“Storia della notte e destino delle comete”: il progetto di Gian Maria Tosatti al Padiglione Italia nella 59a Biennale di Venezia

di Teresa Lanna.

"Storia della notte e destino delle comete": il progetto di Gian Maria Tosatti al Padiglione Italia nella 59a Biennale di Venezia

Storia della Notte e Destino delle Comete: questo è il titolo del progetto espositivo del Padiglione Italia alla 59° Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia. La mostra, a cura di Eugenio Viola, per la prima volta nella storia del Padiglione Italia, presenta l’opera di un solo artista: Gian Maria Tosatti.

Storia della Notte e Destino delle Comete si configura come una grande installazione ambientale pensata appositamente per gli spazi delle Tese delle Vergini, occupandone l’intera superficie, e propone una visione dello stato attuale dell’umanità e delle sue prospettive future. L’opera mira a fondere insieme una pluralità di linguaggi, come da sempre accade nella ricerca di Tosatti, dai riferimenti letterari alle arti visive, dal teatro alla musica e alla performance. Un articolato iter narrativo esperienziale conduce il visitatore in un percorso sensibile, a tratti familiare e in parte spiazzante, con l’obiettivo di offrire una consapevolezza nuova e generare riflessioni concrete sul possibile destino della civiltà umana, in bilico tra i sogni e gli errori del passato e le promesse di un futuro in parte ancora incerto.

Storia della Notte e Destino delle Comete racconta il difficile equilibrio tra uomo e natura, tra sviluppo sostenibile e territorio, tra etica e profitto, proponendo una lettura estetica di questo scenario, che si dipana attraverso un prologo e due atti: la Storia della Notte e il Destino delle Comete. L’Italia, con la sua particolare vicenda storica di giovane nazione reduce da due guerre Mondiali, protagonista di una straordinaria crescita economica, offre lo scenario ideale per la costruzione di questa mostra.

Lo spazio della prima Tesa costituisce un viaggio nel Bel Paese e coincide con la Storia della Notte, ovvero il racconto simbolico dell’ascesa e del declino del sogno industriale italiano. Una sequenza di spazi industriali originariamente adibiti a produzioni diverse custodiscono silenziosamente macchine ormai antiche e in disuso, oggetti abbandonati e solitari; inoltre, non si percepisce alcun indizio della presenza umana che un tempo li rendeva utili e funzionanti. Sono scenari spiazzanti che preparano la visione finale, in cui l’immaginario si ribalta in una vera e propria epifania.

Proseguendo si giunge alla visione finale, il Destino delle Comete, che ricorda come la natura oltraggiata, fin dai tempi del diluvio, non perdoni l’uomo. L’ultimo spazio si apre su un mare notturno e agitato che sbatte contro le sue pareti. Una fila di lampioni stradali semi-sommersi suggerisce che di fronte a noi dev’esserci stato un piazzale e una strada fino a poco prima, su cui ora non scorre che acqua scura. Sulla superficie minacciosa di questo mare oscuro e imperscrutabile, si leva inaspettatamente un elemento simbolo di pace e speranza: uno sciame di centinaia di lucciole che vola su un mondo in cui la Natura ha ripreso il suo dominio, riportando l’equilibrio attraverso bellezza e armonia.
Teresa Lanna

Abbiamo intervistato Gian Maria Tosatti, ponendogli alcune domande sul Padiglione Italia, ma anche sul suo percorso professionale.

[Teresa Lanna]: Lei è protagonista unico del Padiglione Italia della Biennale di Venezia; quali emozioni ha provato nell’apprendere la sua nomina?

Gian Maria Tosatti – ph. Maddalena Tartaro

[Gian Maria Tosatti]: È stato un grande onore. Oltretutto, era la prima volta che capitava ad un solo artista. Ho cercato, quindi, di fare del mio meglio e credo di esserci riuscito, a giudicare dalle belle eco che abbiamo ricevuto dalla stampa internazionale.

Storia della Notte e Destino delle Comete: come nasce il suo progetto e che storia intende narrare?

In fondo, quest’opera è uno specchio del nostro presente. Eugenio Viola mi ha chiesto di fare un progetto che fosse significativo per questo momento storico, e io ho costruito un grande macchinario in cui potersi specchiare e confessare. Al suo interno c’è molto della nostra storia recente; ci sono prospettive di futuro, a volte frustrate, altre scintillanti.

Qual è il percorso che lo spettatore deve compiere per fruire appieno della Storia e non distorcerne il senso?

