opere importanti che illustrino il periodo storico a partire dal 1910.
Di questo periodo scriverà, ad esempio, che “il giorno in cui Hitler entrò in Norvegia, io entrai nello studio di Legér e comprai uno splendido quadro del 1919 [Uomini in città, Collezione Peggy Guggenheim] per mille dollari.
Non digerì mai il fatto che pensassi di comperare quadri proprio quel giorno” 6.
La collezione surrealista creata da Peggy delinea nel suo complesso una vasta esplosione di raffinata ossessione sessuale.
Passando dalle curve biomorfiche vagamente femminili delle opere scultoree di Arp alle dettagliate descrizioni anatomiche delle donne nei dipinti di Max Ernst o di Salvador Dali, il Surrealismo è radicato nel corpo, spesso quello femminile.
Alla base delle nozioni del movimento sul funzionamento dell’inconscio e delle sue macchinazioni nel campo del desiderio sessuale si trovano le teorie di Sigmund Freud, che vengono divulgate da varie riviste surrealiste e da mezzi di comunicazione più popolari.
Alcuni artisti conoscono bene gli scritti originali di Freud; ad esempio, l’opera di Ernst, che aveva studiato testi di psicoanalisi, riflette una profonda comprensione dei concetti freudiani.
Gli artisti dada utilizzano allusioni sessuali nelle loro assurde costruzioni meccanomorfe, associando ironicamente la struttura del corpo umano o l’atto del rapporto sessuale con attrezzi e strumenti o parti di motore.
I surrealisti tuttavia aggiungono una dimensione psicoanalitica all’uso della metafora sessuale.
Spesso essi visualizzano la mente inconscia come un paesaggio in cui traumi e desideri sono metaforicamente personificati da figure e oggetti che abitano lo spazio fittizio.
In L’aurora di Paul Delvaux (1937, pag. 127) 7 e Senza titolo di Dali (1931, pag.
128) si mantiene un senso arcano della realtà grazie alla prospettiva convenzionale e alla presenza di forme familiari giustapposte in modo inusuale.
In entrambi i dipinti l’oggetto del desiderio è una donna assimilata alla natura, il desolato paesaggio di Dali riecheggia nel suolo lunare di il sole nel suo portagioie di Tanguy (1937, pag. 129), che però diverge da immagini riconoscibili, creando corpi antropomorfici che fanno pensare a singoli esseri.
Tanguy preserva la sensazione di corporeità plasmando le forme astratte e le ombre che queste proiettano, mentre le forme ossute e appuntite radicano i corpi in un ambito organico.
Le ombre delle emanazioni radiali della figura a metà campo sulla destra ricordano la simbologia delle evanescenze sessuali di Joan Miro in quadri come Personaggio (1925, pag. 130).
Sulla spiaggia di Pablo Picasso (1937) mantiene schematicamente lo spazio fittizio delle opere “realiste” di surrealisti come Dali, sebbene in questo caso sia occupato da donne-mostri di fantasia, la cui costruzione scultorea viene determinata dalle parti sessuali.

Jean Arp, Testa e conchiglia (Tète et coquille), 1933 circa. Ottone lucidato, altezza 19,7 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 76. 2553. 54.

