di Paola Milicia.
Questo articolo è parte della rassegna “Science Art Visions“
a cura di Ennio Bianco.
Andy Lomas sanziona un vero e proprio breakthrough tra arte, scienza e tecnologia. Le sue installazioni computazionali, visivamente affascinanti e dal carattere ipnotico, traggono ispirazione da forme cellulari e processi morfogenetici, in una visione estetica digitale unica che fonde un insieme di sapere e linguaggi, a metà strada tra biologia, calcolo e moderno design.
Tra i suoi recenti progetti: Syncrony (2024) nato dalla collaborazione con i gruppi di ricerca del professor Shankar Srinivas e quello del professor Paul Riley dell’Università di Oxford, e ripensato su un precedente lavoro, Cellular Forms (2014). La scelta del termine Syncrony rimanda alla sincronizzazione e alla coesistenza armonica delle forze che influenzano la crescita (growth) delle cellule: l’opera si ispira allo studio dei movimenti ritmici e dei comportamenti collettivi cellulari negli embrioni in via di sviluppo, un processo affascinante che rivela i meccanismi fondamentali della vita.
Sincrony si presenta come un’installazione audiovisiva che consente di ascoltare i dati sonificati generati dalle interazioni dinamiche di un organismo pluricellulare, e che alla vista può ricordare i coralli, pianeti incandescenti, spugne marine, o addirittura strutture architettoniche e di design, ovvero in una parola, prodotti man-made.
Utilizzando algoritmi complessi, strumenti di programmazione, tecniche di modellazione procedurale, e software di rendering avanzato, Lomas innesca simulazioni tridimensionali basate su equazioni matematiche e principi della fisica, capaci di generare miliardi di interazioni possibili di forme e comportamenti cellulari. L’alterabilità alla quale i sistemi organici per così dire semplici sono sottoposti è deliberatamente indotta e ottenuta dall’inserimento di uno o più parametri iniziali che ne condizionano i comportamenti potenzialmente prevedibili, che a loro volta cedono il passo alla progressiva affermazione o emersione (emergence) di nuovi e inaspettati: scambi, torsioni, espansioni, movimenti retrattivi, dipendenze, competizioni e svariate altre forme di interazioni…le cellule esprimono una varietà di possibili scelte, in un libero articolarsi di strutture e geometrie possibili e intrinsecamente imprevedibili.
In Sincrony Lomas utilizza la potenza di calcolo avanzata delle GPU per eseguire un set di simulazioni complesse e in tempo reale che rappresentano processi biologici di intere popolazioni di cellule in evoluzione, quali l’auto-organizzazione, il tasso di divisione, la forza di attrazione e di repulsione tra cellule. L’aspetto twitchy (irrequieto) e mutante delle cellule è evocato dall’osservazione di un sistema vivo e in costante mutamento. Nulla è immobile, concluso o arginato: le cellule si trovano in un moto palesemente perpetuo, in sospensione tra alterazione e vita e si comportano secondo scelte precise nel mezzo di un processo di formazione e di crescita – opportunamente reso col termine di Bildung – e quindi di autocostruzione che sa di qualcosa di prodotto e al contempo che sta producendosi all’infinito. A mano a mano che il sistema evolve, il risultato visivo emerge come un fenomeno autonomo, non completamente sotto il controllo dell’artista, ma fortemente influenzato dalla progettualità originaria. È questo uno degli aspetti più interessanti del lavoro di Lomas: quel sottile equilibrio tra casualità e controllo, quell’interazione complessa tra ordine programmato e imprevedibilità intrinseca che, andando per estremi, ci potrebbe far parlare per ore di connessioni tra ordine e caos, big bang e teorie darwiniane, di limiti tra determinismo e caso là dove la vita simulata delle cellule digitali mette in discussione il significato di vita medesima, sfidando le tradizionali distinzioni tra naturale e artificiale.
