La scultura di Andrea Cascella resta per me un punto di riferimento nel panorama artistico d’oggi, nonostante tutte le teorie che si alternano sull’arte, i voltafaccia e le impennate di certi critici, la mutevolezza e i capricci del gusto e della politica.
Gli artisti veri sono pochissimi e si conoscono tra loro per una sottile intesa, a volte nemmeno espressa a parole.
Uno serve all’altro come conferma delle proprie ragioni, del proprio orientamento e della propria, caparbia, ambizione.
Nella mia mappa dell’arte moderna, la scultura di Cascella è piazzata come un segnale sicuro, come il Meridiano di Greenwich per il mio orologio: se dovessi scegliere uno scultore per ogni dito delle mie mani, fra quelli che valgono di più al mondo, Andrea sarebbe uno dei dieci.
Ma queste sono imprese che dovrebbe intraprendere la Biennale di Venezia, non un pittore; ma cosa hanno più a che fare i pittori e gli scultori con la Biennale? Non mi resta altro da fare quindi, che tentare di esprimere a parole la mia stima per questa opera che ho visto svilupparsi durante quasi trent’anni.
Nel 1956 ho accompagnato Lionello Venturi a una mostra di Andrea Cascella; il vecchio (che poi non era affatto così vecchio) rimase molto impressionato da quei lavori.
Per i più d’allora e d’oggi, Lionello Venturi non capiva niente, infatti è stato punito e dimenticato.
Lionello Venturi, invece, conosceva come pochissimi l’arte moderna e aveva studiato da vicino sia Medardo Rosso che Brancusi, i due maestri che Cascella si era scelto per agganciarsi bene alla tradizione della « Grande scultura ».
Osservando l’opera di Cascella ci si chiederebbe: « ma come può un artista girare intorno allo stesso problema, affannarsi intorno a queste pietre per tanti anni? ».
La risposta è che quel problema è radicato nella tradizione più nobile della scultura da Arnolfo ai Pisano a Jacopo della Quercia, da Donatello a Michelangelo a Canova a Rodin, da Medardo Rosso a Brancusi a Laurens a Boccioni, Arp, Matisse, Martini, Wildt, Viani, Fontana e seguendo questa linea si arriva dritti dritti alle sculture di questa mostra.
Il problema che Andrea Cascella ha scelto è quello di sempre e lui ha trovato, da maestro, una soluzione valida e originale.
Ha scelto la pietra; la scultura in pietra è quanto di più permanente esista; intanto come aspirazione nell’animo di chi la pratica e poi, a parte il peso, la solidità e il rispetto che incutono le qualità stesse di questa materia.
Non c’è modo migliore di esprimere l’immutabilità della crosta del nostro pianeta, la presenza umana nel tempo e al di là del tempo, che fissando in una forma scolpita lì dentro la propria visione.
Girare e rigirare intorno a un sasso, spezzarlo, rimetterlo insieme, ricrearlo di nuovo dall’interno, in tutte le parti che lo compongono come forma; questo procedimento caratteristico della scultura di Cascella scava, incide nel profondo e significa molte cose, oltre l’aspetto di quelle forme fatte delle parti che le determinano, incastrandosi una dentro l’altra.
Significa, per esempio, che non esiste un « insieme » che non sia fatto di parti che si combinano nel modo giusto, significa che il modo in cui queste parti coesistono all’interno di una forma o di un pensiero, non corrisponde necessariamente al modo in cui esse si associano all’esterno, significa che lo spazio delle cose assume un senso diverso in ogni punto del loro essere.
È così che Cascella esprime la continuità dello spazio e del tempo dentro e fuori, la « durata » dell’essere, è così che propone in granito o in marmo un suo modo di giudicare, scegliere e concepire la realtà.
Questo per coloro a cui interessa il contenuto.
Per gli altri, invece, per quelli che si contentano di guardare, di sentire con gli occhi un’opera d’arte, dirò soltanto che fanno bene a fare così.
Troveranno in queste sculture un dinamismo e un’invenzione continui, una perfezione, un costante variare della linea che, infatti, non si ripete mai in nessun suo frammento, un’articolazione della tensione delle superfici e dei volumi, ottenuta attraverso un impalpabile variare delle luci in ombre, troveranno l’occasione per un’esperienza unica: l’incontro con l’opera egregia di un Maestro.
Altro che l’avanguardia e le scatole di brodo che ci aspettano alla Biennale!
Piero Dorazio
Tratto dal Catalogo: “Sculture di Andrea Cascella”
Edizioni Galleria del Naviglio – Milano – 1980
Direttore Renato Cardazzo
Catalogo stampato in occasione della 726a Mostra del Naviglio
maggio – giugno 1980