Caduta Parigi, Peggy Guggenheim è costretta a fuggire nel sud della Francia da dove, crescendo l’intensità del conflitto, organizza il trasferimento della propria collezione e della famiglia a New York.
Grazie al suo aiuto riescono a lasciare l’Europa anche Breton, Jaqueline Lamba e la loro figlioletta, oltre a Ernst, che si trovava in una situazione particolarmente difficile dato che era stato internato in Francia come straniero nemico.
Proprio in questo periodo Peggy e l’artista iniziano una relazione che sfocia in un matrimonio di breve durata celebrato a New York, dove arrivano il 14 luglio 1941.
Secondo Peggv il dipinto di Ernst L’antipapa (1941-42, pag. 26) è una manifestazione del loro complesso rapporto 8.
Trasferitasi a New York per la durata della guerra, Peggy Guggenheim continua la redazione del catalogo della collezione già iniziata in Europa.
Decisa ad aprire finalmente il museo che aveva progettato, assume l’architetto visionario Frederick Kiesler per progettare un ambiente adatto alla sua collezione, “un luogo in cui chi sta facendo qualcosa di veramente innovativo possa esporre” 9, e il 20 ottobre 1942, nello spazio precedentemente occupato da due sarti al 30 West 57TI1 Street, apre la sua galleria-museo, Art of This Century, catalizzando l’attenzione a livello nazionale.
Con l’assunzione di Kiesler, che definisce “l’architetto più all’avanguardia del secolo” 10, Peggy Guggenheim sfida lo zio e la consulente Rebay, che avevano aperto nel 1939 il loro Museum of Non- Objective Art in un ex salone automobilistico al 24 East 54th Street.
In realtà, negli anni ’30, Rebay aveva preso in considerazione l’ipotesi di affidare a Kiesler l’incarico di progettare uno spazio espositivo al Rockefeller Center.

Definendo il proprio spazio un museo (per un breve periodo Peggy fa pagare l’ingresso), assicurandosi i servizi di un architetto noto per le scenografie e il teatrale allestimento di mostre, sfidandolo poi a inventare un nuovo modo di esporre opere d’arte, Peggy Guggenheim dà origine a un’ondata sensazionale che sembra voler provocare deliberatamente lo zio e Rebay 11.
Kiesler progetta quattro gallerie per Art ofThis Century.
La più convenzionale, illuminata dalla luce naturale, funge da biblioteca di pittura, centro di studi per la “collezione permanente” di Peggy, e spazio per le mostre temporanee.
Kiesler considera repressive le pareti, per cui le partizioni della galleria astratta, fatte di teli di canapa blu oltremare tesi e trattenuti da corde, sembrano fluttuare dato che non toccano né il pavimento né il soffitto.
I dipinti, montati su tripodi sospesi a funi, sembrano librarsi nello spazio, dando il loro contributo all’atmosfera antigravitazionale della galleria.
Per un espositore automatico, o galleria cinetica, Kiesler progetta vari meccanismi che introducono il moto dinamico e permettono la visione delle opere d’arte in uno spazio limitato.
Questa porzione di corridoio diviene famosa come la galleria dello “spettacolino da un centesimo” 12.
La galleria surrealista, considerata lo spazio più anticonvenzionale, espone dipinti senza cornice montati su supporti, paragonati da Kiesler a delle braccia aperte che sporgono dalle pareti curve in legno.
La registrazione su nastro dello sferragliare di un treno dà origine a un’esperienza di percezione alterata; le luci, programmate per illuminare alternativamente parti diverse della stanza buia, disorientano ulteriormente il visitatore.

Max Ernst, L’antipapa (The Antipope), dicembre 1941-marzo 1942. Olio su tela, 160, 8 x 127, 1 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 76. 2553. 80.

Nel 1936 il primo direttore del Museum of Modem Art, Alfred H. Barr Jr., rappresenta la giovane storia dell’arte del XX secolo come una inesorabile tensione all’astrazione, che si divide in due percorsi distinti: “arte astratta non geometrica” costituita dalle fila dell’Espressionismo, Surrealismo e Brancusi, contro “arte astratta geometrica”, che fluisce da De Stijl, Neoplasticismo, Bauhaus e Costruttivismo 13.
Questo schema di definizione di termini e categorie si conferma tuttora piuttosto inelegante e controverso, ma mette in luce il nascente paradigma dialettico del pensiero sull’Arte Moderna al centro della rivalità tra Peggy Guggenheim e Hilla Rebay.
La differenziazione tra le due posizioni inizia a livello etimologico, com’è evidente dal modo in cui le due donne descrivono le rispettive collezioni.
Hilla Rebay usa il termine “nonoggettiva” per contraddistinguere l’arte generata direttamente dall’immaginazione dell’artista, ma che non è astratta in quanto non deriva dal mondo osservabile.
Peggy Guggenheim rifiuta di utilizzare il termine “non-oggettivo” persino per descrivere la parte non surrealista della propria collezione, preferendo definire quelle opere “non realiste” o talvolta “astratte” 14.
Come scrive Rebay, “i dipinti della Nonoggettività rappresentano la chiave di accesso a un mondo di elevazione non materialistica.
Educare l’umanità a rispettare e apprezzare il valore spirituale unirà le nazioni più fermamente di qualsiasi società delle nazioni” 15.
Rebay considera il proprio museo come “il Tempio della Non-oggettività”, mentre Peggy Guggenheim definisce il suo “un laboratorio di ricerca” 16, il Museum of Non-Objective Painting presenta l’idea di Rebay: dipinti inequivocabilmente puri in ambienti rasserenanti, pareti rivestite di velluto grigio, moquette elegante, incensi e musica di Bach in sottofondo.
Peggy al contrario allestisce mostre come Naturai, Insane, Surrealist Art, in cui espone legni rinvenuti sulla spiaggia, radici e frammenti di mascelle (con i denti) nella sua galleria cacofonica, con il frastuono registrato del treno e le luci lampeggianti.

