Taci, anzi parliamo: l’arte pubblica di Cheap

Taci, anzi parliamo: l'arte pubblica di Cheap

“Taci, anzi parliamo”. Dalla riscrittura in chiave plurale di questa citazione di Carla Lonzi parte il nuovo progetto di arte pubblica di Cheap: il collettivo con base a Bologna torna in strada con un’installazione di manifesti che veicolano l’urgenza e la visione dei femminismi intersezionali.

Sui 250 metri quadrati e sulle 50 bacheche del muro dell’autostazione di Viale Masini, uno dei segmenti più trafficati e percorsi della città, si fanno spazio i poster e i paste up inediti di un selezionato numero di artisti visivi, con biografie e percorsi disparati ma ricomposti all’interno di un discorso pubblico che propone il femminismo come soluzione. Fotografia, illustrazione, grafica vettoriale, street poster pasting e fumetto convivono nell’intervento collettivo curato da Cheap, producendo una riapproriazione non solo dello spazio urbano ma anche dell’immaginario pubblico, come da pratica consolidata negli anni. Con la direzione artistica di Cheap, i poster sono stati realizzati da Bruna Alcantara, Camila Rosa, Cartel de Caracas, Coco Guzmán, Diana Ejaita, Giulia Mazza, Mafreshou, Marta Iorio, Muna Mussie e Yele.

Ai manifesti figurativi si alternano poster dal contenuto testuale, grazie al contributo di diverse generazioni di femministe, filosofe, studiose di genere, porno attiviste, architette, scrittrici, curatrici, scienziate, economiste e ricercatrici, che hanno attinto dal bagaglio delle proprie letture essenziali una citazione di un’autrice femminista da riproporre nel contesto dello spazio pubblico. Così risuonano nello spazio pubblico le parole di Angela Davis, bell hooks, Audre Lorde, Leslie Feinberg, Roberta Marrero, Maria Galindo, Ana Esther Ceceña, Nawal El Saadawi, Leslie Kern, Françoise Vergès, …

“L’intersezionalità è un paradigma in continua evoluzione”, spiegano da Cheap. “Da parte nostra c’è l’esigenza curatoriale di strutturare processi che siano realmente intersezionali, sperimentando nuovi strumenti di partecipazione, di presa di parola, di riappropriazione dello spazio così come del discorso pubblico. Insieme a questa urgenza, sentiamo la necessità di trovare soluzioni formali per esprimere la polifonia che ogni conversazione femminista porta con sé: in questo senso, pensiamo che nella realizzazione di un wall ad opera di artist? divers? che lavorano con media diversi risuoni l’idea di un femminismo plurale”.

In passato, i progetti femministi di arte pubblica di Cheap hanno avuto come focus di intervento la lotta al sessismo e alla cultura dello stupro, così come alla violenza di genere; il disvelamento del quadro ermeneutico di stampo coloniale attraverso il quale vengono culturalmente perpetuate assunzioni razziste e xenofobe nei confronti delle donne migranti sia delle donne afrodiscendenti, così come di ogni corpo razzializzato; la denuncia delle nuove forme di precarietà e povertà a cui in maniera sistemica vengono esposte le donne, sul piano professionale e all’interno dei contesti delle famiglie tradizionali; il riconoscimento delle pratiche femministe come motore di avanzamento politico, sociale e culturale delle nostre società. Lo ha fatto scendendo in strada con le Guerrilla Girls, l’artista canadese MissMe, il progetto polifonico La lotta è fica. Cheap è intervenuta su questi temi nel contesto dello spazio pubblico con lo strumento dei linguaggi visivi contemporanei: con la fotografia, il graphic design, il lettering, l’illustrazione e le arti visive, ha costruito in positivo un immaginario di protesta e di rivendicazioni, attuando una riappropriazione non solo all’interno dello spazio pubblico urbano ma anche all’interno del discorso pubblico locale e nazionale.

“Misurandoci col tema della violenza di genere e con le sue ricadute sui corpi razializzati così come sulla comunità LGBTQI+, ci è evidente quale sia la prospettiva politica, culturale e educativa che interseca una risposta reale: è il femminismo, questa è la nostra soluzione” dichiara Cheap. “Nello stratificarsi dei manifesti, nella routine di questa pratica di strada, c’è tutta l’urgenza del femminismo vissuto come azione quotidiana: qualcosa che è qui ed è qui oggi, qualcosa che si può toccare, decisamente qualcosa che si può incollare”.

Proprio il rilancio di questo immaginario in positivo è la missione di Taci, anzi parliamo: attraverso la realizzazione e affissione in strada di 50 poster originali inediti, Cheap produce un intervento di arte pubblica incentrato sull’empowerment femminista, per rivendicare piena cittadinanza, autodeterminazione dei corpi e dei futuri, diritto alla città e un’idea femminista progettuale e politica di spazio urbano.

“Taci, anzi parliamo” è sostenuto da Regione Emilia Romagna, all’interno di un bando che mira a realizzare una serie di azioni per diffondere e sensibilizzare contro la violenza di genere. A questo proposito la chiave di lettura di Cheap è lineare: la soluzione a questi fenomeni sono le pratiche transfemministe, nella loro versione intersezionale, capace di leggere le dinamiche che connettono le violenze e l’esclusione sulla base di genere, razza, classe.

Oltre all’intervento di public art, il progetto prevede una serie di workshop nelle scuole sulla pratica femminista di riappropriazione urbana e una serie di podcast in collaborazione con Neu Radio. Da Aprile a Settembre, Cheap ha programmato anche un public program di talk frequentatissimi: la proposta di incontri è partita dalla storia degli spazi femministi nati contrasto della violenza di genere e l’omolesbotransfobia, è proseguita con le connessione sistemiche tra sessismo e razzismo, ha dato spazio ad un confronto su un’idea di cittadinanza come parità di diritti che parta proprio dai laboratori politici che potenzialmente sono le nostre città, ha messo alla prova architette e filosofe nell’immaginare una città femminista, una città più giusta.

Gli appuntamenti di “Taci, anzi parliamo” si sono alternati alle presentazioni del nuovo libro di Cheap che passerà l’estate e l’inizio dell’autunno in tour per l’Italia. “La natura effimera del nostro lavoro ci ha imposto di documentare i progetti realizzati negli ultimi anni e di curare una pubblicazione che ricomponesse, a partire da un immenso archivio fotografico, le nostre incursioni d’arte pubblica sul paessaggio urbano: siamo abituate all’idea che i nostri progetti arrivino in strada e abbiano le ore contate, questo catalogo ci permette di non perdere il filo della conversazione che da anni intratteniamo con chi abita e attraversa la città.”