di Mariateresa Zagone.
Valentina Porcelli attinge sapientemente e criticamente alla grande tradizione storico-artistica dell’Italia e non solo. Le sue ragazze acqua e sapone sembrano quelle della porta accanto, realisticamente descritte e quotidianamente abbigliate, sono ritratti di volti e di corpi reali e possibili che si assomigliano a tal punto da sembrare quasi delle alter ego dell’artista e che assurgono allo status di icona grazie ad una gestualità pausata e solenne e ad una monumentalità con la quale, sole, si stagliano su sfondi monocromi rilucenti d’oro.
Nasce a Foggia nel 1987, si laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti della sua città e, a partire dal 2016, sintetizza conoscenze e linguaggio in uno stile tra il Realismo e l’illustrazione con risvolti di una fissità metafisica.
Le donne, ritratte in posa apparentemente statica, sono il soggetto costante della sua ricerca; donne sospese in un tempo senza tempo, colte in luoghi senza materia fatti solo di luce dai quali ci rivolgono lo sguardo, ci osservano, ci interrogano. Spesso fiori sbocciano tra i loro capelli, uccelli vi creano il nido, timidi rami ne incorniciano i corpi che dialogano quindi con la natura in una simbiosi assoluta, cosicché le prime diventano una sorta di dee madri contemporanee, le grandi creatrici e nutrici del vivente.
L’intervista
[Mariateresa Zagone] Chi è Valentina Porcelli?
[Valentina Porcelli]: E’ una giovane donna che, nonostante le brutture che accadono nel mondo, sa essere ancora una grande sognatrice. Amante della natura e degli animali, dei viaggi e… paladina della giustizia!
Come e quando capisci che vuoi essere una pittrice?
Nel 2016, quando vinsi il Primo premio pittura giovani alla Biennale di Salerno. Da lì in poi, grazie ai tanti riscontri positivi, capii e mi convinsi che il mio lavoro doveva essere la pittura. Anche nei momenti bui, che attraversano tutti gli artisti, non ho mai pensato di abbandonare l’arte.
Il cuore di ogni tuo dipinto è la figura femminile. Chi sono le donne che abitano le tue tele?
Le donne che abitano le mie tele non sono altro che la proiezione di me stessa. Sono donne che conosco, oppure modelle, ma in ognuna di essa vi è un’immedesimazione completa. Scelgo le modelle per quello che mi comunica il loro aspetto, soffermandomi principalmente sul volto. Nella maggior parte dei miei dipinti le protagoniste guardano l’osservatore creando una “connessione di sguardi”.
L’immaginario femminile della donna è ancora troppo spesso legato alla visione maschile di essa e al modo con cui la donna lo ha fatto proprio. Ma la donna di oggi è anche riuscita a rielaborarlo, decostruirlo, smitizzarlo attraverso un lavoro di grande consapevolezza di genere. A me sembra che nei tuoi dipinti ci sia proprio una visione femminile della donna. E’ così?
Sì, è così. Le donne che dipingo sono donne forti, audaci, che sanno essere indipendenti anche nelle avversità. O almeno è quello che cerco di comunicare.
Le protagoniste dei tuoi dipinti si stagliano sempre contro un fondo monocromo che rende eterna la loro transitorietà e, a partire da qualche anno lo sfondo si è tramutato in un fondo oro che ricorda la ieraticità atemporale dell’icona bizantina. Ci parli di questo?
Il riferimento all’arte bizantina e sacra è voluto, in quanto lo splendore dell’oro impreziosisce il soggetto e lo immerge in un’aura mistica. I giochi di luce della foglia oro ricordano quelli dei raggi del sole ed è proprio il richiamo alla natura che voglio imprimere su tela. Oltre al fatto che l’impiego dell’oro è nato sopratutto dall’esigenza di celebrare e divinizzare l’universo femminile.
Ad un certo punto della tua giovane carriera hai lasciato la Puglia per Milano. Come mai e quali sono stati i cambiamenti nel tuo linguaggio, se ce ne sono stati, causati dal nuovo ambiente?