Esattamente come era accaduto a Londra, Peggy Guggenheim porta con sé a New York numerosi primati: organizza la prima mostra di opere di Arp, la prima mostra internazionale di collage, proprio come aveva allestito a Londra, tra le altre, la prima mostra di Vasilv Kandinskv.
Peggv diventa però famosa soprattutto per aver fornito sostegno economico e spazio espositivo alla nascente Scuola di New York di espressionisti astratti, e per aver allestito mostre personali di William Baziotes, David Hare. Hans Hofmann. Robert Motherwell. Jackson Pollock, Mark Rothko e ClvfTord Stili, molti dei quali giungono alla maturità sotto l’influenza del Surrealismo, fn realtà, Peggy considera la promozione di Pollock la sua “impresa più onorevole” 17.
Nel 1981 Lee Krasner riassume i risultati ottenuti da Peggv Guggenheim: “L’importanza di Art of Tfiis Centurv era assoluta poiché era il luogo dove poter vedere per la prima volta la Scuola di New York… La galleria era il fondamento, il posto dove tutto iniziò. Non c’era altro luogo in tutta New York dove ci si potesse aspettare una reazione scevra da pregiudizi. Nel realizzare ciò che ha fatto, Peggv è stata inestimabile”.

In una intervista del 1977, Hare sottolinea: “Esistevano solo tre luoghi a New York nei primi anni 40: Julien Lew, Pierre Matisse e Peggy. Lei era l’unica a esporre arte americana contemporanea: certo che era importante. Dava alla gente la possibilità di esporre, di vedere, di essere visti… lei ti appoggiava, e questo era fondamentale” 18.

Peggy Guggenheim decide “di servire il futuro invece che registrare il passato” 19 e seguendo questo mandato espone il lavoro di molti artisti giovani e sconosciuti.
Armeno il quaranta per cento degù artisti che espongono ad Art of This Centurv sono donne, e più di un quarto delle personali sono dedicate ad artiste, tra le quali sono tuttora familiari i nomi di Louise Bourgeois, Leonora Carrington, Léonor Fini, Frida Kahlo, Louise Nevelson, Meret Oppenheim e Dorothea Tanning.
Peggv Guggenheim organizza due mostre dedicate esclusivamente all’opera di artiste.
Exhibirion by 31 Women, terza mostra organizzata ad Art of This Century, con una giuria che seleziona le artiste, fa dire a un giornalista che “questa galleria sta già mantenendo la sua promessa di scoprire nuovi problematici talenti”. La seconda mostra, The Women, si tiene alla fine della terza stagione della galleria.
Le recensioni offrono un’idea del clima con cui vengono accolte le due mostre.
Un giornalista asserisce con tono condiscendente che “altre organizzazioni di sole donne dovrebbero fare un salto” alla mostra, mentre un altro si serve di metafore culinarie per descrivere i tentativi “sfiziosi” del gruppo 20.
Georgia O’Keeffe, ad esempio, capisce come una mostra al femminile sia uno svantaggio e risponde freddamente a Peggy Guggenheim: “Io non sono una donna pittrice” 21.
Nell’allestire queste mostre come pure la Exhibition of Paintings and Draiuings by Children, The Negro in American Life (una mostra di fotografie che ritraggono neri americani, non però eseguite da loro), e Naturai, Insane and Surrealist Art, Peggy condivide le categorie separatiste del Surrealismo, che perpetuano la posizione assiomatica del sano maschio bianco adulto, di per sé non definito in una categoria, come metro di paragone da cui gli “altri” divergono.
Peggy, tuttavia, inserisce con regolarità opere di donne nelle mostre di gruppo ad Art ofThis Century, dedica mostre personali ad alcune artiste, tra le quali sono figure di rilievo della scena artistica newyorkese, come Irene Rice Pereira, Janet Sobel e Hedda Sterne, e ne colleziona le opere, nonostante molte siano negli anni donate o vendute.