Quello che Lomas crea è una collezione di strutture visive complesse che sembrano provenire da ecosistemi naturali e semplici, ma che in realtà sono interamente generate dal calcolo computazionale. E sebbene gli algoritmi siano definiti da regole e codici, il risultato finale spesso include elementi di incognita simili ai processi evolutivi e morfogenetici naturali. Attraverso la combinazione di rigore matematico e intuizione artistica, l’opera ci invita a esplorare la complessità della natura e della vita nascente, e a riflettere sulla nostra stessa relazione con i processi che modellano o generano il mondo vivente, tecnologia compresa.
In un’epoca in cui i confini tra discipline si stanno dissolvendo, il lavoro di Lomas ci ricorda come il rapporto con quanto chiamiamo genericamente tecnologia digitale può cambiare nel tempo, passando da un rapporto in cui la macchina agisce puramente come strumento, a uno in cui può essere ridefinito alla stregua di un co-autore nel processo di esplorazione, scoperta e soprattutto, creazione. La prospettiva di Lomas evidenzia il ruolo della tecnologia non solo come strumento tecnico, ma come mezzo per l’esplorazione artistica e scientifica, spingendo i confini dell’intersezione tra creatività e calcolo.
Le possibilità offerte dalla tecnologa hanno amplificato le capacità espressive di Lomas – artista, ampliando la possibilità di esplorare concetti scientifici complessi attraverso la creazione di esperienze visive, e viceversa. Il risultato è un’opera di arte generativa che è al tempo stesso poetica e scientificamente rilevante: opere d’arte che stimolano l’immaginazione e la riflessione sul mondo naturale e sui suoi processi dinamici, che sollevano anche domande filosofiche sulla natura dell’organizzazione e della complessità della vita e delle forme viventi. Le cellule di Lomas, infatti, riescono a toccare uno stato di naturalezza dimostrativa tale che ogni esecuzione vive di una prospettiva che si apre alla ricerca di una nuova collocazione dell’uomo-artista-scienziato tra natura e scienza, mistero ed empirismo, tecnologia ed etica.
L’intervista
[Paola Milicia]: Parto dal tuo progetto più recente Syncrony (2024) per chiederti cosa lo rende diverso dai precedenti lavori e come è stato lavorare con i gruppi di ricerca del prof. Srinivas e del prof. Riley.
[Andy Lomas]: Lavorare con i biologi dello sviluppo di Oxford è stato un processo davvero interessante che ha comportato molte riflessioni sia sul mio lavoro che su quello da loro condotto. Uno dei punti focali della loro ricerca è il modo in cui i modelli di movimento strutturato si manifestano per la prima volta durante lo sviluppo dell’embrione, con una transizione da contrazioni cellulari casuali e non coordinate a onde di movimento sincronizzate che si verifica quando gli embrioni hanno pochi giorni di vita. Questi movimenti portano direttamente alla formazione di un cuore pulsante. Uno degli aspetti principali che Synchrony sta cercando di esplorare è come possono avvenire le transizioni tra casualità e movimento ritmico strutturato e coordinato. Come ogni cellula può influenzare le sue vicine. Cosa succede alle soglie tra i vari tipi di comportamento.
Un aspetto che più mi ha colpito è insito nei processi che spesso oscillano – filosoficamente parlando – tra ordine e caos, ovvero, tra il rigore matematico e programmatico, e l’imprevedibilità di un big bang virtuale, un moto di vita e crescita inarrestabile per natura. Come descriveresti questa tensione nei tuoi progetti artistici?
Mi viene in mente questa citazione di Stuart Kauffman: “La meravigliosa possibilità, da tenere come ipotesi di lavoro, audace ma fragile, è che su molti fronti la vita si evolva verso un regime in bilico tra ordine e caos”. Sono profondamente affascinato da ciò che accade a queste soglie, le regioni tra la stabilità prevedibile e la casualità caotica in cui può verificarsi una ricca complessità. È un paesaggio pieno di sorprese.
“The process of preparing programs for a digital computer is especially attractive, not only because it can be economically and scientifically rewarding, but also because it can be an aesthetic experience much like composing poetry or music.” Che ne pensi? Vale lo stesso per te quando crei un’opera? Quanta progettazione c’è nel tuo lavoro?