Non si distorce mai il senso di uno specchio. Uno specchio non ha senso. Ha una verità da riflettere. Una verità che è diversa per ognuno di quelli che vi si pongono di fronte. Distorcere il senso di un’opera-specchio significa, in fondo, distorcere sé stessi. Anche questo, a volte, si fa. Ma allora non è già più una responsabilità né dello specchio, né di chi lo ha costruito.

Lei è anche direttore artistico della Quadriennale di Roma del 2025; ci dà qualche informazione sul programma?

Abbiamo presentato la prima parte del programma il 7 marzo scorso, illustrato criticamente il lavoro di 60 artisti, fatto uscire una magnifica rivista di alto livello critico, creato due borse di ricerca per due giovani studiosi d’arte italiana e messo a bando una residenza curatoriale di un anno, oltre alle nuove attività di routine con le università e le relazioni internazionali da portare avanti con musei europei interessati a promuovere l’arte italiana.

Lei è l’unico artista italiano della programmazione delle mostre personali dell’Hangar Bicocca, dove esporrà nel 2023. Come mai gli artisti italiani sono spesso in minoranza, dal suo punto di vista, e come si potrebbe favorire una maggiore visibilità?

I problemi sono molti: un vuoto critico che non aveva mai raggiunto questi livelli neanche sotto le dittature, una de-responsabilizzazione del settore editoriale sulla scrittura della storia dell’arte presente, un ritardo evidente del mondo accademico nel produrre fonti sull’arte del XXI secolo, una non ottimizzata organizzazione delle varie componenti del sistema istituzionale che, talvolta, finisce per procedere in modo disorganico. In questo quadro ci sono, però, due elementi positivi. Il primo è che questa generazione di artisti italiani è tra le migliori che abbiamo avuto dal dopoguerra in poi. Mi pare già un’ottima base per non disperare. Il secondo elemento positivo è che, negli ultimi mesi, mi pare ci sia una decisa volontà, da parte del Ministero della Cultura, di risolvere problemi atavici per rimettere in assetto il sistema. Speriamo che, tra qualche anno, la domanda che lei mi ha posto non abbia più senso farla.

Se dovesse ‘collocare’ la sua opera di Venezia in una particolare stagione dello spirito (per citare il titolo di una sua celebre installazione del Madre di qualche anno fa, che ho visitato) in quale di essa potrebbe essere inquadrata?

In quel progetto feci le due opere dedicate all’Inferno, 2_Estate e 3_Lucifero. A ben vedere, sono installazioni che somigliano molto ai due ‘movimenti’ di questo progetto realizzato per Biennale. Estate era un’altra infinita rete di uffici vuoti; Lucifero era il buio. Anche qui, come allora, si attraversa la deriva e la notte. Ma poi si torna “a riveder le stelle”. Anche quelle opere negative aprivano ad un percorso verso la salvezza che spero saremo presto pronti ad intraprendere.

Lei ha avuto importanti riconoscimenti anche a livello internazionale; in quale nazione o città del mondo si è sentito particolarmente a casa?

In tutte. Il punto è proprio questo. Apparteniamo al mondo. I nazionalismi, le frontiere e tutte le altre differenze ancora più assurde, come il colore della pelle, sono solo il pretesto per far sfogare la frustrazione di uomini che sono estranei a sé stessi e alla loro umanità. Io sono fratello di tutti. Come diceva Pasolini. Fratello dei cani. E mi sento a casa su ogni strada.

Nei titoli che sceglie di dare alle sue opere sembra esserci spesso la compresenza del buio e della luce; ci sono dei riferimenti ad artisti, scrittori o tematiche di fondo per lei imprescindibili nella creazione?

La luce è lo strumento che dà forma all’indistinto del buio. Quella sì che è necessaria. E lo è sempre stata in pittura, fin dai tempi dell’antichità. La luce è il pennello di Dio. Noi, nel nostro piccolo proviamo ad imitare.

Lei è nato a Roma; com’è, ora, il rapporto con la sua città, rispetto a qualche anno fa, e com’è cambiata?

Ho lasciato Roma nel 2008. E prima ancora l’avevo lasciata dal 2000 al 2005. In realtà ci ho vissuto solo quando ero studente, prima dell’università e poi per tre anni in mezzo al primo decennio di questo secolo. Ma Roma è una città che non esiste più. Ne è rimasto il carapace architettonico. Credo abbia cominciato a sparire negli anni ’60 del secolo scorso. Io ne ho visto gli ultimi brandelli di carne. Ma è già molto tempo fa. Oggi, la capitale è un grande ufficio che somiglia sfacciatamente all’Italia di oggi, un paese che mi ricorda un romanzo di Hermann Broch, che si intitola Gli incolpevoli.

Tutte le immagini: Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC – MiC

Eugenio Viola (Curatore) e Gian Maria Tosatti