Il trasferimento a Milano alla fine del 2019 è stato davvero significativo da molti punti di vista: mi ha cambiata come persona, mi ha resa più matura e di conseguenza mi ha dato una forte spinta nell’evoluzione della mia pittura con, appunto, l’introduzione della foglia oro e di elementi naturali
Quali sono, secondo te, le prigioni interiori delle donne di oggi?
Una donna riesce a distruggere le prigioni interiori, e diviene libera nel momento in cui le scelte che fa sono così saldamente consapevoli da non destarle dubbio e sensi di colpa.
Quale credi sia il compito di un’artista donna oggi?
Penso che il compito dell’artista debba essere quello di sfondare quel sistema chiuso e maschilista che si è venuto a creare nei secoli.
La nostra situazione contemporanea è nettamente differente da quella delle artiste del passato, ma abbiamo ancora molta strada da fare per abbattere certe mentalità e pregiudizi che vertono attorno al sistema dell’arte… e non solo.
Nella composizione di molti dei tuoi dipinti si avverte un’eco quattrocentesca, penso alla Firenze Medicea, ai ritratti del Pollaiolo, di Botticelli o del Ghirlandaio, a quella eleganza sobria ed austera. Quali sono l’importanza e il peso dell’immensa tradizione italiana figurativa nel tuo lavoro?
Ho amato e ammirato fin da piccola i ritratti quattrocenteschi e rinascimentali italiani. La loro eleganza, le pose, i dettagli sfarzosi degli abiti e la loro comunicazione non verbale hanno avuto un ruolo decisivo nell’influenzare il mio lavoro.
Ero attratta soprattutto dalle figure che guardavano lo spettatore. Quegli sguardi mi comunicavano qualcosa di misterioso, e mi portavano ad ammirarli e a perdermi per tante ore nei musei.
Se dovessi raccontare ad un non vedente il tuo linguaggio come lo racconteresti e attraverso quali opere?
Non mi è mai capitato di spiegare le mie opere a un non vedente. Per la mia pittura, in quanto non materica non potrei mai puntare sul tatto. Opterei per una spiegazione legata ad altre sensazioni come ad esempio suoni, parole, musica, le stoffe, in modo che riescano ad interpretare al meglio la figura mentale che hanno costruito durante la spiegazione.
Con quali artisti italiani o stranieri vorresti collaborare?
Un artista americano che stimo tanto, Brad Kunkle. Avevo già inserito la doratura nei miei dipinti, scoprirlo è stato un colpo di fulmine.
Quali sono i curatori con i quali ti piacerebbe lavorare?
Per ora nessuno in particolare, ma resto aperta a future collaborazioni.
Il sistema dell’arte attuale può essere un’opportunità come anche un cappio troppo stretto o un circolo astruso di cui non se ne comprendono i meccanismi. Cosa cambieresti in esso e quali sono le figure sopravvalutate o sottovalutate fra artisti, critici, curatoti, galleristi, giornalisti di settore e collezionisti?
Una situazione che è ho sempre notato, soprattutto negli ultimi anni, che alcuni artisti vengono sopravvalutati, sostenuti ed esaltati da alcuni curatori e dai media. Il puntare sempre sugli stessi e lasciare tanti altri meritevoli in disparte è una cosa che proprio non riesco a tollerare. Ecco manca, secondo me, la meritocrazia.
E aggiungo che trovo il sistema dell’arte chiuso, elitario e sessista. A mio avviso bisognerebbe ricominciare da zero.
Sei partita dalla Puglia per approdare prima a Milano e poi a Parma. A proposito del “Sistema dell’arte”, che differenze hai trovato in questo settore? E’ anche qui presente un’Italia a due velocità secondo te?
Da quando mi sono trasferita al nord ho apprezzato una maggiore sensibilità nei confronti dell’arte e di chi fa arte. Purtroppo la differenza l’ho notata fin da subito, e mi sconforta non poco. Anche il lavoro dell’artista viene guardato con positività e meno diffidenza rispetto a dove sono nata. Questo ahimè dipende da tanti fattori, primo fra tutti l’educazione all’arte e al bello…
Contatti
Valentina Porcelli official website
Copyright
Tutte le immagini © Valentina Porcelli