Un entusiasmo spento. La moda del “rivisto” ad Arte Fiera Bologna

di Fabiana Maiorano.

Arte Fiera Bologna

Era inevitabile che la profonda crisi dei mercati economici mondiali dovuta alla pandemia colpisse anche il campo dell’arte contemporanea e, inevitabilmente, si riflettesse anche nelle fiere di settore, con galleristi restii a nuove proposte e collezionisti, grandi o piccoli che siano, meno disposti ad investimenti azzardati a favore di acquisti più sicuri, mirati verso quell’arte già inserita nel mercato da tempo, il cui valore è stato già definito e consolidato.

Anche le gallerie presenti a questa quarantacinquesima edizione di Arte Fiera sono state più propense a privilegiare la sicurezza “storica” rispetto ad esperimenti più audaci, mescolandosi alle tante altre fiere d’arte che spuntano come funghi un poco ovunque.
Appena arrivati in fiera, la prima sensazione che si prova è “entusiasmo” perchè entusiasti di tornare a guardare le opere dal vivo, di girare tra gli stand senza mascherina, di parlare con artisti e galleristi, lo siamo stati tutti. L’entusiasmo era nell’aria: tra un pubblico giovane e galleristi più disponibili, spogliati di quell’aura di intellettualità altolocata che rendeva il contemporaneo un qualcosa di elitario e accessibile a pochi.

Arte Fiera Bologna

Questa fiammella di euforia alimentata da alte aspettative si è tuttavia consumata in poche ore, man mano che ci si rendeva conto della presenza di molta pittura che guardava al moderno e al dopoguerra storicizzato, della scarsità fotografica e video rispetto alle scorse edizioni, della quasi assenza dell’arte NFT e delle artiste.

Di volta in volta ad Arte Fiera si sono riportate in auge le tendenze dei decenni passati e per questa edizione la sezione Focus ha proposto l’Arte Cinetica che ogni tanto compare nelle fiere come fosse una novità, ma si è trattato di un triste rispolvero, dato che è da più di dieci anni che questo tipo di arte è ritornata sul mercato. Il perché si sia deciso di puntare i riflettori su qualcosa di già noto ai frequentatori di fiere mi è ignoto; si voleva forse far colpo sui novizi, ma non hanno probabilmente pensato a chi riponeva in Arte Fiera una fiducia maggiore rispetto ad altre manifestazioni. Mancava il nuovo e l’atteso, la ricerca del “fattore wow” tra gli stand si è rivelata inconcludente, riflettendosi in uno stato d’animo generale che da entusiasta è passato ad acquiescente in poco tempo, tra sussurri di
visitatori che si chiedevano annoiati quando finisse il giro e persone che mortificavano l’ambiente con la ricerca dello scatto perfetto che testimoniasse la loro presenza alla fiera d’arte tra le più importante di tutte.

Arte Fiera Bologna

Ripescati dai cassetti del passato, a far da sfondo a questo avvilimento c’erano i nomi degli storici Rotella, Schifano, Pistoletto, De Chirico, Pomodoro, Romiti, Sironi, Burri, Ligabue, Fontana ed altri: artisti di punta di qualsiasi altra manifestazione analoga, che lì confermavano una moda del rivisto, offrendoci comunque qualche meraviglia per il nostro sguardo, il che è una consolazione se si pensa che è la fiera più longeva d’Italia, che negli anni ha fatto di Bologna un punto di riferimento importante per la scena dell’arte nazionale e internazionale grazie soprattutto agli eventi collaterali. Quest’anno, però, qualcosa mancava: i talenti, i rivoluzionari, i pionieri di una nuova corrente artistica, i nuovi nomi del panorama artistico internazionale. Tra i corridoi dei padiglioni, invece, dall’entusiasmo di inizio visita si è passati ad una passeggiata stancante e rassegnata tra arte ferma, in stasi.

Arte Fiera Bologna

Dopo due anni di stop, Arte Fiera ha spento l’euforia, proponendo un panorama artistico contemporaneo piatto, come se dopo anni a ricercare l’originalità e lo shock a tutti i costi, gallerie e curatori si fossero arresi alla pulizia dell’arte dalle esternalizzazioni inutili che sbigottivano (e basta) chi guardava, chiudendosi in una fortezza di ferro costruita da opere storiche inattaccabili. È il lato oscuro della crisi quello improntato verso una chiusura al nuovo, e, di conseguenza, viene naturale rifugiarsi nelle avanguardie dei decenni passati.

Arte Fiera Bologna

Ma perché questa indifferenza al nuovo proprio ad Arte Fiera? Viviamo in un’epoca di fermento artistico agitato da novità stilistiche, tecniche e tecnologiche; abbiamo davvero bisogno di ricercare la qualità nelle sole opere del secolo scorso?
La risposta è no. A mio avviso, Arte Fiera aveva il compito di gettare uno uno sguardo anche al futuro, soprattutto dopo questi anni difficili. Ci si aspettava, soprattutto dalle gallerie pioniere della promozione dell’arte contemporanea da oltre trent’anni, qualche azzardo in più.

Impeccabile l’organizzazione fieristica e il programma di Art City: ancora una volta si è affermato con orgoglio il legame tra quartiere fieristico e città. Le aree ristoro, gli infopoint, lo spazio incontri, erano ben collocati, le illuminazioni perfette e i percorsi larghi con sedute per piccole pause.
Una fiera ben allestita, una sorta di cornice ben curata che contorna però un quadro scialbo che non ci dice niente di nuovo. Sarà per la prossima.

Fabiana Maiorano

Tutte le immagini di Fabiana Maiorano, tranne l’immagine in evidenza: Raphael Danke, Senza titolo, 2020