Galleria surrealista di Art of This Century, New York, 1942. Sulla parete di fondo è esposta L’aurora di Paul Delvaux (luglio 1937, pag. 127). Foto di Berenice Abbott.

Mentre la seconda guerra mondiale volge alla fine, Peggy morde il freno nell’attesa di ritornare in Europa, che preferisce da sempre agli Stati Uniti.
Finisce per stabilirsi a Venezia e porta alla città una profusione di arte a malapena conosciuta in Italia, rivitalizzando la stagnazione culturale proprio come aveva fatto prima a Londra e poi a New York.
A Venezia fa inarcare le sopracciglia, come sempre, per il suo comportamento dissipato.
Acquista un palazzo con un passato scabroso per ospitare la propria collezione, tiene salotto con una interminabile parata di celebrità e in generale si comporta con lo slancio sfrenato che le è caratteristico.
Continua a collezionare arte, sostenendo artisti locali emergenti come aveva fatto a Londra e New York.
Peggy istituisce finalmente quel museo che era stato suo scopo precipuo sin dal 1939, la Collezione Peggy Guggenheim, ricevendo le folle che arrivano per vedere sia l’arte surrealista che la donna meravigliosa che l’ha raccolta.
Uno dei ritratti preferiti da Peggy Guggenheim per i fotografi ne compendia l’autorappresentazione nel ruolo di donna favolosa e surreale, poiché viene raffigurata nella sua camera da letto, con un aderente abito Fortuny, con alle spalle la testiera di Alexander Calder e alla parete i numerosi orecchini appesi come trofei di una moderna feticista.
Jennifer Blessing

tratto dal catalogo
“Capolavori del Guggenheim: il grande collezionismo da Renoir a Warhol”
Solomon R. Guggenheim Foundation, Scuderie Papali al Quirinale

Pubblicato in occasione della mostra
“Capolavori del Guggenheim. il grande collezionismo da Renoir a Warhol”
Scuderie del Quirinale, Roma
3 marzo-5 giugno 2005

La mostra è organizzata da The Solomon R. Guggenheim Foundation, New York, in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo-Scuderie del Quirinale e MondoMostre

© 2005 The Solomon R. Guggenheim Foundation, New York.
Tutti i diritti riservati.
ISBN 88-7624-239-2 (cartonata)
ISBN 88-7624-299-6 (brossura)

Guggenheim Museum Publications
1071 Fifth Avenue
New York, New York 10128

Edizione italiana distribuita da: Skira editore spa
Design: Tsang Seymour Design Inc., New York
Produzione: Cynthia Williamson
Redazione: Chiara Barbieri, Elizabeth Franzen, Edward Weisberger
Traduzioni: Ready-Made snc di Nadine Bortolotti e Ci. ibride Miccichè
Stampato in Germania da Cantz
In copertina: particolare di Vasily Kandinsky, Diversi cerchi, 1926 (pag. 117)

Digitized by the Internet Archive in 2012 with funding from Metropolitan New York Library Council – Metro
http://archive.org/details/capogugOOsolo

Immagine in testa: Pablo Picasso, Sulla spiaggia (La Baignade), 12 febbraio 1937. Olio, conte e gesso su tela, 129, 1 x 194 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 76. 2553. 5.