C’è sicuramente un piacere nel cercare di creare un algoritmo in una forma pulita e precisa. All’inizio ho studiato matematica, che pone l’accento sul fatto che una prova non deve essere solo tecnicamente corretta: le prove migliori hanno una bella semplicità che consente una comprensione più profonda. Per me il codice deve essere il più pulito e semplice possibile. C’è qualcosa di armonioso nella ricca complessità che emerge da origini semplici.
Christopher Terry e Cain (2015) nel loro documento di ricerca “The Emerging Issue of Digital Empathy” definiscono l’empatia digitale come le “caratteristiche empatiche tradizionali, come la preoccupazione e la cura per gli altri, espresse attraverso le comunicazioni mediate dal computer”. E mi piace pensare alla tua ricerca come qualcosa che si colloca tra attivismo ed empatia o mediazione sociale: le tue opere parlano dopotutto di società, di microcosmi possibili, interazioni, vicinanze e distanze…
Credo che ci sia qualcosa di profondamente umano nel cercare di capire i sistemi che ci creano, siano essi i sistemi della società o quelli della natura. Credo che si apprezzi anche la fragilità di questi sistemi, con punti di rottura inaspettati tra comportamenti diversi che causano transizioni drammatiche nel comportamento. Ricchi, belli, ma fragili. Con la comprensione, credo che venga anche il dovere di prendersi cura di noi.
Ci sono stati momenti in cui l’output generato dall’algoritmo ti ha sorpreso, portandoti in una direzione artistica inaspettata o non considerata?
Sì, assolutamente. I risultati più interessanti sono spesso proprio quelli più inaspettati che ti portano a esplorare direzioni diverse. Ho avuto un’intera serie (le ‘Mutant Vase Forms’) che erano in parte il risultato di bug nel mio codice, ma anche perché non avevo pensato correttamente alle conseguenze dell’algoritmo che stavo scrivendo (in cui stavo essenzialmente cambiando il tasso di sviluppo in diverse parti di una struttura mentre cresceva). I risultati sono stati sufficientemente interessanti da formare una nuova serie a sé stante.
Anche se ho scritto il codice, non significa che posso prevedere i risultati. Una cosa importante per me è il processo di cercare di capire cosa c’è dietro l’inaspettato. Questo tipo di introspezione spesso porta a una comprensione più profonda.
Matematica e Intelligenza artificiale: i notevoli risultati dell’intelligenza artificiale sono spesso percepiti come magici, ma la vera magia avviene sotto la superficie, dove il linguaggio dell’IA è scritto nell’elegante e precisa scrittura della matematica. Dobbiamo riconoscere che la matematica è il linguaggio che consente all’AI di operare in modo efficiente ed efficace. In un tuo video intervento di qualche tempo fa affermavi di “aver imparato a smettere di preoccuparmi e ad amare l’intelligenza artificiale”. Cosa ti preoccupava esattamente dell’AI? Ci sono stati episodi in cui un nodo complesso del tuo lavoro è stato affrontato, risolto con l’ausilio di strumenti di AI?
Nel mio lavoro non utilizzo l’intelligenza artificiale generativa, ma mi avvalgo di una serie di tecniche di apprendimento automatico e di algoritmi evolutivi che mi aiutano a esplorare i paesaggi delle possibilità. In sostanza, l’apprendimento automatico fornisce un mezzo per prevedere il comportamento che potrebbe avere una nuova combinazione di parametri.
Considero l’apprendimento automatico come un fattore abilitante, che mi permette di esplorare sistemi più ricchi e indisciplinati che non sarei in grado di fare altrimenti. In particolare, quando cerco i punti di svolta, i punti dello spazio dei parametri in cui si verificano le transizioni tra diversi comportamenti, l’apprendimento automatico può fornire strumenti ricchi per aiutare l’esplorazione.
Riferimenti e contatti
Andy Lomas official webpage
Copyright
Tutte le immagini e i video © Andy Lomas
Questo articolo è parte della rassegna “Science Art Visions“
a cura di Ennio Bianco