Note

  1. Peggy Guggenbeim, Out ofThis Century: Confession of an Art Addict, André Deutscb Limited, Londra 1979, pag. 171 (edizione italiana Una uita per l’arte, Rizzoli, Milano 1982)
  2. ibid., pag. 162.
  3. ibid., pag. 209.
  4. Ibid., pag. 214
  5. Citato in Jobn H. Davis, Tbe Guggenhcims: An American Epic, William Morrow and Company, New York 1978, pag. 434
  6. Guggenheim, Out ofTbis Century, pag. 218
  7. Questo dipinto ha un significato particolare per Peggy Guggenbeim. In Out oj This Century (pag. 191) ricorda di aver dormito con Penrose sotto un Delvaux simile: “Ero così emozionata; mi sentivo come se fossi una delle donne”. Peggy acquista il dipinto da Mesens a Londra nel 1938. Si veda Angelica Zander Rudenstine, Peggy Guggenbeim Collection, Venice: Tbe Solomon Guggenbeim Foundation, Harry H. Abrams e Solomon Guggenheim Foundation, New York 1985, pag. 215
  8. Guggenheim, Out of Tbis Century, pagg. 261-62.
  9. Peggy Guggenheim, citata in Adelaide Kerr, In House That Peggy Built, Paintings Dangle From tbe Ceiling, and tbe Walls Oftcn Curve, “Times Dispatch”, Richmond, Va., 2 novembre 1942
  10. Guggenbeim, Out ofTbis Century, pag. 270
  11. Joan M. Lukach, Hilla Rebay: In Searcb o| tbe Spiril in Art, George Braziller, New York 1983, pag. 155, sottolinea che il nome della galleria di Peggy Guggenheim implica “una sfida diretta alla ‘Art ofTomorrow’ dello zio” (una parte della collezione di Solomon Guggenheim viene esposta nel 1939 alla mostra Art ofTomorrou; nel museo della 54th Street).
  12. Isms Rampant: Peggy Guggcnbeim’s Dream World Goes Abstract, Cubisi, and
    Generally Non-Real, “Newsweek”, 2 novembre 1942, pag. 66
  13. L’autorevole catalogo di Barr. Cubism and Abstract Art (Museum of Modem Art, New York 1936) mostra in copertina un misterioso schema che segna la diffusione dell’influenza nell’arte dell’inizio del XX secolo.
  14. Si veda, ad esempio, Peggy Guggenheim, a cura di, Art ofTbis Century, Art ofTbis Century, New York 1942, pag. 9; e Guggenbeim, Out ofTbis Century, pag. 276
  15. Hilla Rebay, Depnition of Non-Objectiuc Painting, in Solomon R Guggenbeim Collection of Non-Objectiue Paintings, cat. mostra, Carolina Art Association, Charleston, S.C. 1936, pag. 8.
  16. Citato in Lukach, Hilla Rebay, pag. 62, e in Melvin P. Lader, Peggy Guggenbeim’s Art ofTbis Century: The Surrcalist Milieu and tbe American Auant-Garde, 1942-1947, tesi di dottorato. University of Delaware (disponibile presso University Microfilms International, Ann Arbor, Micb.), 1981, pag. 126.
  17. Guggenheim, Out ofTbis Century, pag. 347. Scrive a pag. 303 che Pollock era il “figlio spirituale” suo e di James Johnson Sweeney (che divenne il direttore del Solomon R. Guggenheim Museum nel 1952)
  18. La galleria era importante anche per i giovani artisti americani poiché permetteva loro di avere un accesso altrimenti non facile alle opere europee. Le citazioni di Krasner e Hare sono riportate in Rudenstine, Peggy Guggenbeim Collection, Venice, pag. 799
  19. Comunicato stampa dell’ottobre 1942 per l’inaugurazione di Art of This Century, riportato in Lader, pag. 126.
  20. Art News” 44, 1-31 luglio 1945, pag. 26; e Robert M. Coates, The Art Gallerics, “The NewYorker” 18, 15 gennaio 1943, pag. 56
  21. Riportato in Jimmy Ernst, A Not-So-Still Life, St.Martin’s/Marck, New York 1984, pag. 236.